Salmo dell'1 ottobre 2025

Appendemmo le nostre cetre
Sal 137 (136),1-3

"1 Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.

2 Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre,

3 perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!»".

Lamento per l'esilio subito e nostalgia della patria lontana: questi due potenti sentimenti ispirano la preghiera del Salmo 137.
Senza più voglia di cantare, il salmista ha un solo desiderio: tornare alla sua terra.
Tutto è affidato al Signore e al suo amore, capace di custodire e liberare il suo popolo. 
Nonostante la sua magnificenza e i suoi monumenti, Babilonia rimane simbolo di una profonda tristezza. Solo la città santa, Gerusalemme, porta gioia al cuore dei deportati.
In terra straniera non c'è libertà di esprimere il proprio dolore. Tutto viene confidato intimamente al Signore che ascolta il dolore dei sofferenti.

"Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion".

Per un popolo che abitava in una regione in parte desertica, i fiumi di Babilonia saranno sembrati un'esagerazione di fecondità e abbondanza. Eppure diventano luoghi di tristezza e pianto per l'esule che vede scorrere via la sua vita lontano dalla patria. 
Solo il ricordo di Sion, la città di Dio, resiste dopo che si è dovuto lasciare tutto, abbandonare ogni cosa e vedere tempio, mura e case distrutte e saccheggiate. 
Non si può che pensare oggi alle popolazioni martoriate, scacciate dalla loro terra con l'esercito alle costole. La tristezza prende coloro che ascoltano la Scrittura e sodalizzano con uomini, donne e bambini deprivati di tutto.

"Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre".

Appendere le cetre al chiodo è un segno eloquente dello stato d'animo del salmista e di chi divide con lui la stessa sorte.
Gli strumenti rituali, quelli che servivano alla lode, sembrano aver perso la loro voce perché manca chi dovrebbe cantare, manca la comunità dei fedeli, manca il luogo in cui si sentiva il Signore vicino.

"Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!»".

Non si può dare spettacolo con il proprio dolore. Gli esuli non hanno la forza di cantare i loro canti a richiesta, come in un festival del folclore. 
"Allegre canzoni" evocano tempi in cui si alzavano inni al Signore nell'assemblea comunitaria, riconoscendone la presenza e la grandezza.
Il Salmo descrive vicende che ricordano gli orrori di Auschwitz perpetrati dai nazisti, quanto si ripeteva la storia dell'Esilio e venivano chiesti canti agli ebrei per coprire l'orrore delle uccisioni nei campi di concentramento. 
Eppure quei canti, quegli strumenti, sono un memoriale e confortano per il futuro. La gioia è possibile, il Signore veglia affinché torni la pace, torni il gusto di stare insieme lodando le opere sue da parte di qualsiasi popolo.
Preghiamo insieme per la pace, preghiamo insieme che nessuna persona su questa terra debba ancora subire deportazione, guerre, ingiustizie, privazione della terra, violenze continue e morte.
Signore ascolta il grido dei sofferenti!

Link di approfondimento alla liturgia del giorno:

Salmo 137 (136)
Commento del 26/06/2020

Vangelo nella versione di Mt 8,18-22
Commento del 01/07/2024

Commenti

  1. Allegre canzoni
    Si
    Quando l'umore è giusto..
    Quando tutto è ok...
    Versare lacrime e cantare è più difficile..eppure anche oggi lo vedo fare...
    Il grido ascoltalo,fa cessare la spietata azione dei malvagi
    Amen

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  2. "Ai salici di quella terra
    appendemmo le nostre cetre".
    La cetra della speranza suona sempre.
    Anche nelle tenebre.
    Anche senza la voce di chi canta.
    La cetra della speranza suona sempre.

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  3. È in Te
    la nostra speranza:
    Tu non sei lontano,
    ascolti
    e porti a compimento
    ogni cosa.
    Benedetto sei Tu
    Signore

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