Salmo del 27 gennaio 2022

Una dimora per il Potente di Giacobbe
Sal 132 (131), 1-5

"1 Canto delle salite.

Ricòrdati, Signore, di Davide,
di tutte le sue fatiche,

2 quando giurò al Signore,
al Potente di Giacobbe fece voto:

3 «Non entrerò nella tenda in cui abito,
non mi stenderò sul letto del mio riposo,

4 non concederò sonno ai miei occhi
né riposo alle mie palpebre,

5 finché non avrò trovato un luogo per il Signore,
una dimora per il Potente di Giacobbe»".

Nella storia di Davide, re e profeta, il Signore ha tutto il posto che gli spetta. Davide vive un rapporto speciale con lui, in continua relazione, animato dal vivo desiderio di rendergli onore. E' consapevole che tutto proviene dalla sua misericordia, che le sue vittorie sono opera del suo braccio santo, eppure, non si arrende al fatto che un re è sempre figlio.

"Non concederò sonno ai miei occhi
né riposo alle mie palpebre".
Il re non sembra darsi pace, e giorno e notte vuole compiacere il suo Dio. È una battaglia intima, struggente di chi si sente pieno di ogni grazia e vorrebbe ripagare con doni meravigliosi il suo amato. Tratta Dio da suo pari e, come farebbe con qualsiasi altro re, le studia tutte per trovare il regalo più prezioso da fargli.

"Finché non avrò trovato un luogo per il Signore,
una dimora per il Potente di Giacobbe".

Egli parte da una costatazione:
"Io abito in una casa di cedro, mentre l’arca dell’alleanza del Signore sta sotto i teli di una tenda" (2 Sam 17, 1).
Si arrovella per trovare il modo di dare una casa degna al Signore; desiderio nobile ed ingenuo allo stesso tempo.
Quando diventa pretesa si trasforma in una malattia che colpisce anche noi e che si potrebbe riassumere con le parole di un altro Salmo:
"Che cosa renderò al Signore
per tutti i benefici che mi ha fatto?" (Sal 116, 129).

La risposta naturalmente è: nulla!

Davide ha perso la memoria: il Signore lo ha scelto come suo consacrato, gli ha costruito un regno, gli ha promesso una discendenza, gli ha donato la città di Gerusalemme, ogni prosperità e ricchezza.
Il primo passo è sempre il suo; la cura e l'attenzione per il suo unto è di una tale maestosità che Davide se ne rende conto quando compone poemi ricchi di riconoscenza e canta la gloria che si manifesta nella sua vita.
Non è lui a dover trovare una dimora a Dio. Il luogo il Signore se l'è già scelto; tramite il profeta Natan gli risponderà:
"Va’ e di’ al mio servo Davide: Così dice il Signore: «Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io infatti non ho abitato in una casa da quando ho fatto salire Israele dall’Egitto fino ad oggi; sono andato vagando sotto una tenda, in un padiglione»" (2 Sam 7, 5-6).
"Il Potente di Giacobbe", dai patriarchi in poi, è disceso ed è l'Emmanuele con loro, il Dio vicino, colui che abita in mezzo al popolo: prima rivelazione di incarnazione, presenza continua e attenta ad ogni necessità di bene.
Il Signore non pretende nessun dono in cambio e impedirà a Davide di costruirgli un tempio perché rimanga sempre un figlio e sia segno, per tutta la sua discendenza, che si può essere il re più famoso della terra, ma ciò che quieta il cuore è riconoscersi destinatario di benedizioni gratis e immeritate, accudito e amato senza nessun limite.


Link di approfondimento alla liturgia del giorno:

Prima lettura di 2Sam 7, 18-19.24-29
Commento del 30/01/2020

Vangelo nella versione di Lc 8, 16-18
Commento del 23/09/2019

Commenti

  1. "Non concederò sonno ai miei occhi
    nè riposo alle mie palpebre, finché..."
    Questo fa il desiderio.
    Questo fa l'amore.
    Non si ferma se non
    nella pienezza,
    nel riposo dell'incontro.
    Realizzare il desiderio profondo, questo tiene sbagli, vigilanti, attenti.
    È la consapevolezza che non si addormenta,
    che corre verso la metà.
    "Non concederò sonno ai miei occhi
    ne riposo alle mie palpebre, finché..."
    Insonnia benedetta è quella motivata dall'amore.
    Insonnia divina quella che spinge a cercare il volto del Signore, notte e giorno.
    Insonnia felice piena di speranza.
    "Non concederò sonno ai miei occhi
    ne riposo alle mie palpebre, finché..."

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  2. "Finché non avrò trovato un luogo per il Signore,
    una dimora per il Potente di Giacobbe".

    Non devo immaginare il DIO della mia testa;questo versetto fa capire che IO voglio creare un ristoro per DIO,agire con la mia testolina,affermando che LUI vuole questo!
    Ma io Che cosa renderò al Signore
    per tutti i benefici che mi ha fatto?
    LUI la dimora l'ha data a me e SOLO rendergli grazie
    LUI è TUTTO;oasi,pace,dimora,riconciliazione,misericordia--------LUI è tanto altro che io non so
    Grazie

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