Prima lettura domenica 27 gennaio 2019




Il popolo tendeva l'orecchio.
Ne 8, 2-4.5-6.8-10

In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere.
Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza.
Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore.
I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura.
Neemìa, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge.
Poi Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza»."

Molto ricca la liturgia della Parola di questa domenica, ma non mi soffermerò sul Vangelo, che spero di commentare in un altro momento, perché il libro di Neemia normalmente non viene letto e quindi approfitto di questo brano che dà spunti interessanti.

Il libro di Neemia fu scritto tra il 445 circa ed il 420 a.C. È uno dei libri storici, così preziosi per noi, perché ci riporta una fetta di storia d'Israele che altrimenti sarebbe andata perduta.
Ciro il Grande vincendo i Babilonesi, con un editto del 538 a.C., aveva liberato i loro deportati, compresi gli ebrei.
Questo aveva permesso ai reduci ebrei, che accettarono di ritornare in patria, di riedificare Gerusalemme.
Neemia era uno studioso della sacra Scrittura, molto ben voluto dal re persiano Artaserse che, grazie all'intervento di Dio, non solo gli concesse il permesso di tornare in Palestina, ma lo riforní di risorse per la ricostruzione del muro di cinta e del Tempio di Salomone.
Il progetto di ricostruzione incoraggiò gli esuli che erano tornati in una città devastata e il popolo tornò a desiderare la parola di Dio.
Se nell'Esodo il Signore aveva guidato e istruito il  popolo proprio grazie alla Parola donata a Mosè, qui la ricostruzione dell'identità dei reduci dall'Esilio avverrà grazie alla riproclamazione della Parola.
La parola crea e ricrea il popolo dell'ascolto.
Le mura furono ricostruite, ma quello che più premeva a  Neemia, era ridare fiducia, docilità alla volontà del Signore, spirito di collaborazione, riconoscimento ad un popolo che ora è di nuovo unito dopo tanti anni di deportazione.

È una celebrazione grandiosa quella descritta in questo brano,  preparata davanti alla Porta delle Acque, costruita lungo il muro di cinta, davanti ad una grande piazza pubblica.
La Parola viene proclamata dallo spuntare del giorno fino alla luce piena del mezzogiorno: simbolico che, grazie all'ascolto, si procede verso la luce.
La lettura del Pentateuco, redatto in forma definitiva durante l'Esilio, è proclamata dal sacerdote Esdra e dai leviti in brani distinti, seguiti dalla spiegazione, affinché arrivi a tutte le orecchie.
Una vera e propria liturgia della Parola!
Per gli astanti non era facile riappropriarsi dell'ebraico, dopo anni lontani dalla Patria e non era facile farsi ribucare l'orecchio da una voce che chiamava alla libertà e non più alla sudditanza.
È un giorno consacrato al Signore, una grande celebrazione solenne che di fronte alle mura che tornano a definire la città Santa, ridefinisce gli abitanti, riunificati in un progetto comune e in un Dio unico.
La Parola annuncia di nuovo :"Ascolta Israele!" E la promessa di una Terra e di una patria rinsalda il cuore di chi non aveva più l'Arca dell'alleanza e la magnificenza dei tempi passati.
Sembrano tornare le parole del salmista:
"Se il Signore non costruisce la casa,
invano vi faticano i costruttori.
Se il Signore non custodisce la città,
invano veglia il custode." Sal 126,1


Una valanga di risonanze invade il cuore di tutti, ma Esdra invita a non piangere: è il giorno della gioia e il cuore che sovrabbonda della consapevolezza di essere amati va aperto a chi non può fare festa.
Al grande banchetto di grasse vivande sono invitati tutti, anche quelli che non hanno preparato nulla.
Una festa gratis che riecheggia nel banchetto annunciato da Gesù, aperto dal re a chi non era invitato alle nozze.
È un giorno di lode perché il lutto è finito:
"...questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza!".


Toccante questo brano poco conosciuto e che ci fa apprezzare di più la nostra liturgia eucaristica proprio organizzata come questa progressione di gioia: ascoltate, lodate, prendete e mangiatene tutti!

Commenti


  1. Ascoltare è vivere! Ascoltare è entrare nel mondo del Dio vivente che parla Parole di vita! Dall'occhio viene fecondato il cuore! LA FEDE NASCE DALL'ASCOLTO!

    Lettera di s. Paolo ai romani capitolo 10:

    1 Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera salgono a Dio per la loro salvezza. 2Infatti rendo loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza. 3Perché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. 4Ora, il termine della Legge è Cristo, perché la giustizia sia data a chiunque crede.
    5Mosè descrive così la giustizia che viene dalla Legge: L’uomo che la mette in pratica, per mezzo di essa vivrà. 6Invece, la giustizia che viene dalla fede parla così: Non dire nel tuo cuore: Chi salirà al cielo? - per farne cioè discendere Cristo -; 7oppure: Chi scenderà nell’abisso? - per fare cioè risalire Cristo dai morti. 8Che cosa dice dunque? Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore, cioè la parola della fede che noi predichiamo. 9Perché se con la tua bocca proclamerai: "Gesù è il Signore!", e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. 10Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. 11Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso. 12Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. 13Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato.
    14Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? 15E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene!
    16Ma non tutti hanno obbedito al Vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto dopo averci ascoltato? 17Dunque, la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo.

