Vangelo del 5 febbraio 2020



Motivo di scandalo
Mc 6, 1-6

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando".


Annunciare la Parola di Dio oggi non è facile, ma per Gesù era ancora più difficile rivelare il Padre e rivelarsi. L'atteggiamento che lo circondava era segnato dal giudizio continuo.
Lui che non era venuto a giudicare il mondo (cfr. Gv 12, 47), era sempre sotto processo; persino Maria, Giuseppe e gli apostoli lo mettevano continuamente in discussione.

"Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga".
Il sabato è diventato per Gesù un giorno insidioso, da giorno di riposo, diviene giorno di lotta.
"Per la mia integrità tu mi sostieni e mi fai stare alla tua presenza per sempre" (Sal 41, 13).
Il sabato rimane comunque un giorno di lode, il giorno del Signore, perché Gesù anche nella riprovazione glorifica il Padre.

Sembra di sentirle quelle voci di chi guarda un ben noto concittadino che è al centro di notizie colme di stupore:
"Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani?"
Per chi ci conosce è difficile accettare che altri dicano cose meravigliose che a loro erano sfuggite!
Guardare un altro con la pretesa di conoscerlo già alla perfezione, perché "ci conosciamo da quando eravamo bambini", non aiuta ad un discernimento profondo.

"Ed era per loro motivo di scandalo".
Scandalo qui è nel senso più vero: inciampano nell'ordinarietà della conoscenza di quest'uomo e fanno fatica a credere che Dio si manifesti attraverso lui.
Paolo dirà che il Cristo, arrivato alla croce, "è scandalo per i giudei" (cfr. 1Cor 1, 23). E' un destino che lo segna fin dall'inizio della predicazione ed è il suo biglietto da visita fino ad oggi. Inciampare in lui, potremmo dire, è la strada giusta per abbandonare l'idolo che ci eravamo fabbricati e a cui ci eravamo resi schiavi per essere, nella sua risurrezione, sollevati alla dignità di figli.
Gesù, pietra scartata da chi sa come costruire l'edificio solido della legge, è posto da Dio come architrave che sorregge tutta la sua casa di misericordia.

Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua".
Ed ecco la famosa frase che fotografa la triste realtà di cuori chiusi e confusi di fronte a un uomo svalutato dalla pretesa familiarità.
Il profeta è tale perché obbedisce ad una chiamata; la sua persona passa in secondo piano.
Di Isaia, Geremia, Ezechiele, conosciamo la loro parola e qualcosa di loro che ha a che fare con l'annuncio. Ma la moglie di Isaia, i vicini di casa di Geremia, cosa pensavamo di questi grandi profeti?
Gesù non cerca la fama, né l'approvazione; anche di fronte al rifiuto non smette di visitare quelle terre, anzi, inizia proprio dai suoi a seminare il buon seme del vangelo e a inaugurare il Regno.

"E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì".
Constatazione un po' triste: colui che compie le opere di Dio, tra i suo non può fare nulla!
Eppure non si rassegna: fa del bene anche se lo rifiutano e lo deridono. Fare prodigi per chi parte già diffidente e critico a che servirebbe? Guarire i malati è invece un bene incontestabile che chiude la bocca ai sapientoni e li spinge a guardare le cose da un altro punto di vista.

"E si meravigliava della loro incredulità".
Grande Gesù che si meraviglia ancora! Anche noi leggendo queste pagine ci stupiamo! Come facevano i suoi contemporanei ad essere increduli di fronte allo splendore della sua parola che sanava e guariva?! Come non riconoscere che quest'uomo era come loro eppure li trascendeva e li superava in una profondità che si toccava al suo passaggio?
Eppure era così e amaramente ammettiamo che anche oggi è così!
Niente di quello che Cristo ha inaugurato è stato vano o è finito, ma la stessa incredulità si legge oggi sui volti di coloro che, pur se affaticati e oppressi, non tendono la mano per afferrare una salvezza gratis e universale.

La sua presenza salvifica continua ai nostri giorni e, come "percorreva i villaggi d’intorno, insegnando", così l'annuncio scandaloso della croce continua a risuonare in un mondo che vorrebbe dimenticarla illudendosi di una vita che non è costretta a fare i conti con la morte.
La determinazione del nostro Maestro sia la forza che ci fa annunciare nient'altro che "Cristo, e Cristo crocifisso" (1Cor 1, 23) anche davanti a coloro che deridono per scetticismo, nella consapevolezza che questo è il modo che ha scelto il Padre per la salvezza dell'umanità.

Commenti

  1. Gesù si presenta come un uomo normale. La famiglia di Gesù è davvero normale, né ricca né indigente. Non sembra godere di particolare stima da parte dei cittadini di Nazareth: "Non è il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Joses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?" continuano a chiedersi gli ascoltatori nella sinagoga. Insomma, per i nazareni Gesù non ha assolutamente nulla che possa distinguerlo da loro.

