Prima lettura del 17 febbraio 2023

Facciamoci mattoni
Gn 11, 1-9

"Tutta la terra aveva un’unica lingua e uniche parole. Emigrando dall’oriente, gli uomini capitarono in una pianura nella regione di Sinar e vi si stabilirono.
Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta. Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra».
Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: «Ecco, essi sono un unico popolo e hanno tutti un’unica lingua; questo è l’inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro».
Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra".


Tutta la Bibbia è una grande parabola sulla storia del mondo in cui Dio e l'umanità sono i protagonisti. Alcuni episodi esemplari rileggono le tappe di crescita, spesso tragiche, per mostrare l'evidenza della nostra povertà e limitatezza di fronte alla benevolenza di Dio che non meritiamo.
Il racconto della torre di Babele è una specie di riedizione del peccato originale in termini più ampi. È un'intera folla, un enorme campione di umanità che è sedotta da un'illusione, dal miraggio della propria forza costruita con mezzi fragili.

"Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco»".
Questo racconto nasce secoli dopo l'esperienza della schiavitù egiziana in cui gli ebrei facevano mattoni per il faraone, ma scopre che in effetti abbiamo un'arroganza innata che precede ogni persona.
Volersi mettere in proprio, fare mattoni per costruire una potenza sembra un progetto comune di riscatto e indipendenza, ma in effetti è la propaganda di un potere che sfrutta schiavi e si arricchisce sul sangue degli illusi.

"Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta".

Altro passettino che fa gloriare della propria bravura!
Costruire qualcosa di eterno, di solido e di definitivo è il progetto di ogni dittatura e di ogni ego che dimentica la condizione di figliolanza e vuole essere padre e guida di sé stesso.
Israele ha fatto esperienza e sa che i progetti di auto realizzazione sono come una zizzania che cresce e soffoca l'ascolto, la docilità e la sequela al Dio vero.

"Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo".
Questo è il progetto: toccare il cielo, sottrarsi alla disperazione del lavoro degradante, alzare il proprio viso a mete più alte. Sono tutte cose buone certamente se accolte come dono del Signore, ambigue e distruttive se "rubate" per diventare come lui, per soppiantarlo con mezzi autoprodotti a qualunque costo.
Il progetto, che sembrava così progressista e democratico, viene svelato nella sua idolatria.
Fare una città possente con una torre altissima, la cui cima tocchi il cielo, indica la volontà di espugnare il luogo da sempre considerato la dimora di Dio.
Ma la Sapienza dei Salmi svela che è una meta idolatrica e quindi vana, che si perde in fumo e macerie: "Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori" (Sal 127, 1).

"Facciamoci un nome".
Nella Bibbia "il Nome" per eccellenza indica il Signore. Farsi un nome non è la sana aspirazione per riscattarsi dalla povertà, ma la pericolosa illusione di essere come Dio, trappola nella quale erano caduti Adamo ed Eva sedotti dal serpente, dall'ingannatore.
Il Signore che, cacciandoli dal giardino, li aveva sottratti dal rischio di fare l'errore più grande, cioè rubarsi la vita per sempre (cfr. Gn 3, 22-24), provvederà anche in questo caso ad impedire che il progetto di auto-salvezza vada a buon fine.

"Per non disperderci su tutta la terra".
Sembra di sentire le parole di un dittatore qualsiasi, di cui abbiamo tanti esempi anche in questo secolo, che accentra per comandare, regala un'identità nazionalistica per pensarla tutti nello stesso modo, tutti allineati al suo potere naturalmente!
La dispersione sarà per il bene, romperà i disegni di ogni faraone, porterà alla diversità e alla necessità di integrazione e dialogo.
Il racconto sapienziale della Torre di Babele non è una favola ma la fotografia che ci mette in guardia da ogni fanatismo politico e ideologico, mostrando che i mattoni messi uno sull'altro
possono diventare tombe.
Nella diversità, unita con la malta dell'amore, il Signore indica la liberazione dall'egemonia e la costruzione della fratellanza che porta alla ricchezza più grande dell'umanità.

Link di approfondimento alla liturgia del giorno:

Salmo 33 (32), 10 -22
Commento del 22/10/2020

Vangelo di Mc 8, 34 - 9, 1
Commento del 18/02/2022

Commenti


  1. "Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo»".
    Così nasce la torre di Babele.
    Così cresce l'arroganza.
    Così prospera l'illusione.
    Costruiamoci: tutto sulle mie forze.
    Una città: il mio vanto.
    Una torre: il mio orgoglio.
    Toccare il cielo: un sogno frustrante.
    Non è la via.
    Non è la realtà.
    Così non si arriva a niente.
    "Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo»".
    Salvaci Signore!

    RispondiElimina
  2. "Facciamoci un nome".
    L'ambizione porta a farti un nome..
    Da noi è chi sfonda,va oltre il comune,in altri termini eccelle(un cantante,un calciatore...)
    La logica di Dio è altro,il nome è utile si,ma funzionale al quotidiano è la qualità dell'impegno nel donarti,dare,comunicare,stare assieme
    Questo è un nomignolo,ma è quello che piace a Dio per me;relazionarmi sempre!
    amen

    RispondiElimina

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