Prima lettura di Domenica 23 giugno 2019


Offrì pane e vino
Gen 14, 18-20

"In quei giorni, Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole:
«Sia benedetto Abram dal Dio altissimo,
creatore del cielo e della terra,
e benedetto sia il Dio altissimo,
che ti ha messo in mano i tuoi nemici».
E [Abramo] diede a lui la decima di tutto".


Personaggio misterioso e affascinante, Melchìsedek, compare fisicamente per la prima e unica volta qui in tutta la Bibbia.

Come è comparso, sparisce dopo questa liturgia, unica e emozionante, in mezzo al deserto, incontrando il nostro padre nella Fede, Abramo.
La comunità ebraica e cristiana poi hanno riflettuto e pregato a lungo su questa figura.
Basta ricordare il Salmo 110, che, parlando del Messia, dice:
"Il Signore ha giurato e non si pente:
"Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchìsedek" (Sal 110, 4).
Quello di Melchìsedek è visto come un sacerdozio differente da quello di Aronne e della classe sacerdotale di Israele di cui facevano parte i nati nella tribù di Levi.
La tradizione rabbinica ha interpretato con attenzione ogni parola di questo brano. Anzitutto il nome, in ebraico Malkî-tzèdeq, significa "re di giustizia".
È re di un posto che si chiama Salem, nome vicino alla parola shalom, pace, e Gerusalemme è detta, non a caso, la città della pace, dello shalom universale..

"Offrì pane e vino".

Non è facile pensare già all'eucaristia di Gesù e nostra?
Pane e vino erano i doni dell'ospitalità, della propria esistenza che si faceva casa aperta ai pellegrini che si incontravano sul cammino.
Non doni a caso, ma doni necessari per vivere; non frutti spontanei, ma prodotti dal lavoro lungo e tradizionale della famiglia.
Pane e vino sono alimenti, ma anche simboli che portano dentro di sé la vita familiare, la cura che ogni componente ha per l'altro, per il suo benessere, per il sostentamento quotidiano e per la gioia del condividere.
Non a caso sono stati presi da Gesù come memoriale di salvezza: centro della liturgia pasquale, divengono col suo gesto, centro della nuova liturgia di ringraziamento al Padre.

"Era sacerdote del Dio altissimo".
Melchìsedek è definito sacerdote del Dio altissimo creatore del celo e della terra, quindi non rivolto ad un Dio appartenente ad un popolo determinato, ad una nazione sola, ma è sacerdote universale. E' colui che innalza all'Altissimo se stesso con tutta l'umanità.
Un grande teologo, Jean Danièlou, così sintetizza: "Melchisedek è il sommo sacerdote della RELIGIONE COSMICA: egli raccoglie in sé tutto il valore religioso dei sacrifici offerti dalle origini del mondo fino ad Abramo e attesta il gradimento di Dio. Melchisedek è il sacerdote del Dio altissimo.. creatore del cielo e della terra (Gen 14,13). Egli conosce il vero Dio, non sotto il nome di JHWH, come sarà rivelato a Mosè, ma sotto il nome di El, che è quello del Dio creatore, conosciuto attraverso la sua azione nel mondo".
Questa ricca visione la ritroviamo nel nostro Nuovo Testamento applicata a Gesù. Nella lettera agli Ebrei è scritto: "A Melchìsedek, Abramo diede la decima di ogni cosa. Anzitutto il suo nome significa "re di giustizia"; poi è anche re di Salem, cioè "re di pace". Egli, senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di Dio, rimane sacerdote per sempre" (Eb 7,2-3).

È quindi sacerdote unico ed eterno. Proseguendo nella sua riflessione, la lettera deduce che è un sacerdozio differente e superiore a quello che avrà origine dalla discendenza di Abramo. La conclusione applicata a Gesù è meravigliosa:

"Per questo Gesù è diventato garante di un’alleanza migliore.
Inoltre, quelli sono diventati sacerdoti in gran numero, perché la morte impediva loro di durare a lungo. Egli invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore.
Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli. Egli non ha bisogno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso" (Eb 7,22-27).

