Salmo del 27 aprile 2020
Aprimi gli occhi
Sal 119 (118),9-19
"9 Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Osservando la tua parola.
10 Con tutto il mio cuore ti cerco:
non lasciarmi deviare dai tuoi comandi.
11 Ripongo nel cuore la tua promessa
per non peccare contro di te.
12 Benedetto sei tu, Signore:
insegnami i tuoi decreti.
13 Con le mie labbra ho raccontato
tutti i giudizi della tua bocca.
14 Nella via dei tuoi insegnamenti è la mia gioia,
più che in tutte le ricchezze.
15 Voglio meditare i tuoi precetti,
considerare le tue vie.
16 Nei tuoi decreti è la mia delizia,
non dimenticherò la tua parola.
17 Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita,
osserverò la tua parola.
18 Aprimi gli occhi perché io consideri
le meraviglie della tua legge.
19 Forestiero sono qui sulla terra:
non nascondermi i tuoi comandi".
Abbiamo meditato già i primi 8 versetti del salmo più lungo del salterio il 7 marzo.
È un testo sapienziale che esalta da tante angolature la Parola di Dio e la docilità al suo insegnamento.
I versetti che leggiamo oggi sono l'insegnamento di un maestro ad un giovane discepolo, che inizia il suo percorso di ascolto.
"Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Osservando la tua parola".
Domanda fondamentale e risposta semplice e diretta. Chi può aiutare un giovane credente a camminare sicuro e sereno sulla via di Dio? L'ascolto e l'esperienza della Parola diventano passi di vita puri, cioè lontano da ogni idolatria, forti di fronte alle seduzione di questo mondo.
La Parola del Signore ascoltata assiduamente e con perseveranza custodisce il nostro cuore, illumina i nostri occhi, apre la nostra mente ad accogliere il mistero di Dio e della sua volontà.
"Con tutto il mio cuore ti cerco:
non lasciarmi deviare dai tuoi comandi".
All'affermazione del maestro segue la supplica del discepolo che desidera prendere decisioni che lo portino al vero Pastore. Il discernimento è prendere una direzione e abbandonarne un'altra. Cercare il Signore è farsi docile alle sue indicazioni nel cammino, prendere le strade che la Parola ci indica, anche se non erano quelle che avevamo previsto.
"Ripongo nel cuore la tua promessa
per non peccare contro di te".
Che bella questa espressione! Riporre nel cuore è custodire gelosamente, così come faceva Maria (cfr. Lc 2, 19) per non dimenticare la certezza che il Signore porta la salvezza anche nei momenti in cui la fatica e la croce da vivere sono incomprensibili.
Custodire la promessa del Signore sostiene nella lotta contro il male che sembra avere la meglio. La memoria continuamente rinnovata dell'amore di Dio per noi dona la speranza di ritrovare la luce.
"Benedetto sei tu, Signore:
insegnami i tuoi decreti".
È il Signore stesso il vero maestro, solo lui, per mezzo dello Spirito che non ci abbandona mai, può veramente aprire il nostro cuore alla comprensione della sua Parola, come è successo ai discepoli di Emmaus in cammino con Gesù (Lc 25, 35-48).
"Con le mie labbra ho raccontato
tutti i giudizi della tua bocca".
Dalla bocca del Signore all'orecchio del discepolo, per poi ritornare al Signore attraverso la bocca del discepolo.
E' il percorso della Parola che, come la pioggia, ci raggiunge, ci disseta e fa un percorso tutto suo in efficacia e guarigione prima di ritornare al Signore con le nostre labbra che si aprono alla lode (cfr. Is 55, 10-11).
Narrare i giudizi del Signore è evangelizzare amore. Il suo giudicare non ci spaventa perché con esso ci risana, mette a nudo la povertà e la miseria mentre la sta sanando.
"Nella via dei tuoi insegnamenti è la mia gioia,
più che in tutte le ricchezze".
È il discernimento della fede che mostra la vera ricchezza. Mentre tanti giovani hanno come prospettiva futura quella di far carriera, arricchirsi e farsi una posizione, il sapiente ha la sua gioia nella Parola di Dio già nell'oggi.
E' il tesoro nascosto in un campo per cui si vende tutto pur di averlo (cfr. Mt 13, 44).
"Voglio meditare i tuoi precetti,
considerare le tue vie.
Nei tuoi decreti è la mia delizia,
non dimenticherò la tua parola".
È il lavoro del cuore, che accoglie e macina Parola di Dio per farne il suo nutrimento di vita. Meditare, considerare (riflettere), conservarne la memoria: ecco come si accoglie la Parola perché cresca in noi come un seme che porta frutti di gioia e pace.
"Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita,
osserverò la tua parola".
Conservare la vita è frutto della benevolenza e misericordia del Signore. Rimanendo in vita il credente potrà così vivere della Parola.
