Prima lettura del 29 giugno 2019

Versato in offerta.
2Tm 4, 6-8. 17-18

"Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede.
Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.
Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone.
Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen".


Commuoventi queste parole di Paolo consegnate per mezzo del suo caro discepolo Timoteo di Listra, quando sente ormai vicina la fine della sua esistenza terrena!
Un vero e proprio testamento spirituale delineato in poche parole in cui traspare la lucida consapevolezza che da lì a poco raggiungerà il Padre.
Invidiabile la serenità con cui fa un bilancio del suo cammino e come saluta coloro ai quali consegna i doni che il Signore gli ha fatto.

"Io sto già per essere versato in offerta".
Come legge la sua vita l'apostolo delle genti? Come una lunga liturgia giunta al compimento con il momento dell'offerta sacrificale. Annunciare il vangelo è stato il suo culto reso al Signore nella fede del Risorto.
La sua vita è un calice colmo da tutti i viaggi, le carcerazioni, le persecuzioni, ma anche dalla ricchezza delle comunità fondate, gli amici che ha condotto alla fede, la gioia di vedere il Vangelo portare alla vita coloro che lo ascoltavano.
Ora tutto questo è da versare nel Padre, da rendere al Signore per riposare tra le sue braccia.
Bella la vita che sorge da una sorgente d'amore e si riposa riversandosi nella stessa acqua viva!

"Il mio calice trabocca" (Sal 22, 5). Tanto è l'amore ricevuto che non può essere trattenuto "come la pioggia e la neve" (Is 55, 10) e viene riversato sui fratelli per raggiungere infine la sorgente da cui è sgorgato.

Come si può riassumere in poche parole il senso di una vita intera?
Paolo lo fa così: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede".
Una battaglia, una corsa: due immagini prese dal mondo militare e dal mondo dello sport, di cui si trova traccia nelle sue lettere.
Per la battaglia, un testo fra tanti da richiamare è dalla lettera agli Efesini, dove Paolo descrive l'armamentario, elmo, spada, calzari militari, come immagini dello stile militante del discepolo di Gesù, chiarendo che la nostra battaglia è di natura spirituale (cfr. Ef 6, 11-17).
Si scappa per e da tante cose, si combattono mille battaglie nella vita, ma l'apostolo ci mostra che l'impegno fondamentale è per la "buona battaglia", quella che combattiamo in noi e per gli altri affinché l'amore prevalga.
Il risultato necessario, vero, per un ebreo, era riposare nel seno del padre Abramo: e lui può essere sicuro di arrivarci perché ha conservato la fede. Non ci sono altri risultati o record da battere.


"Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza".
È la testimonianza che Paolo rende ai suoi amici per il Signore che lo ha accompagnato e preceduto per tutta la vita.
Le prove della vita e le tante sofferte vicissitudini legate al suo ministero non gli hanno tolto la fiducia, né la certezza della sua presenza vivificante .
Era partito da fervente fariseo, attivista credente che si batteva per sedare focolai di "eresie" cristiane; conclude la sua vita da cristiano pacificato che si sente nulla, un aborto, portato in vita grazie all'azione di colui che lo ha illuminato da Damasco in poi.
Una bella sintesi di una vita densa di trasporto e di impegno per ciò che lo aveva spinto prima e dopo, ma sempre nella sincerità di ciò che sentiva profondamente.


E per il futuro? Paolo non ha dubbi: "Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno".
Gesù, ai discepoli che gli chiedevano come pregare e cosa chiedere, aveva insegnato le sette richieste del Padre nostro che ancora Paolo non si stanca di ripetere fino alla fine: "liberaci dal male!" (Mt 6, 13)
È l'invocazione continua della vita, la consapevolezza che possiamo fare tanto, mettere a frutto i talenti, spenderci per i fratelli, ma solo il suo aiuto può continuamente esorcizzare il male che ci portiamo dentro.
La liberazione da ogni male include la distruzione dal male ultimo, impossibile da vincere se non col Figlio che dalla morte ci è passato per resuscitare a vita nuova: "L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte" (1Cor 15, 26).
Paolo è sempre stato certo che: "Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore" (Rm 14, 8).
Questa certezza gli ha dato forza quando tutti si sarebbero fermati o scoraggiati. Nessuna piccola morte lo aveva fermato, la morte infine non gli avrebbe tolto la Vita.


L'apostolo apre il suo cuore a chi ama e rivela che non si è mai illuso di essere lui la fonte della salvezza: "A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen".
La vita di Paolo è per la gloria di Dio: in quella gloria vuole riposarsi e di quella gloria vuole farsi riempire per sempre.