Forse è necessario soffermarsi su cosa sia il sacerdozio, spesso travisato con il servizio proprio dei presbiteri.
Il sacerdozio cristiano non è una copiatura o una continuazione tradizionale del sacerdozio di Aronne e dei leviti.
E senza entrare nelle diatribe teologiche della preminenza presbiterale sui laici, possiamo affermare certamente, sulla scia del Concilio vaticano II che ha abolito la gerarchia piramidale antica, sostituendola con l'orizzontalità del popolo di Dio, che tutti partecipiamo al sacerdozio di Cristo, avendo diverse funzioni, armonizzate e necessarie l'una per le altre.
Paolo ce ne dà una visione chiara e non competitiva: "Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e tutte le membra non hanno una medesima funzione, così noi, che siamo molti, siamo un solo corpo in Cristo, e, individualmente, siamo membra l'uno dell'altro. Avendo pertanto doni differenti secondo la grazia che ci è stata concessa, se abbiamo dono di profezia, profetizziamo conformemente alla fede; se di ministero, attendiamo al ministero; se d'insegnamento, all'insegnare; se di esortazione, all'esortare; chi dà, dia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le faccia con gioia (Rom 12, 4-8).
L'apostolo sempre spinge a trovare il proprio servizio all'interno della comunità. Non mi sento da laica meno importante e non reputo un presbitero o un vescovo un gradino più in alto nella possibilità di rendere grazie al Signore: il mio ruolo e il mio posto nella Chiesa è un dono unico come quello di tutti gli altri.

C'è da notare che la sacralizzazione dei sacerdoti ordinati non ha fatto un bel servizio, nè a loro nè al popolo di Dio!
Gesù non ha mai creato una casta separata, come lo erano i sacerdoti antico-testamentari, nè ha mai indicato agli apostoli di doversi innalzare con poteri unici sui fratelli da evangelizzare.
Anzi, ha sempre detto che il più grande si dovesse fare l'ultimo e che lavarsi i piedi gli uni con gli altri sarebbe stato il segno di essere fedeli alle sue parole di ultimo fra gli ultimi.
Aver circondato con un'aurea di privilegio esclusivo il sacerdozio ministeriale è stato a mio avviso allontanarsi dal volere di Gesù che riconosceva e valorizzava il ruolo di tutti i discepoli e delle donne che lo seguivano.
Sacerdote è colui che può offrire al Padre l'unico sacrificio per la salvezza dell'umanità, cioè quello di Cristo.
Non dipende quindi dalla santità, dalla separazione, dalla distinzione di persone prescelte e "pure", ma dal sacrificio di Cristo che vale per tutti e per sempre.
La celebrazione eucaristica non è solinga espressione del sacerdozio ordinato, ma corale offerta al Padre dell'intera chiesa e di ogni cristiano.
Il Concilio Vaticano II afferma che tutti i battezzati partecipano all'unico sacerdozio di Cristo mediante il Battesimo.
Tutti siamo sacerdoti, re e profeti in lui! (cfr. C.C.C. 783)
Tutti i presbiteri sono ordinati secondo l'ordine di Melchìsedek e tutti noi, resi sacerdoti in Cristo per mezzo del battesimo, partecipiamo, prolungando, l'unico e necessario sacerdozio, quello di Gesù, Messia e sacerdote eterno.

Commenti

  1. Gerusalemme diviene capitale del regno di Israele, il re Davide è proclamato “sacerdote per sempre alla maniera di Melchisedech” (Sal 110,4): questo riferimento è a un altro sacerdozio, diverso da quello levita, usato nella Lettera agli Ebrei: Cristo è sacerdote non per discendenza carnale, ma “alla maniera di Melchisedech” (Eb 6,20). Ecco la lettura cristologica su Melchisedek.

