Vangelo del 22 gennaio 2019


Il sabato è fatto per l'uomo. 
Mc 2, 23-28

La Lettera agli Ebrei, nella prima lettura, parla della promessa fondamentale, quella fatta da Dio ad Abramo, di una grande discendenza a cui noi apparteniamo, colma delle sue benedizioni.
È un giuramento sicuro a cui la nostra speranza può aggrapparsi come un' ancora, che ci salva nelle tempeste della vita e ci fà veramente riposare nel Padre.
Il tema della pace e del riposo è fondamentale nella Bibbia e si realizza nella legge del sabato, in cui il popolo doveva astenersi dal lavoro per dedicarsi alla festa e alla lode.
Nell'organizzazione sociale antica riposarsi era una condizione di privilegio, destinata solo ai signori  e non concessa agli schiavi che non avevano sosta in nessun giorno, tranne in celebrazioni particolari e rare a loro concesse.
La prima richiesta che Mosè dovrà fare al Faraone in Egitto per liberare il popolo è descritta in Es 5,1:
"Dice il Signore, il Dio d'Israele: Lascia partire il mio popolo perché mi celebri una festa nel deserto!"
Una rivoluzione inconcepibile che trova subito il disprezzo e il divieto da parte del Faraone!
Ma anche rivoluzionaria per la mentalità da schiavi degli stessi ebrei che si ritrovano nel deserto senza cognizione di come si viva da liberi per dedicare del tempo alla preghiera e alla comunità.
È una pedagogia che il Signore ha dovuto perseguire per lungo tempo, fino a che gli ebrei hanno intuito che il giorno culmine della creazione è il settimo giorno, in cui Dio si riposa e in cui finalmente anche l'uomo, da figlio libero, può prendere parte alla festa mediante la lode e il ringraziamento.
La creatura, fatta ad immagine di Dio, nel ritmo tra il lavoro e il riposo, dà ordine alla vita e pregusta la festa escatologica che realizzerà lo sposalizio dell'umanità col suo Sposo.
Veniamo al Vangelo di oggi.

"23 Avvenne che di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe.
24  I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». 25 Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? 26 Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell'offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!». 27 E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! 28 Perció il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato».

Marco racconta, in questi capitoli iniziali  come ogni gesto Gesù sia giudicato da parte di coloro che facevano applicare la Legge religiosa.
Essi spiano ogni mossa per trovare motivi di accusa e per togliere autorevolezza al suo insegnamento, intuito come destabilizzante del loro potere.
E il giorno del sabato, il più minuziosamente legiferato dai precetti ebraici perché ritenuto il più sacro, è il giorno in cui i farisei mettono sotto il microscopio ogni azione del nuovo Messia.
La legge già prevedeva che gli affamati potessero cibarsi del cibo trovato nei campi del vicino e non era reato mangiare quello che si trovava lungo la viae; era invece furto accaparrarsi e portare a casa il di più.
Quindi i discepoli fanno un gesto normale per l'epoca, ma non nel giorno di sabato e i farisei giudicano e misurano ogni loro azione per inchiodarli con un reato contro la legge e, quindi, contro Dio.

Gesù risponde spiazzando l'ottusità ebraica con la parola stessa e col riferimento al più grande re e messia in Israele che è Davide.
Egli ricorda che nel primo libro di Samuele al cap. 21,2-7 Davide stesso fece una cosa proibita dalla legge: recatosi al tempio a Nob dal sacerdote Achimelech chiese del cibo e, non essendoci altro che i pani destinati all'offerta dell'altare sacro,  il sacerdote glieli diede; ne mangiò lui e ne diede ai suoi soldati per sfamarli.
Anche se questo gesto costó in seguito la vita del sacerdote, nessun fariseo o scriba avrebbe avuto il coraggio di criticare l'operato di Davide!

Altamente evocativo questo gesto del pane sacro che è dato agli uomini per sostenerli nel cammino!
Gesù stesso, pane del cielo, sarà dato da mangiare come cibo agli uomini, mostrando che è la scelta di Dio quella di diventare cibo che nutre per la vita.
Tutte le azioni di Gesù sono in funzione dell'uomo.
Non è più Dio che va messo al centro dell'esistenza di un uomo servo e sottomesso alle sue leggi, ma è Dio che rinuncia a tutto e si mette all'ultimo posto affinché l'uomo viva.
San Ireneo affermava: "La gloria di Dio è l'uomo vivente!"
E Gesù annunciava: «Il Padre mio opera sempre e anch’io opero». Gv 5,17
Non c'è riposo per il Padre; il sabato è sua opera creatrice perché genera la dimensione di figli e fa uscire l'umanità dalla schiavitù degli idoli e del peccato.

Commenti

  1. Mi colpisce la tua sottolineatura che: il "ritmo tra il lavoro e il riposo, dà ordine alla vita".

    Il ritmo è la vita nel suo alternarsi e armonizzarsi di parola e silenzio, moto e quiete, azione e riposo, luce e tenebra, presenza e attesa. Ognuno deve trovare il suo ritmo. Vivere solo una dimensione (solo lavoro, solo riposo, solo gioco, solo piangere, solo ridere) porta la nostra esistenza ad ammalarsi. La nostra vita ha un metronomo incorporato:
    "Tu sai che la respirazione consiste nell'inspirare e nell'espirare aria. L'organo che a tale scopo serve è il cuore, esso è il principio della vita e del calore. Il cuore attira a se il fiato per diffondere all'esterno il suo calore con l'espirazione e assicurarsi una temperatura ideale. Il principio o più precisamente lo strumento di questo ritmo sono i polmoni. Costruiti dal Creatore con un tenue tessuto, introducono ed estromettono l'aria come un soffietto, così che
    il cuore assorbendo nel respiro l'aria fredda ed emettendola riscaldata, mantiene intatta quella funzione che gli è stata affidata per l'equilibrio del corpo vivente". (Simeone il nuovo teologo)