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  2. DALL' ORECCHIO VIENE FECONDATO IL CUORE!

    «ASCOLTA, ISRAELE»

    Questo invito è presente più volte nella liturgia della Parola e ci offre la possibilità di riflettere su uno dei fondamenti della nostra esperienza religiosa. Un fondamento sul quale poggia anche l’esperienza religiosa di Israele.
    Il popolo di Israele è innanzitutto «popolo dell’ascolto» e l’ascolto è il punto di partenza della sua esperienza religiosa. E sì! Perché mettendosi in ascolto, il popolo di Israele non fa altro che corrispondere a una richiesta tenera del Signore: «Ascolta, Israele». Una supplica più che un imperativo.
    La storia del popolo ebraico, dei suoi patriarchi e profeti è prima di tutto storia di uomini e donne chiamati ad ascoltare più che a vedere, chiamati ad ascoltare prima ancora che a pregare: «è meglio ascoltare – si legge in 1Sam 15,22 – che il sacrificio».
    L’invito all’ascolto chiesto a Israele è insieme invito a credere, a obbedire e ad agire. Perché quando la Parola è ascoltata, essa diventa una Parola da mettere in pratica e quindi “luce” per il cammino. (Nunzio Galantino)

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  3. La Parola letta,si ferma solo ad un ampliamento delle mie conoscenze; poco efficace nel rimanere scritta nel mio cuore!
    Il passo successivo è quello appunto,dell' Ascolto!
    Innamorarsi di quell' incontro e poi ,non c'è limite,barriera che riesca a contenermi.

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    1. Un impulso indomabile
      abita nel santuario di questo mondo
      e ci spinge a rompere il silenzio delle cose
      e ad esprimere il senso degli esseri
      in parola, gesti, colori e suoni.
      Il mondo lotta per la parola,
      per la rivelazione, per lo spirito
      e annuncia chiaramente
      attraverso le labbra dell' uomo
      un' esperienza eterna.

      Turoldo

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  4. Ascolta israele: questa parola che rimbomba nelle nostre orecchie e che penetra fino alle profondita' del nostro cuore.questo e' il nostro punto di partenza. La parola e' viva illumina la nostra vita .la tua parola è è e' spirito e' vita. Senza la tua parola nulla e' nell'uomo nulla senza colpa. Non restera' pietra su pietra ma la mia parola rimarra' in eterno.senza la parola siamo vuoti dentro. Signore guidaci nell cammino della nostra vita e illuminaci alla luce del vangelo.

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    1. La Parola di Dio
      è fatta per il cuore dell' uomo,
      e questo è fatto
      per la Parola di Dio.

      André Louf

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  5. SILENZIO E ASCOLTO

    Il silenzio e l’ascolto sono due premesse che ci consentono di entrare nella preghiera. Il silenzio aiuta infatti a mettere a tacere la nostra fantasia, il nostro essere, ad azzerare tutto ciò che può
    disturbare. Occorre entrare nella preghiera come poveri, non come abbienti, riconoscendo di
    non essere capaci di pregare. Un silenzio che ascolta, che accoglie, che si lascia animare. L’uomo
    che ha estromesso dai suoi pensieri – secondo i dettami della cultura dominante – il Dio vivo che di sé riempie ogni spazio, non può sopportare il silenzio.
    Ricordiamoci però che questo uomo, incapace di silenzio e di affidamento al Mistero, convive in ciascuno di noi, con proporzioni diverse, insieme all’uomo il cui cuore tende e anela all’Invisibile. Chi vuole incontrare Dio deve lottare per assicurare al cielo della sua anima quel prodigio di «un silenzio nel cielo per circa mezz’ora» di cui parla il
    libro dell’Apocalisse (8,1). Allora acquista la capacità dell’ascolto. L’ascolto è una parola-chiave
    che caratterizza tutta la tradizione del popolo ebraico: «Ascolta, Israele!». Considero tuttavia un brano del vangelo di Luca là dove è descritta la capacità di ascolto da parte di Maria di Betania.
    Inquadro l’episodio nel suo contesto. Gesù è in viaggio verso Gerusalemme e «mentre erano in cammino, entrò in un villaggio. Una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era
    distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma il Signore le rispose:
    “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”» (Luca 10,38-42).
    (Carlo M. Martini, da "Il giardino interiore")

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  6. Se diventiamo buoni ascoltatori saremo buoni evangelizzatori.

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