    Gli riconoscono certamente una notevole sapienza e una rilevante capacità taumaturgica, ma la vera questione è che essi non possono accettare che egli parli con autorità sulla loro vita e sui loro comportamenti. Ecco perché la meraviglia si trasforma subito in scandalo. "Si scandalizzavano di lui", aggiunge l'evangelista. E quel che sembrava un trionfo divenne un totale fallimento.
    (Vincenzo Paglia)

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  2. Gli abitanti del suo paese credono di conoscere Gesù meglio di chiunque altro. L'hanno visto crescere ed esercitare il suo mestiere. Incontrano ogni giorno sua madre e i membri della sua famiglia di cui conoscono nomi, vita e miracoli. Di fronte a lui si sentono turbati, imbarazzati, irritati. Rifiutano di lasciar mettere in discussione il loro piccolo mondo e la valutazione che si erano fatta sulla sua persona. Si fa fatica a cambiare parere e a ricredersi: è più facile e sbrigativo cancellare una persona dalla nostra vita che l'immagine o il giudizio che ci siamo fatto di lei. Gli abitanti di Nazaret non sanno aprirsi al Gesù reale, perché restano caparbiamente attaccati al ritratto che si erano fatto di lui.
    (Lino Pedron)

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  3. No, troppo umano! Ma se non c’è in lui nulla di “straordinario”, come poterlo accogliere? Con ogni probabilità, Gesù non aveva neppure una parola seducente, non si atteggiava in modo da essere ammirato o venerato. Era troppo umano, e per questo “si scandalizzavano di lui” (eskandalízonto en autô), cioè sentivano proprio in quello che vedevano, in quella sua umanità così quotidiana, un ostacolo a mettere fiducia in lui e nella sua parola. Dunque quel ritorno al villaggio natale è stato un fallimento. Gesù lo comprende e osa proclamarlo ad alta voce: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”. Sì, questo è avvenuto: proprio chi pretendeva di conoscerlo, in quanto concittadino, vicino o parente, giunge a disprezzarlo. Marco aveva già annotato che all’inizio della sua predicazione i suoi familiari erano venuti per prenderlo e portarlo via, dicendo che egli era pazzo, fuori di sé (éxo: cf. Mc 3,21); ma ora è tutta la gente a emettere questo giudizio negativo su di lui: il suo atteggiamento è troppo umano, poco sacrale, poco rituale!
    (Enzo Bianchi)

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  4. Nel segno dell’ascolto si aprono due vie: il sentiero della paura di ciò che si credeva conosciuto, ma si scopre sconosciuto e il sentiero della fiducia nell’imprevisto e nell’insperato; l’uno porta al giudizio e al rifiuto, l’altro sblocca il passo verso l’inaspettato.
    Ed ecco lo stupore del non-compreso e la meraviglia del non-atteso.

    Nel tempo del riposo, nello spazio tra un’esperienza di vita ed un’altra, si presenta l’occasione di stare davanti al non-compreso al non-atteso, proprio lì nelle cose di tutti i giorni, tra le relazioni della quotidianità ed è allora che siamo chiamati a scegliere fra la paura e la fiducia, gustando lo stupore e assimilando la meraviglia.

    Dio continua a guarire, ad avvicinare il palmo delle sue mani al nostro cuore, a porre il segno del suo amore nella nostra mente, dinanzi al nostro stupore incredulo egli si meraviglia e sceglie tenacemente di dare valore a ciò che gli appartiene, di rispettarne i limiti e di avere fiducia nella promessa che ha fatto e ha mantenuto.

    Imperterrito egli ritorna, ci attraversa e, percorrendo le periferie della nostra vita, ancora ci invita a non avere paura di riconoscere, di non dare per scontato, di avere uno sguardo nuovo ogni giorno.

    Mounira Abdelhamid Serra

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  5. Chi è Gesù? È un interrogativo che apre un lungo percorso di ricerca ....per giungere a una risposta. Attenta a una risposta troppo affrettata . Cercare Gesù mettersi alla sua sequela camminare dietro a lui. Scoprire chi è per me, è frutto di un umile e faticosa ascesa verso un punto misterioso in cui è Gesù stesso a rivelarsi al di là delle nostre aspettative .

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  6. Da dove gli vengono queste cose?”. La domanda è più che mai pertinente: nell’agire di Gesù si nasconde un “da dove?” che dovrebbe portare a interrogarsi sulla sua vera identità. Sapienza (sophía) e prodigi (dynámeis), infatti, dovrebbero indurre a pensare che quest’uomo è da Dio; ma la pretesa di conoscere tutto di lui costituisce per i suoi paesani (e per i suoi familiari!) una valida ragione per non riconoscere in lui un inviato di Dio. Troppo ordinario,troppo umano… È lo scandalo dell’incarnazione.

    Ed è la tentazione, che ben conosciamo, di rinchiudere l’altro dentro un orizzonte noto e banale: tentazione di sempre… Non avviene così anche nei nostri rapporti umani? Quanta fatica spesso ad accogliere l’altro nella sua alterità, nel suo “mistero”; e quanta facilità, per contro, a rinchiudere la sua verità dentro una pretesa conoscenza! Fratel Valerio

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  7. Non sempre si è visti come si è veramente!
    Infatti mi capita di avere già un mio modo di pensare, vedere quella persona, NON CORRISPONDENTE A REALTÀ
    Così da altri nei MIEI confronti.

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  8. ...ha vissuto ogni giorno con loro e non riescono a riconoscerlo..
    Signore,tu che abiti da sempre la mia vita e mi accompagni, fa che riconosca la Tua presenza salvifica e ti renda grazie per tutti i doni che mi concedi

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  9. "Niente di quello che Cristo ha inaugurato è stato vano o è finito, ma la stessa incredulità si legge oggi sui volti di coloro che, pur se affaticati e oppressi, non tendono la mano per afferrare una salvezza gratis e universale."
    Una vecchia canzone recita così: " Ipocrisia gettare l'acqua e avere tanta sete..." Gesù si è definito acqua viva, acqua che dona vita, venuto per dissetarci... ma.... desideriamo bere e non beviamo, tentiamo di dissetarci ad altre fonti e la nostra sete aumenta, insieme all' insoddisfazione.... accogli e perdona la mia stoltezza Signore...

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  10. Stare "qui" ha il sapore dell' eternità.... eternità spalanca le tue braccia...

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