Commenti

  1. «ho combattuto la buona battaglia» attiene maggiormente al mondo sportivo che a quello militare. Paolo aveva già raccomandato a Timoteo di combattere la buona battaglia con fede e buona coscienza (cfr. 1Tm 1,18-19), ora attesta che lui stesso ha resistito nella fatica, senza cedere. Il termine greco agon, tradotto con «battaglia», esprime lo sforzo, la lotta per non farsi squalificare. È un serio e faticoso impegno. La lingua italiana utilizza il termine sportivo «agonismo» «agonistico» per indicare il grande impegno e spirito combattivo di cui danno prova atleti e squadre nello svolgimento della gara. Dalla stessa radice greca viene anche la parola «agonia» per indicare la fase che precede immediatamente la morte, vissuta come una lotta per la sopravvivenza o contro la morte.
    La nuova immagine «ho terminato la mia corsa» continua e completa la precedente: se prima non ci sono stati cedimenti o abbandoni, ora si dice che il traguardo è stato raggiunto. Paolo pensa alla morte come al raggiungimento di una meta a lungo desiderata.
    Limmagine successiva rimanda ad un patrimonio custodito e valorizzato: «ho conservato la fede». La fede è il legame amoroso con Cristo, il riconoscimento deI primato di Dio e della sua grazia; questo bene, ricevuto in dono, è stato conservato con fedeltà e amore.
    Con il v. 8 Paolo guarda al di là della morte e delinea una stupenda prospettiva di vita che esprime con «corona di giustizia». La corona era il segno dei vincitori, degli uomini che si distinguevano per particolari meriti. Qui è la «corona di giustizia» cioè quella che può dare solo il Signore, chiamato appunto «giusto giudice». Ad eliminare una certa pretesa meritocratica sta il fatto che tale corona è donata dal Signore e non è unappropriazione. A delegittimare una certa pretesa elitaria sta il fatto che tutti possono essere dei vittoriosi, a condizione che attendano «con amore la sua manifestazione». Sono i cristiani che aspettano la venuta («manifestazione», come già in 1,10 e 4,1) del loro Signore, vivendo nellimpegno operoso e nella fedeltà amorosa.
    (Mauro Orsatti)

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  2. “Ho conservato la fede”! È molto preziosa questa testimonianza di Paolo. Infatti, nell’infuriare delle battaglie all’ "esterno" o nel tumulto del cuore, ciò che ci sostiene è la fede! Quando viene meno la fede,  viene meno l’amore, la speranza, l’identità e la vocazione cristiana e quella specifica del proprio stato di vita. Senza la fede è davvero difficile – impossibile ! – dare senso pieno e compiuto all’esistenza…
    (www.divesmisericirdia.it)

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  3. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.

    Ora lo sguardo si volge al futuro, al podio e al premio che riceverà per essere stato un valente guerriero/sportivo: la corona di rami di alloro o di sempreverde intrecciati. La corona per l'ambiente greco-ellenistico era simbolo di onore, gioia, immortalità e trionfo. La specificazione corona di giustizia aggiunge a questo simbolo un valore teologico, non tanto un merito dell'atleta, ma la giustizia di Dio che lo ha reso giusto. E' una corona che attende tutti coloro che si sono impegnati senza riserve per collaborare al suo progetto di salvezza. I cristiani sono qui definiti come coloro che vivono nell'attesa della gloriosa manifestazione del Signore. Sono innamorati di Lui e restano in continua attea del suo apparire come Signore della storia.
    (Monastero Matris Domini)

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  4. Grazie Signore per avere a modello uno come Paolo
    Non è semplice imitare
    Il percorso è unico
    Ma il modello è reale
    Sprona a perseverare tenendo a memoria quanto fatto e vissuto alla Sua scuola
    La perseveranza non mi deve mancare, alimentando i ogni giorno di questa Parola e sgrana do gli occhi come un bambino

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  5. Paolo è veramente un grande esempio di discepolo innamorato di Gesù! Un uomo fiducioso e pieno di speranza. Condivido il pensiero di S.Paolo e cioè quello di guardare alla morte come al raggiungimento di una meta tanto attesa e disiderata, io a questo raggiungimento di vita piena ci credo tanto! Credo che tutti quanti abbiamo la speranza di indossare finalmente una corona di giustizia aldilà della morte, credo che il Signore sia il solo e l'unico che mi salva ogni giorno da tutte le morti, credo che la mia vita e quella degli altri e nelle sue mani sicure , credo che solo in Dio la mia anima riposa.

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