Seconda lettura di domenica 9 febbraio 2020

Mi presentai a voi nella debolezza
1Cor 2, 1-5

"Io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso.
Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione.

La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio".

Una bella pagina questa di oggi, di un Paolo che si confessa ai suoi fratelli.
E' reduce di una grande delusione che ha bastonato le sue sicurezze di oratore capace di convincere le folle.
Ad Atene la sua oratoria rabbinica e le sue capacità culturali non hanno presa e Paolo deve rimeditare il suo modo di evangelizzare (cfr. At 17, 16-34).
Da lì va a Corinto intorno al 53 d.C.; un anno dopo scrive alla comunità che lì era nata questa lettera, focalizzando l'annuncio sulla croce di Cristo, senza tentare di parlare del mistero centrale della fede attraverso elucubrazioni culturali e letterarie.

"Io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza".
La comunità dei cristiani di Corinto sta attraversando un momento difficile e Paolo scrive per incoraggiarli, tornando col pensiero ai primi ed entusiasmanti incontri con questi fedeli che si radunavano ad ascoltare il suo annuncio.
Lui, uomo di grande cultura poliedrica, non si era presentato con i mezzi del linguaggio colto. Aveva preferito parlare del mistero di Dio nel modo più essenziale e accessibile a tutte le estrazioni sociali che a Corinto, città di mare e di passaggi commerciali, convivevano.

"Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso".
Sembrerebbe che Paolo dia preminenza alla croce, anziché alla resurrezione!
Questa evidenza, leggendo le prime volte i suoi scritti, mi ha stupito...
Egli afferma più volte la centralità della morte come evento salvifico che ha in sé tutta la portata dirompente dell'annuncio. Per l'apostolo è chiaro che noi siamo "riconciliati con lui per mezzo della morte del Figlio suo" (Rom 5, 10).
La croce è già evento salvifico; il passaggio nella morte del Figlio incarnato è segno evidente della grandezza di un amore che è arrivato a tutto pur di guadagnare ogni cuore.
Per questo il messaggio paolino, man mano che i viaggi si susseguono e gli anni passano, abbandona fronzoli e romanticherie, per diventare scarno, essenziale, dirompente: Cristo crocifisso è salvezza!
È questo il centro della nostra fede e anche il mistero più faticoso e scandaloso da accogliere.
Per interiorizzazione il Vangelo, il cammino che Paolo mostra è un lavoro di potatura, di abbandono dei contorti ragionamenti, per arrivare all'essenziale e sconvolgente semplicità dell'Amore che dà la vita senza trattenere niente per sé.

"Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione".

Annunciare il Vangelo è sempre un mistero: è un evento che realizza un incontro tra il cuore umano con le sue resistenze, paure, sensi di colpa e chiusure e l'amore di Dio con la sua grazia spropositata, sovrabbondante e immeritata.
Paolo si presenta come il discepolo afferrato da questo dono gratuito, trepidante perché ha fatto esperienza personale di come questo annuncio tocchi profondamente il cuore e lo faccia sobbalzare sentendosi finalmente capito, curato, amato.
Il tracotante persecutore dei cristiani, l'inquisitore mandato dall'autorità rabbinica ad affermare "la verità" tra sacrileghi che credevano in un Dio morto per salvare gli uomini, ha perso la sicurezza del giudizio per farsi debole tra i deboli, forte solo del messaggio di salvezza che non viene da lui.

La croce è debolezza, fallimento, evidenza di rinuncia a dominare e prevalere. Paolo segue la via del Maestro e rinuncia ad ogni privilegio per servire i fratelli, facendosi ultimo servitore della parola.

"La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza".
La nascita della comunità a Corinto non è stata un'opera semplicemente umana o la conquista della capacità del predicatore, ma frutto della "manifestazione dello Spirito e della sua potenza".
È un punto importante da ricordare ai suoi discepoli; Paolo ha fatto una scelta ben precisa, "perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio".
Tutte le comunità nate dai suoi viaggi non sono semplici aggregazioni fondate su opportunità umane, ma sono l'evidente potenza di Dio che attira a sé tutti i suoi figli.

