Prima lettura del 27 ottobre 2025

Fate morire le opere del corpo
Rm 8,12-17

"Fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.
Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».
Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria".

Il capitolo 8 della lettera ai Romani è una delle pagine più ricche dell'intero epistolario paolino. È una meravigliosa catechesi sullo Spirito Santo, presenza costante nella nostra vita di discepoli. 
Al centro della nostra pagina è riportata la parola aramaica che Gesù usava per pregare, chiedere e lodare: «Abbà! Padre!». E così scopriamo che è proprio grazie allo Spirito che siamo nella stessa relazione vissuta da Gesù, quella tra Padre e figli. 

"Fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete".

La carne in Paolo evoca il nostro egoismo, quell'egocentrismo che ci impedisce di vedere gli altri come fratelli e sorelle davanti a Dio Padre. 
Le conseguenze dolorose sono tante. Uno dei danni della carne è deturpare il volto di Dio che, da amante, diviene per noi giudice implacabile e di cui diffidare. Recisa la relazione  con lui, il prossimo diviene di conseguenza rivale e potenziale nemico. La carne, cioè la mentalità dell'auto-salvezza, porta alla lacerazione delle relazioni, al dubbio, alla solitudine, in una parola, come ci dice Paolo, "morirete"!.

"Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete".

Lo Spirito ci dà questo "potere": la possibilità, la libertà di mettere da parte il nostro ego per entrare nella condizione nuova della fratellanza e della figliolanza.
Non è un passaggio da poco, ma una vera conversione dello sguardo che passa dall'essere sempre allo specchio a estroflettersi verso un orizzonte largo, accogliente e disposto a guardare oltre il proprio orticello.
Non coltivare le opere del nostro egoismo ansioso di prevalere, è opera divina, via della croce che rimette nelle mani del Padre la propria fragilità per rinascere a vita nuova. A imitazione di Gesù, chi perde la sua vita, la ritrova, nuova, trasfigurata nel bene.
E questo ci apre la via della vita.
Se far "morire le opere del corpo" sembra impossibile a noi, non lo è per lo Spirito. 
Affidiamoci a questa possibilità che non avevamo previsto, cogliamo i doni piantati per noi: la prospettiva è immensa e lo Spirito realizzerà ciò che promette e che tutti desideriamo: "vivrete"!

Link di approfondimento alla liturgia del giorno:

Prima lettura di Rm 8,12-17
Commento del 25/10/2021

Salmo 68 (67),2-3
Commento del 22/05/2023

Vangelo di Lc 13,10-17
Commento del 30/10/2023

Commenti

  1. Fate morire le opere del corpo!
    Si
    Il cuore indurito è l'otre vecchio
    Dopo costante preghiera,invocazione dello Spirito,..in altre parole,allenandosi...al buono
    il mio cuore desidera sempre di più donarsi,amare veramente anche chi NON ha meriti......
    e volare.......!
    Amen

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  2. Morire per vivere.
    È il più grande paradosso
    del Vangelo.
    È una formula della nostra Pasqua dopo la Pasqua di Gesù.
    Fate morire le cose di questo mondo e sarete liberi di vivere.
    È una promessa.
    È una profezia.
    È Buona Notizia.

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  3. Viviamo
    perché siamo invasi dal Tuo Amore di Padre
    Alleluia

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