Seconda lettura del 15 agosto 2025 - Assunzione di Maria

Un altro segno nel cielo 
Ap 11,19a; 12,1-6a.10ab
 
"Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza.
Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra.
Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito.
Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio.
Allora udii una voce potente nel cielo che diceva:
«Ora si è compiuta
la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza del suo Cristo»".

Le cose che non conosciamo ci spaventano. Questo è stato il triste destino che ha investito, suo malgrado, il libro dell'Apocalisse, il grande sconosciuto nella catechesi cristiana dei nostri tempi.

Eppure non si sta parlando di distruzione e catastrofe quando si annuncia che "Un segno grandioso apparve nel cielo".

Giovanni ci mostra una visione nel linguaggio apocalittico, che dice tanto della realtà presente in cielo e che desideriamo sia fatta anche sulla terra.

Se non comprendiamo queste immagini è perché non siamo come i discepoli di Giovanni che conoscevano bene l'Antico Testamento e comprendevano i segni che l'apostolo indicava per farli entrare nel mistero Pasquale.

Sarebbe il caso di iniziare un vero percorso di conoscenza dell'ultimo libro della Scrittura che corona e porta a compimento le profezie e l'annuncio antico e nuovo, ricapitolandoli in Cristo risorto.


"Allora apparve un altro segno nel cielo".

Quello di Giovanni è il Vangelo dei segni. I miracoli e le opere che Gesù compie, Giovanni preferisce chiamarli segni. Questo dice molto di più di prodigi e meraviglie che stupiscono ma che può fare solo il Signore. Il segno è un sacramento, rimanda ad altro, non finisce il suo significato solo in quel momento in cui è evidente, ma è un dito puntato ad un oltre molto più interessante e potente.

L'Apocalisse poi parla solo per segni, incomprensibili e oscuri per i carcerieri che tenevano Giovanni in catene a Patmos (cfr. Ap 1,9), ma trasparenti e rivelativi per i discepoli che ricevevano i suoi scritti preziosi,

Sono una segnaletica che rivela la qualità del tempo, la forza divina presente nel mondo, le opere del Dio liberatore in azione nella nostra storia per quanto sia complicata, drammatica e contorta.


"Un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra".

Un segno che parla di violenza, di potere oppressivo, di rovina che arriva proprio per mezzo di quel potere maledetto. Nella storia dell'umanità è presente tutto questo, oggi subiamo l'angoscia di potenze economiche che schiacciano e distruggono popoli che gli sono d'intralcio, sterminandoli come se fossero mosche.

La fede riattiva gli occhi che non vogliono vedere, le coscienze che si nascondono dietro la necessità di fare giustizia. I potenti della terra trascinano nella catastrofe e nella distruzione tutto ciò che incontrano nel loro avanzare.

Chi fermerà la potenza che ha sette teste per pensare il male, che si ammanta di diamanti e ricchezza, che ha la coalizione di dieci nazioni che l'appoggiano e forniscono armamenti?

Ci sentiamo impotenti e schiacciati da una terza guerra mondiale che si preannuncia all'orizzonte... "Chi mi libererà?" (Rm 7,24).


"Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito".

La donna cosmica sta per partorire il Messia bambino, il futuro di Dio. Questo travaglio verso il mondo nuovo non è lacerazione, ma opera del Signore che libera e salva.

La creazione tutta, compresi noi, gli animali, le piante, fino alle galassie, è in un continuo travaglio, un'instabilità che non può far rinchiudere in quello che ci circonda una finitidune pacificata. Lo sentiamo che c'è un dramma che scuote le fondamenta della terra, che fa vacillare le nostre certezze, che mette tutto in moto verso una meta che a volte ci sfugge.

"La creazione geme e soffre" (Rm 8,22), è un bene insidiato, minacciato, osteggiato, ma che alla fine vedrà la luce, come il bambino che la donna nel segno partorisce. 

La fede apre sempre alla speranza, alla fiducia nell'opera vittoriosa del Signore. 

Sì, ci libererà il Signore come ha sempre fatto nella storia santa, perché ha sempre abbassato i potenti e innalzato gli umili, come è avvenuto per Maria, l'ultima figlia di Nazareth in Palestina che è stata assunta e accolta tra le braccia del Padre, nostra meta, nostra consolazione, nostra speranza.


Link di approfondimento alla liturgia del giorno:


Prima lettura di Ap 11,19a; 12,1-6a.10ab

Commento del 15/08/2024


Salmo 45 (44),14-16 

Commento del 09/08/2022


Seconda lettura di 1Cor 15,20-27

Commento del 15/08/2022


Vangelo di Lc 1,39-56

Commento del 31/05/2025


Commenti

  1. "La creazione geme e soffre".
    Sono doglie, dice la Scrittura.
    In attesa del parto, speriamo.
    Gemere e soffrire
    non è l' ultima parola.
    Il futuro è vita,
    è nascita nuova.

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  2. "La creazione geme e soffre"
    Risorge con LUI

    RispondiElimina

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