La disarmante essenzialità di Paolo, che ha aiutato i Corinzi a non attaccarsi all'evangelizzatore come roccia sicura della loro vita, è attuale e importante per la nostra vita. Non è la cultura né l'ideologia più forte e accattivante che salva l'uomo.
Inoltre è evidente che la nostra mentalità occidentale ripudia ogni forma di redenzione nata dalla sofferenza e allontana il problema della morte dalla riflessione culturale e sociale.
Allora l'annuncio di Cristo crocifisso è quanto mai necessario di fronte ai problemi irrisolti di sofferenza, vecchiaia, solitudine e malattia.
Non bastano in fin dei conti le pur elaborate strategie umane, la più fine teologia, la potenza di una Chiesa che si impone a dare pace a chi non trova un approdo sicuro alla sua esistenza; la centralità del mistero della morte salvifica di Cristo è il tesoro che la Chiesa tutti i giorni deve scoprire per sé e annunciare al mondo.

Sarà la potenza dello Spirito a condurre tutta l'umanità ad arrendersi alla salvezza che passa attraverso la debolezza della croce.

Commenti

  1. Quando io sono venuto tra voi - veniva da Atene dopo un
    piccolo fallimento che aveva avuto all’Areòpago - non son venuto
    con discorsi sapienti ma a portare il martirio di Dio, cioè la
    testimonianza di Dio in debolezza, senza cercare con doti particolari
    o con sapienza o con argomentazioni di dimostrare delle dottrine,
    ma semplicemente per mostrare la potenza di Dio che è la croce:
    perché io non so altro in mezzo a voi che Gesù Cristo e questi
    crocifisso. Questa è tutta la sapienza di Paolo.
    (Silvano Fausti)

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  2. Paolo, il grande sapiente, il grande maestro della
    legge, il dottore, l’unica cosa che sa è Gesù Cristo e questi crocifisso.
    Gesù Cristo crocifisso è lo specifico dell’annuncio cristiano. Lc 23, 48 quando parla della croce la chiama la teoria. L’unica teoria cristiana è Cristo in croce. Teoria per noi vuol dire teoria, da cui segue la prassi, in greco vorrebbe dire di per sé spettacolo. Cioè la croce è dove Dio dà spettacolo di sé, dove si fa vedere. È lì che vediamo Dio, si esibisce.
    (Silvano Fausti)

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  3. La croce ci mostra tutto il male.
    È il massimo male la croce. È il giusto, ucciso ingiustamente,
    abbandonato da Dio sul patibolo dello schiavo, che porta su di sé il
    peccato, il male e la maledizione: la lontananza da Dio. È il massimo
    male la croce. È esattamente quel male che noi facciamo senza
    sapere. E sulla croce lo vediamo tutto. Sulla croce c’è tutta la realtà
    negativa dell’umanità.
    E dall’altra parte la croce è il massimo bene. È la rivelazione di
    Dio, cioè un amore che è più grande di ogni male ed è solidale con tutto il male. Ed è la rivelazione di Dio che è amore più grande di
    ogni male, di ogni maledizione, di ogni lontananza, di ogni peccato.
    Quindi la croce è davvero la conoscenza di tutto il male e di tutto il bene.
    (Silvano Fausti)

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  4. "Per interiorizzazione il Vangelo, il cammino che Paolo mostra è un lavoro di potatura, di abbandono dei contorti ragionamenti, per arrivare all'essenziale e sconvolgente semplicità dell'Amore che dà la vita senza trattenere niente per sé.....
    La croce è debolezza, fallimento, evidenza di rinuncia a dominare e prevalere."

    Tutto ciò che non mi serve Pa',
    POTALO!!!
    Riducimi all'essenziale,
    insegnami ad essere semplice,
    come il Tuo linguaggio d'Amore....
    e quando sentirò il peso della paura, della sofferenza, della debolezza e del fallimento, quando rinuncerò per amore,
    a dominare e prevalere,
    non farmi schiacciare dal mio stesso giudizio e dai sensi di colpa, ma ricordami che la Tua Grazia mi basta; poiché è nella debolezza che si manifesta la Tua Forza...
    Allora mi affido ancora a Te e ringrazio perché ti sei manifestato:
    quando mi sentivo una pecora in mezzo ai lupi,
    TU mi hai protetto.
    Ed ora il mio passo si fa più sicuro, poiché "sento" che è
    il Cielo che mi manda.
    Non ho nulla da temere!


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