Prima lettura del 6 giugno 2025

Inviarlo a Cesare 
At 25,13-21

In quei giorni, arrivarono a Cesarèa il re Agrippa e Berenìce e vennero a salutare Festo. E poiché si trattennero parecchi giorni, Festo espose al re le accuse contro Paolo, dicendo:

«C'è un uomo, lasciato qui prigioniero da Felice, contro il quale, durante la mia visita a Gerusalemme, si presentarono i capi dei sacerdoti e gli anziani dei Giudei per chiederne la condanna. Risposi loro che i Romani non usano consegnare una persona, prima che l'accusato sia messo a confronto con i suoi accusatori e possa aver modo di difendersi dall'accusa.

Allora essi vennero qui e io, senza indugi, il giorno seguente sedetti in tribunale e ordinai che vi fosse condotto quell'uomo. Quelli che lo incolpavano gli si misero attorno, ma non portarono alcuna accusa di quei crimini che io immaginavo; avevano con lui alcune questioni relative alla loro religione e a un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo.

Perplesso di fronte a simili controversie, chiesi se volesse andare a Gerusalemme e là essere giudicato di queste cose. Ma Paolo si appellò perché la sua causa fosse riservata al giudizio di Augusto, e così ordinai che fosse tenuto sotto custodia fino a quando potrò inviarlo a Cesare»". 


Luca, alla fine degli Atti dei testimoni del Risorto, si sofferma sulla "passione" di Paolo. In tutta la sua vita l'apostolo ha vissuto per la Parola e nella liturgia di ieri abbiamo visto come, nei momenti cruciali, il Signore stesso gli stia accanto e lo conforti con la sua forza, dandogli "Coraggio!" (At 23,11).

Dopo di lui la Parola continuerà la sua corsa illuminante e feconda. Ma non è un cammino liscio, facile, scontato anche se Gesù non vuole altro che il bene di chi incontra.

Paolo affronta i nodi dell'immagine umana di Dio che vive all'interno di ogni convinzione religiosa. In questo è proprio come Gesù che ha vissuto e subito lo scontro con i capi del sinedrio per sanarlo. 

Trascinato nei tribunali ebraici e romani, l'apostolo coglie ogni occasione "opportuna e non opportuna" (2Tim 4,2)  per parlare di resurrezione al popolo e alle istituzioni. Niente può spegnere in lui il fuoco dell'evangelizzatore.

Festo, governatore romano che lo ha in consegna come prigioniero, espone il caso al re Agrippa. 


"Perplesso di fronte a simili controversie, chiesi se volesse andare a Gerusalemme e là essere giudicato di queste cose". 

Da uomo di stato pagano non capisce il tipo di accuse portate contro Paolo. È interessante sentire dalla sua bocca come descrive i fatti, non condividendo l'astio dei religiosi ebrei e cercando di giudicare con una legge ciò che in Paolo supera ogni norma e ogni regolamento. 

In effetti per le leggi imperiali l'apostolo non ha commesso nessun reato. Festo cataloga le accuse come cavilli religiosi tipici dei credenti di quelle terre.

Gerusalemme gli sembra il luogo giusto per risolvere questo problema, della serie vedetevela tra voi, che abbiamo un impero da governare!


"Ma Paolo si appellò perché la sua causa fosse riservata al giudizio di Augusto, e così ordinai che fosse tenuto sotto custodia fino a quando potrò inviarlo a Cesare»". 

Paolo non ci sta ad andare a Gerusalemme, per essere sottoposto allo stesso processo beffa che ha portato alla morte Gesù. Come cittadino romano ha il diritto di ricorrere all'imperatore, ultimo ed eccellente grado di giudizio. 

L'apostolo delle genti fa questa scelta anche dietro la sollecitazione di Gesù che lo manda come missionario a Roma, perché se è vero che tutte le strade portano alla capitale romana, così tutte le vie da lì si aprono verso il mondo conosciuto.

La sua scelta non è burocrazia, nè scappare dalla morte, ma risposta all'iniziativa del Signore che invia come apripista del Regno i suoi uomini migliori.


Link di approfondimento alla liturgia del giorno:


Prima lettura di At 25,13-21 

Commento del 21/05/2021


Salmo 103 (102),19-20 

Commento del 17/05/2024


Vangelo di Gv 21,1-19 

Commento del 04/05/2025


Commenti

  1. Accusa:
    " un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo".
    Bella questa immagine che ci regala Luca in questo libro.
    La verità è messa in croce!
    Sempre!
    Gli applausi non sono di chi cerca la verità.
    Quest'ultima,mette in luce la menzogna.
    Quante menzogne oggi...soprattutto a scapito dei più inermi,deboli,poveri.....
    Signore fa che la TUA Verità venga sempre proclamata,contro ogni pseudoverità proclamata da un "terreno".
    Amen

    RispondiElimina
  2. "Così ordinai che fosse tenuto sotto custodia".
    È detto di Paolo in prigione.
    Ma neanche lì la Parola
    è incatenata.
    Niente può fermare
    la corsa glirisa della Parola.
    Paolo annuncia
    la Buona Notizia
    e canta le lodi al Signore
    anche dietro le sbarre.
    Alleluia!

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Perché un blog con questo titolo?!

Vangelo del 12 gennaio 2019

Vangelo dei domenica 13 gennaio 2019

Salmo 23 per il mio papà

Prima lettura del 21 agosto 2019