    La tradizione cristiana definisce Melchisedech una profezia di Cristo, e la sua offerta di pane e vino è interpretata come una previsione dell’Eucaristia. Il “Martirologio Romano” dice di lui: “Re di Salem e sacerdote del Dio altissimo, che salutò Abramo di ritorno dalla vittoria con la sua benedizione, offrendo al Signore un sacrificio santo, una vittima immacolata, e fu visto come prefigurazione di Cristo, re di pace e di giustizia e sacerdote in eterno, senza genealogia”.
    (Domenico Agasso jr)

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  2. Il mondo è un villaggio globale. Ciò che ho visto nelle cosiddette "terre di missione" è quanto, presto o tardi, faremo anche noi. Volenti o nolenti, la mancanza di preti ci costringerà a una Chiesa meno clericale e più di comunione, dove ognuno mette i suoi doni a servizio degli altri. Il cristianesimo diventerà un popolo di fratelli, senza caste. Siamo tutti "sacerdoti, re e profeti".
    (Silvano Fausti)

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  3. "So che nel nostro linguaggio, purtroppo ormai è invalso, e non possiamo ormai modificarlo, i preti vengono chiamati sacerdoti, ma c’è una differenza.
    Sacerdote (gr. ƒereÚj) è il nome di una persona che appartiene a qualunque tipo di religione ed è il mediatore tra Dio e gli uomini.
    Quando la comunità cristiana si è data una organizzazione, non ha creato dei sacerdoti, ma il termine greco è presbitero (presbÚteroj), da cui poi deriva prete perché presbitero significa anziano, non tanto per l’età, ma anziano nel senso di persona saggia, di persona matura, una persona che non era il mediatore tra Dio e gli uomini, ma l’individuo che metteva tutta la sua esistenza a servizio degli altri.
    Quindi occorre distinguere tra prete e sacerdote.
    Ebbene con Gesù anche il sacerdozio non ha più efficacia, non ha più significato. Per sacerdote, a quell’epoca, non si intendeva, come noi possiamo pensare oggi, il prete; il sacerdote era il mediatore tra Dio e gli uomini. Le persone non potevano mica sacrificare direttamente a Dio, avevano bisogno di un mediatore, non potevano rivolgersi direttamente a Dio, avevano bisogno di questa figura del sacerdote.
    Con Gesù tutto questo è finito, perché Gesù dice che, siccome il rapporto con Dio non è di un servo con Dio, ma il rapporto è quello di un figlio con il Padre, il figlio per parlare con il Padre non ha bisogno di un terza persona. Il figlio se vuol dire al Padre che gli vuol bene o ha bisogno di qualcosa non deve mica andare da un servo a dirgli questo. Il figlio, se ha confidenza col Padre, parla direttamente.
    Allora Gesù invita gli uomini ad avere una relazione con Dio, con il Padre, che non ha bisogno di sacerdoti. In un certo senso tutti sono sacerdoti, cioè tutti possono rivolgersi a Dio.
    Quando nel Concilio Vaticano venne riformulato questo dicendo che i cristiani sono il popolo sacerdotale, siccome noi confondiamo sacerdote con prete, abbiamo fatto un po’ di confusione. Infatti quando chiedete alle persone “ma cosa significa che siamo un popolo sacerdotale?”, le risposte sono un po’ vaghe, non si capisce tanto.
    Popolo sacerdotale significa che, come il sacerdote aveva accesso diretto a Dio, così il popolo dei figli di Dio ha accesso diretto al Padre"
    (Alberto Maggi)

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  4. Grazie Signore per questa figliolanza regalato I, di questo rapporto diretto tra noi.
    Che ne faccia tesoro nel corso della mia strada verso la metà per eccellenza, il rapportarmi a TE

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  5. Il misterio re di Salem è stato sempre assunto come figura della grazia di Cristo che, attraverso l offerta del suo corpo e del suo sangue in sacrificio, mostra come Dio è l uomo non possono che essere benedetti dalla stessa Parola e dal medesimo gesto di comunione:" sia Benedetto Abram del Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e Benedetto sia il Dio altissimo che ti ha messo in mano i tuoi nemici". Quando questo reciproco incontro di offerta e accoglienza si compie, non può che sprigionarsi la piu limpida conseguenza dell amore di Dio, che è la capacità di restituire ogni cosa nella libertà e nella gratuità. "E Abram diede a Lui la decima di tutto". Grazie mio Dio!!!!

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