Salmo del 7 aprile 2020

La tua salvezza io non so misurare
Dal Sal 71 (70)

"In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso.
Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami.

Sii tu la mia roccia,
una dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio.

Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno.

La mia bocca racconterà la tua giustizia,
ogni giorno la tua salvezza,
che io non so misurare.
Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito
e oggi ancora proclamo le tue meraviglie".


La liturgia ci propone alcuni versetti del salmo 71.

È un canto di lode che ci viene suggerito in questi momenti di profonda tristezza, quando proprio la lode al Signore sembra non venirci alla labbra perché assistiamo impotenti alla sofferenza e alla morte di tanti fratelli.
In momenti difficili per il mondo intero, la vicinanza soccorritrice del Signore è quella di cui abbiamo bisogno: coloro che hanno avuto l'esperienza dell'incontro con il Dio vivente e che ci hanno preceduto, come i cantori dei salmi, sono i nostri risvegliatori di speranza.

"In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso".

L'esperienza fatta e lo sguardo sicuro nella speranza: in un solo versetto è riassunto tutto il cammino che il cuore del salmista ha percorso.
La memoria conforta; l'essere già usciti da tenebre fitte e da momenti di sconforto profondo, fa ben sperare in una luce in fondo al tunnel, in un sole che tornerà a brillare sui nostri volti.

"Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami".

La prigionia del presente spinge l'orante all'invocazione, aggrappandosi ad una certezza: il Signore è giusto!

La giustizia del Signore non sopporta che uno dei suoi figli sia nella sofferenza.
Il Signore è giusto perché ascolta chi grida nel dolore, chi alza la sua invocazione non avendo altra via di scampo. Gli rimane solo la solidità della vicinanza del Signore.


"Sii tu la mia roccia,

una dimora sempre accessibile".
Bella questa immagine del Signore: egli è una casa sempre accessibile, senza porte o chiavi, senza guardiani che ne sbarrano l'accesso.
Gesù nel Vangelo di Giovanni dice: "Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo (Gv 10,9).

Un rifugio sempre accessibile, sia che vi entriamo, sia che vi usciamo: nessuna religione ha un Dio così disponibile ad accogliere sempre!

"Hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!"

Essere coscienti che il Signore vuole la nostra salvezza è la cosa più liberante della nostra fede. La nostra storia porta i segni di questo: davvero il Signore è per noi, nostro rifugio e forza.
"Torre fortificata è il nome del Signore:
il giusto vi si rifugia ed è al sicuro" (Pr 18,10).


"Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio".

Ritorna l'invocazione al Dio liberatore dal male e da ogni malvagio che è di ostacolo, un impedimento a camminare nel bene. Qualcosa di più forte di me mi tiene saldamente in mani che mi soffocano, ma il Signore è il più forte.

"Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza".

La fede è una forza in crescita nella vita e chi prega ritrova le tracce della vicinanza di Dio fin dalla sua giovinezza.
Ripercorrendo la propria storia questo accompagnamento è un filo conduttore, tenace seppur fragile, che alcune volte ci è sembrato si spezzasse. Eppure riguardando indietro, lo troviamo come un'ancora in tutte le tempeste che abbiamo attraversato. Continuare a credere è riporre la speranza in Dio non ha mai deluso.

"Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno".

Questa fiducia precede persino il proprio essere al mondo; ancor prima di nascere una volontà più grande ha deciso la nostra vita.
Un altro salmo dice:
"Sei tu che hai formato i miei reni
e mi hai tessuto nel grembo di mia madre" (Sal 139,13).

È una fiducia antica quella che traspare dalla preghiera, non è frutto di un affidamento frettoloso nato dalla paura.

"La mia bocca racconterà la tua giustizia,
ogni giorno la tua salvezza,
che io non so misurare".

Ecco fiorire la lode sulle labbra guidate da un cuore fiducioso.

Lo stupore avvolge questa lode per l'amore smisurato, inenarrabile!
Ricordo i miei bambini, quando sapevano parlare appena; se gli domandavo: "quanto mi vuoi bene? e quanto ti vuole bene mamma?", rispondevano felici allargando le braccia a più non posso.
Se adesso mi fermo e dico: quanto mi ama il Signore? Per quanto allarghi le braccia non posso misurare quanto amore ho scoperto, quella volontà che mi ha voluto e che mi attrae a sé!

"Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito
e oggi ancora proclamo le tue meraviglie".

La lode non si improvvisa, si impara durante il cammino della vita, educati e sostenuti dalla presenza amorevole del Signore.
I giorni che stiamo vivendo, così lunghi, di fermo, di isolamento, richiedono una riflessione necessaria non solo sull'oggi, ma su tutta la nostra esistenza.
Meditando sul nostro passato, come fa il salmista, ritroviamo le tracce di un cammino condiviso col Signore. Egli, come con i discepoli di Emmaus, ci cammina accanto e ci rivela che la storia passata non è altro che esegesi della sua volontà di bene.

Il nostro orizzonte, quello dell'umanità e dell'universo, non è l'eclissi nella morte e nel terrore.
Cristo risorto è il fine e la meta di tutto il creato.
La vita, illuminata e interpretata dalla Parola di Dio, canta le meraviglie del suo amore!

Commenti

  1. È la preghiera di un anziano che «fin da giovane» nel Signore ha posto la sua speranza (v. 5). Il suo lamento, tutto intriso di fiducia e di serenità, pone in parallelo un passato proteso verso Dio rifugio, castello sicuro, salvezza, asilo, roccia (vv. 3-7) e un presente amarissimo, intessuto di umiliazioni, di ostilità, di un affievolirsi delle forze. Eppure esso non si risolverà in un disperato sprofondare nei gironi infernali dello sheol e della morte. Infatti questo anziano attende ancora un futuro di liberazione sperato nonostante l'esiguità degli anni che ancora restano. Ed è particolarmente commovente in questa attesa il ricordo tenero e nostalgico dell'infanzia, anzi l'evocazione della nascita stessa in cui Dio stesso toglieva dal grembo materno la sua creatura, e, come una madre, se la poneva tra le ginocchia per tenerla in piedi (v. 6). Una vita posta tutta sotto il sigillo della fedeltà, dalle radici fino ai tormenti della vecchiaia ma anche fino all'ultimo canto accompagnato dall'arpa e dalla cetra (vv. 22-23). Le labbra stilleranno canti di gioia a Dio perche, come dice un antico inno tibetano, il corpo del vecchio è «un prezioso scrigno di canti di fede».
    (Gianfranco Ravasi)

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  2. ",ora lascia o Signore, che il tuo servo vada in pace se info la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza" LC 2,29

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  3. Padre celeste, che ci hai plasmato per te, sostieni amorevolmente i passi vacillanti della vecchiaia, perché muovano sicuri verso le incontro gioioso con te, nella giornata senza tramonto della tua eterna dimora

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  4. Nel buio della vita, solo tu Signore sei vera Luce, così come nella solitudine di questi giorni, solo tu sei compagno di Vita.

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  5. Grazie Signore
    TU desideri ardentemente, solo il mio bene.

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