Il salmo precedente afferma con altre parole:
"Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore" (cfr. Sal 118, 17).
"Forestiero sono qui sulla terra:
non nascondermi i tuoi comandi".
L'identikit del credente ha queste due note essenziali: forestiero in questo mondo e guidato dalla promessa del Signore.
Noi siamo figli di Abramo perché da lui impariamo ad avere una fede in cammino, consapevoli di essere sempre stranieri nella terra che percorriamo ascoltando l’invisibile.
La nostra destinazione finale non è questa, ma la vita che non muore con Dio e con i fratelli.
Solo chi si considera di passaggio in questo mondo ha il cuore libero per accogliere la Parola del Signore e seguire da figlio (cfr. 1Pt 1, 17).
Concludo col v. 18:
"Aprimi gli occhi perché io consideri
le meraviglie della tua legge".
Ogni volta che apriamo la Bibbia una premessa ci deve accompagnare: noi siamo ciechi, di fronte alla realtà, nel formulare i nostri giudizi, nel scegliere vie di bene.
Siamo impediti da una cecità che ci fa vedere sempre il male negli altri e crediamo di giudicarli rettamente.
Siamo ciechi quando pensiamo di avere un giudizio retto e onnicomprensivo della realtà che ci circonda, con la pretesa che gli altri camminino sulle nostre vie.
Siamo ciechi quando orchestriamo vie per salvarci da soli e poi sbattiamo contro impedimenti, come quelli che viviamo tragicamente in questi giorni, che ci trascinano nello sconforto.
Noi non ci vediamo bene: questo è il giudizio su di noi che può salvarci da cantonate e errori che portano a mali maggiori!
Chiediamo al Signore che guarisca la nostra cecità per aprirci ad una visione nuova e divina della vita.
Ci doni i suoi occhi e ci faccia scoprire nella sua legge la strada da seguire per arrivare a riposarci con lui nella gioia.
Link di approfondimento alla liturgia del giorno:
Salmo 119 (118, 1-8
Commento del 07/03/2020
"pieno compimento della legge è l amore" dice Paolo nella lettera ai Romani e ancora una risonanza biblica: "il mio giogo è dolce e il mio carico leggero" lo troviamo in Matteo
RispondiEliminaMa è proprio così difficile imparare a vivere? Sì, lo è: il mestiere di vivere è il più difficile da imparare. Per moltissime persone, anche nella nostra società detta opulenta, è difficile vivere, per difficoltà anzitutto di ordine materiale e sociale: disoccupazione, precariato, elevato costo della vita, varie forme di emarginazione e così via. Ma anche là dove queste difficoltà sono superate e la vita è in qualche modo garantita, si pone proprio allora l'esigenza di «imparare a vivere», si pongono cioè le domande elementari, ma fondamentali: vivere come? Secondo quali principi? Percorrendo quali vie? Perseguendo quali scopi? Ecco: la «sapienza della vita» di cui parlano i «Salmi sapienziali» come il 119 è quella che affronta questi interrogativi, che nessuno che voglia dare alla propria vita forma e contenuto può pensare di poter ignorare.
RispondiElimina(Paolo Ricca)
Il Salmo comincia con una beatitudine, proprio come il Salmo 1 con il quale si apre il Salterio: «Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi [.. .] ma si compiace della legge del Signore ela sua legge medita giorno e notte». Nel Salmo 119 c'è addirittura una doppia beatitudine: «Beati quelli che camminano nella legge del SIGNORE. Beati quelli che osservano i suoi insegnamenti» (vv. 1-2). Questa è in effetti la prima caratteristica di questo «alfabeto della preghiera», com'è stato chiamato: la gioia, la felicità, la beatitudine, non futura ma attuale, non celeste ma terrena. Da dove viene questa gioia? Qual è la fonte di questa felicità? Il Salmista lo sa bene: «Beati quelli che camminano nella legge del Signore». È interessante l'espressione «nella» legge, e non semplicemente «secondo» la legge. Qui si vede che per il Salmista la legge non è solo un insieme di norme secondo le quali vivere, ma è, se così si può dire, uno spazio vitale, un habitat nel quale muoversi. «Camminare» vuol dire vivere; «nella legge» vuol dire nell'ambito, nel quadro, nello spazio della legge, che non è solo una stella polare che guida il cammino umano, e neppure solo «una lampada» (v. 105) che illumina la via della vita, no, la legge di Dio, la Toràh, è qualcosa di più, è una dimora, una casa, un luogo nel quale abitare - non dunque una Parola che resta fuori, e neppure una Parola che entra dentro, ma noi entriamo nella Parola, lei diventa la nostra abitazione, e noi «camminiamo in essa».
RispondiElimina(Paolo Ricca)
Fagocitarla....si
RispondiEliminaQuesto è funzionale alla mia testardaggine!