Prima lettura di domenica 25 settembre 2022
Della rovina di Giuseppe non si preoccupano
Am 6, 1. 4-7
"Guai agli spensierati di Sion
e a quelli che si considerano sicuri
sulla montagna di Samaria!
Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani
mangiano gli agnelli del gregge
e i vitelli cresciuti nella stalla.
Canterellano al suono dell’arpa,
come Davide improvvisano su strumenti musicali;
bevono il vino in larghe coppe
e si ungono con gli unguenti più raffinati,
ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano.
Perciò ora andranno in esilio in testa ai deportati
e cesserà l’orgia dei dissoluti".
Il sazio non crede al digiuno: proverbio popolare che fotografa esattamente una realtà terribile. Chi è nell'agiatezza non "vede" l'indigenza e il bisogno vitale gli altri.
Il benessere e la ricchezza possono avere effetti "ottusi" sulla nostra mentalità che si focalizza sul proprio egoismo facendone il centro di tutto l'esistente.
Il profeta Amos è il grido amplificato dei poveri e degli oppressi davanti ad un'élite di potenti benestanti. Sono coloro che dovrebbero fare gli interessi di tutto il popolo di Israele, ma, in effetti si godono la vita incuranti di tanta sofferenza, sprofondati in una ceca beatitudine.
Quanto mai attuale, il grido di Amos si alza ai nostri giorni per svegliare politici e potenti, ripiegati in squallidi tornaconti e a togliere a noi l'illusione che essi siano i nostri salvatori!
"Canterellano al suono dell’arpa,
come Davide improvvisano su strumenti musicali".
Amo assiste a continue feste e intrattenimenti da nababbi in questa élite di privilegiati. Si paragonano a Davide che cantava le lodi del Signore, ma è un paragone fuori luogo.
Giocano mentre il popolo è nella sofferenza e sotto minaccia di invasione di una potente nazione straniera. Cantano mentre la nave affonda, sovrastando i lamenti di chi muore.
"Bevono il vino in larghe coppe
e si ungono con gli unguenti più raffinati,
ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano".
Lusso e raffinatezza fanno a pugni con la situazione reale d'Israele, qui identificato in Giuseppe, figlio prediletto del patriarca Giacobbe.
Coloro che dovrebbero governare con lungimiranza sono talmente chiusi nel loro egoismo che il popolo affidatogli non rientra nel loro orizzonte e neanche la difesa dei confini dal dilagare dell'egemonia assira.
"Perciò ora andranno in esilio in testa ai deportati".
Non sentono il dolore dei poveri? Non avvertono la fine imminente della loro nazione che sta per essere schiacciata dall'Assiria? Saranno i primi ad essere deportati, i primi a marciare verso la desolazione della schiavitù a Babilonia.
Primi nel potere, primi nella schiavitù!
Non vedere i segni della rovina alle porte della nazione, sentirsi al di sopra di ogni preoccupazione e minaccia, rende simili a ciechi che camminano verso un baratro.
Più in alto si sta, più rovinosa è la caduta: si sveglieranno come in un incubo, con il crollo delle sicurezze materiali e senza difesa nelle mani dei nemici.
Il grido di Amos è una voce che grida al vento, inascoltata da coloro che, idolatrando benessere e ricchezza, hanno dimenticato il saggio discernimento delle Scritture.
La "rovina di Giuseppe" non è solo colpa di un nemico esterno, ma prima di tutto di chi si è fatto pastore del popolo e ne è diventato lupo, depredando ricchezze e benessere.
Le parole profetiche denunciano una classe dirigente corrotta, e vengono donate affinché i "giorni tristi", di cui parla Qoèlet 12, 1, che certo arriveranno, siano affrontati con la consapevolezza che non sono loro i veri pastori.
Tutto può franare davanti a noi, ogni sicurezza, in soldi e averi, o può venire meno l'illusione che il politico di turno o un potente della terra sia il risolutore di tutti i nostri problemi.
Se l'idolatria fallisce è un bene: dalle rovine si rivela l'inconsistenza delle parole vacue degli imbonitori di felicità, e, nel contempo, la certezza che la nostra vita è solo nelle mani del Signore. Nessun pericolo potrà separarci dal suo amore.
Link di approfondimento alla liturgia del giorno:
Salmo 146 (145)
Commento del 29/09/2019
Seconda lettura di 1Tm 6, 13-16
Commento del 18/09/2021
Vangelo di Lc 16, 19-31
Commento del 21/03/2019 e Commento del 04/03/2021
Link di approfondimento alla liturgia del giorno:
Salmo 146 (145)
Commento del 29/09/2019
Seconda lettura di 1Tm 6, 13-16
Commento del 18/09/2021
Vangelo di Lc 16, 19-31
Commento del 21/03/2019 e Commento del 04/03/2021
"Bevono il vino in larghe coppe
RispondiEliminae si ungono con gli unguenti più raffinati,
ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano".
Il grido del profeta Amos
è per me oggi.
Sveglia il mio cuore e lo chiama
a prendersi cura di chi è ferito.
Il mio cuore rischia di chiudersi
nel proprio star bene.
I poveri non sono invisibili,
io sono cieco.
..MANGIANO GLI AGNELLI DEL GREGGE...
RispondiEliminachi è nella dissolutezza è cieco
esiste solo lui
chi si sporge a guardare avanti,VEDE PURTROPPO tanti bisognosi
Signore fammeli sempre riconoscere e donami gioia nel donarmi
Amen