Salmo del 4 marzo 2025

Io sono Dio, il tuo Dio!
Sal 50 (49),7-10

"7 «Ascolta, popolo mio, voglio parlare,
testimonierò contro di te, Israele!
Io sono Dio, il tuo Dio!

8 Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici,
i tuoi olocausti mi stanno sempre davanti.

9 Non prenderò vitelli dalla tua casa
né capri dai tuoi ovili.

10 Sono mie tutte le bestie della foresta,
animali a migliaia sui monti".


Fallimento, delusione, peccato: hanno anche loro un loro canto animato dalla fede. I Salmi 50 e 51 mettono sulle nostre labbra le parole più difficili, quelle che faticano ad esprimersi nell'ora della prova e dello scoraggiamento.
Davanti a tante mancanze facciamo fatica a chiedere perdono e ad accoglierlo, ma la Scrittura ci aiuta anche in questo.
Nel nostro Salmo per far prendere coscienza al popolo del suo peccato si imbandisce un piccolo processo in cui il Signore non fa il giudice ma mostra le sue ragioni da parte lesa.
Mostrando l'assurdità di un comportamento mortale, chiede giustizia, ma non per lui, ma per far tornare il popolo a riconoscerlo come loro Dio.

"Ascolta, popolo mio, voglio parlare,
testimonierò contro di te, Israele!
Io sono Dio, il tuo Dio!"

La testimonianza-contro del Signore svela quello che è stato il tradimento della fiducia, l'aver dimenticato il senso vero del culto.
Infatti da popolo privilegiato in una relazione a tu per tu col Signore, il popolo ebraico si era ridotto a regolamentare regole e minuzie che facevano dimenticare la lode, la gratitudine, la riconoscenza per le opere d'amore.
Era così grave questa ossessione religiosa e cultuale che veniva prima di ogni rapporto personale col Padre e con i fratelli.
Un atto d'accusa si alza dalla bocca del salmista, anzi si potrebbe dire un grido di dolore per tanta lontananza diventata idolatria del religioso.

"Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici,
i tuoi olocausti mi stanno sempre davanti".

L'amarezza di Dio non è per i sacrifici, ma per il cuore dei suoi figli che è sclerotizzato in una prassi vuota e che allontana anzicché avvicinarsi a lui.
È più facile offrire sacrifici che rimettere ogni giorno la propria vita tra le braccia del Salvatore. E' più comodo bruciare un agnello che prendersi cura dei sofferenti e degli oppressi.

"Non prenderò vitelli dalla tua casa
né capri dai tuoi ovili.
Sono mie tutte le bestie della foresta,
animali a migliaia sui monti".

Tanti profeti avevano alzato la voce contro il culto nel tempio, divenuto vuoto e senza significato. Osea aveva scritto:
"Poiché voglio l'amore e non il sacrificio,
la conoscenza di Dio più degli olocausti" (Os 6, 6).

Non sta nel numero di animali immolati, o nella scelta della purezza degli stessi, la qualità del sacrificio.
Tutto ciò che noi possiamo sacrificare ci è stato già donato da Dio, è già suo. Non avrebbe certo bisogno che glielo restituissimo!
Il senso del sacrificio e del culto, è un altro: l'unione sponsale, unica, che si instaura tra Creatore e creatura, la profonda comunione che genera fiducia e affidamento al Signore in un'alleanza eterna.
Il Signore non prende o pretende niente dalla nostra casa o dalle nostre proprietà. Lui che è venuto a salvarci mediante il suo sacrificio, unico e solo a far scaturire la salvezza, ci cerca appassionatamente, vuole parlarci e farsi ascoltare; vuole così portarci alla vita piena e attirarci a lui.
Con passione ci ripete:
"Io sono Dio, il tuo Dio!".

Link di approfondimento alla liturgia del giorno:

Prima lettura di
Commento del 25/05/2021

Salmo 50 (49),1-6
Commento del 02/03/2021

Vangelo di Mc 10,28-31
Commento del 30/05/2023


Commenti


  1. "Ascolta, popolo mio,
    voglio parlare".
    Un Dio che parla,
    un popolo che ascolta.
    Il mio Dio parla, io ascolto.
    È così che bisogna pregare.
    La sua Parola è data
    al nostro cuore,
    alla nostra mente,
    alla nostra vita.
    Il nostro ascolto,
    il nostro grazie,
    a Lui.
    "Ascolta, popolo mio,
    voglio parlare".

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