Seconda lettura di domenica 23 febbraio 2020

Non sapete che siete tempio di Dio?
1Cor 3,16-23

"Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.
Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani».
Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio".


Paolo, nella sua prima lettera alla comunità di Corinto, arriva a delle affermazioni radicali che scalzano qualsiasi pretesa di "capire" Dio e di imbrigliarlo nella nostra ottica limitata.
Con le sue parole vuole spostare le nostre convinzioni su una volontà salvifica che non è la nostra ma che si è rivelata per raggiungerci dove noi non riuscivamo ad arrivare.

"Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?"
Paolo sotto forma di domanda richiama una verità meravigliosa: il nostro corpo, la nostra vita, quello che noi siamo, tutto questo è il tempio in cui Dio abita.
Non più il cielo o il tempio di pietra ma la nostra esistenza, tutta la nostra storia, è casa di Dio. Spostamento epocale, affermazione che fa del fatto cristiano l'unicità che l'incarnazione ha realizzato.

"Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi".
Con un linguaggio tipico degli antichi profeti Paolo enfatizza la gelosia di Dio per il suo tempio; egli scende in guerra per difenderlo da chi lo vorrebbe distruggere. La santità di Dio ha riempito di santità le nostre vite: questo è un dono del Santo che abita nell'umanità. Ogni uomo diventa prezioso ai suoi occhi.

"Nessuno si illuda".
L'illusione, grande nemica della fede e del sereno realismo dei credenti, va denunciata e smantellata continuamente dal momento che si annida nel cuore dell'uomo. La Parola svela le illusioni, cioè gli idoli mondani che allontanano dal Dio vero.
Al cap. 1 della lettera Paolo aveva esordito col centro della sua predicazione, Cristo crocifisso, a cui era stato convertito, facendogli abbandonare i fini ragionamenti rabbinici e tutta la sapienza farisaica che lo illudevano di sapienza e giudicavano Gesù Cristo come sacrilego.
"Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini" (1Cor 1, 25).

"Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio".
Qui Paolo ricorre ad un modo di ragionare che arriva al paradosso cristiano:
in questo dualismo tra stoltezza di Dio e sapienza del mondo, sottintesa c'è la sapienza della croce!
L'illusione e l'infatuazione per la sapienza di questo mondo si scontra con la stoltezza di Dio.
Andare incontro alla morte per chi si ama è concepibile, ma morire per chi non lo merita e per coloro che rifiutano quell'amore, è considerata stoltezza.
La croce è sacramento dell'Amore perché Gesù Cristo, stolto agli occhi del mondo, è la sapienza del Padre che salva perdendo, donandosi, morendo!
Spesso la cultura e la sapienza umana fanno gonfiare di orgoglio e disprezzare la sapienza misteriosa e divina che non segue le logiche di questo mondo.
Se qualcuno si crede sapiente, inciampi in questa assurdità, dice Paolo, e si arrenda alla stoltezza di Dio che è più potente di ogni teoria e ogni sapere.

"Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia»".
Il versetto citato viene preso dal libro di Giobbe (Gb 5,13).
E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani» (Sal 94,11).
Paolo cita le Scritture affinché sia chiaro che da sempre la sapienza umana si illude di vedere chiaramente eppure arriva a giudicare come inefficace e stolto il modo di agire di Dio!
Se la nostra sapienza non è sintonizzata sulla sua stoltezza, che non ha altre ragioni se non la pazzia dell'amore, si schianterà come ragionamento vuoto!


Tutta la Scrittura annuncia questa differenza nell'orizzonte di senso tra il nostro e quello di Dio.
"Il Signore annulla i disegni delle nazioni,
rende vani i progetti dei popoli.
Ma il disegno del Signore sussiste per sempre,
i progetti del suo cuore per tutte le generazioni" (Sal 33, 10-11).

La sapienza di Dio è debolezza d'amore, è folle abbraccio della nostra umanità malata. Questa follia mostra chi è Dio veramente, colui che ha voluto porre la sua presenza in noi, trasformandoci in tempio suo, in santificati.

Paolo, da grande sapiente umano, è stato rapito dalla debolezza di Dio che ha scoperchiato l'assurdità della sua arrogante pretesa di vedere chiaramente..
Allora torna la domanda iniziale: lo sappiamo che siamo abitati dal Sapiente, che il suo Amore ci è donato per sempre e che lui ha scelto noi per avere una casa, una famiglia, un tempio? No, lo ammettiamo, non lo sappiamo! Troppo spesso questa commovente grazia ci sfugge!
Mai ci convertiremo abbastanza all'ottica di Dio sulla vita e sul mondo! Solo la Parola, ogni giorno, può demolire sapienze campate in aria e condurci su un'altra via che non è la nostra.

Commenti

  1. Facendo leva sull'ambizione dei Corinti di essere sapienti, li esorta a dimostrare una vera sapienza, quella che viene da Dio, ma che agli occhi del mondo si presenta come una stoltezza. La sapienza di Dio è aderire alla croce di Cristo, alla fede e al suo approfondimento. Non si rinuncia dunque alla ragione e all'intelligenza, ma alla pretesa della sapienza di erigersi a principio assoluto e autosufficiente. La stoltezza è accettare l'impotenza dell'uomo a salvarsi con le risorse autonome della propria intelligenza.
    La stoltezza è accettare di essere creature e di essere salvati da qualcun altro al di fuori di noi.
    (Monastero Matris Domini)

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  2. Certo, una comunità che viva davvero dentro le gioie, le sofferenze, le lotte e le speranze delle donne e degli uomini, non potrà non fare i conti con “il mondo, la vita e la morte, il presente e il futuro” (versetto 22), non potrà non partecipare alle tensioni tra “Paolo, Apollo e Cefa”, ma deve ricordare l’affermazione dell’apostolo: “Ma voi appartenete a Cristo e Cristo appartiene a Dio”.

    Come spazio di libertà, la comunità particolare e la chiesa non dovrebbero mai soffocare il fervore, la libertà e l’ampiezza e le tensioni della ricerca, ma oggi, non meno che ai tempi di Paolo, la vocazione della comunità cristiana trova la sua realizzazione nella predicazione e nella testimonianza del messaggio di Gesù, riconosciuto come il Cristo di Dio, e nella sua sequela.
    (Franco Barbero)

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  3. Il Signore non pretende che fingiamo di essere esteriormente imperturbabili in mezzo ai colpi e alle sofferenze della vita, ma vuole che nessuno si illuda, insegnandoci come restare interiormente liberi nel cuore da ogni tipo di difficoltà relazionale che sperimentiamo.per godere di questa libertà bisogna essere molto sinceri con se stessi e gioiosamente aperti al dono di Dio.

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