    La vita ha un ritmo che non va tradito. Notte giorno, fatica riposo, gioco impegno, fermarsi e operarare...così si vive in pienezza, in armonia. Bisogna scoprire il proprio ritmo di vita e assecondarlo. Questo vale per la vita spirituale come per tutto ciò che viviamo nelle nostre giornate ingiustamente frenetiche. Dare e ricevere, amare e lasciarsi amare, servire e lasciarsi servire, per ogni cosa un tempo, come ci ricorda la sapienza di Qoelet!

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  2. Quali dovrebbero essere, allora, le caratteristiche di un «sabato» realmente «fatto per l’uomo»? Una pagina di Pavel Florenskij ci aiuterà a capirlo:

    «Il distacco dalle circostanze usuali e dalle abitudini di vita si accompagna a un vivo senso di eccitazione: il nettare dell’inaspettata libertà. Camminare per le vie di una città sconosciuta, ritrovarsi soli in mezzo alla natura, oppure a una guerra o a una festa, se la si intende come una frazione di tempo consacrato, qualitativamente nuovo: tutti questi eventi agiscono in maniera simile, ovvero spezzando le catene delle minute, infinite preoccupazioni quotidiane, lasciando spazio a quelle linee sfrenate grazie alle quali anche la fiacchezza naturalistica della vita si trasforma in arte. È proprio allora che si manifestano le forze più recondite del nostro essere, abitualmente soffocate dalla meschinità; energie troppo significative per l’uggiosa ferialità o, forse, persino invise a quest’ultima. “Vacanza” deriva da vacuum, ossia vuoto, non ingombro; e molto spesso basta scrollarsi di dosso la zavorra delle solite minutaglie quotidiane per liberare ciò che giace sotto, soffocato: la consapevolezza profetica, il senso di un legame radicato con il mondo, una gioia di vivere prossima all’estasi» (Pavel Florenskij, Sul teatro dei burattini degli Efimov [1924], in Stratificazioni. Scritti sull’arte e la tecnica, cur. N. Misler, trad. V. Parisi, Diabasis, Reggio Emilia 2008, pp. 181-194: cit. pp. 188-189).

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  3. È proprio vero! C'è un bisogno in me e credo in ognuno di noi, che mi spinge a trovare anche soli pochi minuti, al giorno per staccare dal mondo frenetico e ritrovare un po'di quiete per il cuore, che solo la Parola sa dare. Trovare il tempo per stare con buoni (belli) amici rende la vita migliore, perché sappiamo che nella sua contraddizione ci regala momenti pesanti ma anche gioie semplici.

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    1. Si Patrizia, è la quiete che senso al movimento, il silenzio da forza alla parola, il riposo da senso al lavoro, l'attesa da gioia all'incontro. La nostra stessa storia ci insegna questa sapienza. Lo schiavo non conosce queste pause. Non ne ha diritto. Non lasciamoci rubare la libertà

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    2. Molto belle le vostre riflessioni sul riposo. Mi hanno evocato un bellissimo articolo di Enzo Bianchi pubblicato su Avvenire di cui allego il link, composto di sole 4 pagine ma estremamente intense.
      Egli dice che far prevalere l'intimità al frastuono non è facile. Le orecchie e il cuore vanno via via addomesticati per far riemergere un mondo interiore sopito ma non eliminato. Bisogna distinguere, discernere di cosa siamo schiavi ed è possibile solo in questi momenti vacanti, di tempo libero che prendo per me "per riscoprire che la bellezza non è un'idea ma un evento."

      https://www.monasterodibose.it/fondatore/articoli/articoli-su-quotidiani/2892-silenzio-in-vacanza-se-riposare-stanca

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  4. Una perla dalla tradizione rabbinica:

    Le parole: " Il settimo giorno Dio terminò la Sua opera " (Gen. 2, 2) sembrano un enigma. Non è forse scritto: " Egli si riposò il settimo giorno ", e: " In sei giorni il Signore creò il cielo e la terra " (Es. 20, li)? Noi ci saremmo certamente aspettati che la Bibbia dicesse che Dio terminò la Sua opera il sesto giorno. Gli antichi rabbini ne conclusero che ovviamente vi fu un atto di creazione al settimo giorno: il cielo e la terra furono creati in sei giorni, la menuchà fu creata di Sabato. " Dopo i sei giorni della creazione, che cosa mancava ancora nell'universo? La menuchà. Venne il Sabato, venne la menuchà, e l'universo fu completo ".
    Menuchà, che generalmente si traduce con " riposo ", qui ha significato più ampio che astensione dal lavoro e dallo sforzo, libertà dalla fatica, dalla tensione o da attività di qualsiasi tipo. Menuchà non è un concetto negativo ma qualcosa di reale e di intrinsecamente positivo. Questo deve essere stato il punto di vista degli antichi rabbini se credettero che ci volle un atto di creazione particolare perché esistesse la menuchà, senza la quale l'universo non sarebbe stato completo.
    "Che cosa è stato creato il settimo giorno? La tranquillità, la serenità, la pace e il riposo ". ( tratto da: Il Sabato - Il suo significato per l'uomo moderno
    di Abraham Joshua Heschel)

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