Prima lettura del 27 settembre 2022

A chi ha amarezza nel cuore
Gb 3, 1-3. 11-17. 20-23

"Giobbe aprì la bocca e maledisse il suo giorno. Prese a dire:
«Perisca il giorno in cui nacqui
e la notte in cui si disse: “È stato concepito un maschio!”.
Perché non sono morto fin dal seno di mia madre
e non spirai appena uscito dal grembo?
Perché due ginocchia mi hanno accolto,
e due mammelle mi allattarono?
Così, ora giacerei e avrei pace,
dormirei e troverei riposo
con i re e i governanti della terra,
che ricostruiscono per sé le rovine,
e con i prìncipi, che posseggono oro
e riempiono le case d’argento.
Oppure, come aborto nascosto, più non sarei,
o come i bambini che non hanno visto la luce.
Là i malvagi cessano di agitarsi,
e chi è sfinito trova riposo.
Perché dare la luce a un infelice
e la vita a chi ha amarezza nel cuore,
a quelli che aspettano la morte e non viene,
che la cercano più di un tesoro,
che godono fino a esultare
e gioiscono quando trovano una tomba,
a un uomo, la cui via è nascosta
e che Dio ha sbarrato da ogni parte?»".

I saggi fanno domande, gli stolti danno risposte: così sentenzia il Talmud, legittimando così il modo ebraico di fare ricerca filosofica.
E' il modo sapienziale, il più corretto per mettersi davanti alla Parola di Dio.
Sapienza è anche arrendersi al fatto che non tutte le domande avranno mai una risposta, ma è necessario porle per riflettere ad un livello altro da noi e per incamminarsi sulla via della Sapienza.
Gran parte del libro di Giobbe, come il libro di Qoelet, usa questo metodo.
La domanda su cui fermiamo la nostra attenzione è una delle più terribili.

"Perché dare la luce a un infelice
e la vita a chi ha amarezza nel cuore".

Giobbe vive una grande sofferenza, una terrificante solitudine; è a questo punto della sua esistenza che si pone la domanda. In questo abisso in cui è caduto si domanda se la vita valga la pena di essere vissuta quando è segnata da dolore e solitudine.
Non la pensava certo così nei giorni di festa, quando aveva il conforto dei figli e tutta la famiglia accanto.
E ancora: vale la pena fare un figlio se il suo destino è questo?
Il destino di ogni essere vivente non è solo un susseguirsi di gioia e dolore.
Giobbe soffre nella sua analisi della mancanza di memoria; i suoi occhi sono accecati dalla sofferenza del presente.

"A quelli che aspettano la morte e non viene,
che la cercano più di un tesoro,
che godono fino a esultare
e gioiscono quando trovano una tomba".

Si domanda ancora: ha senso vivere desiderando la morte?
Nella sofferenza estrema la morte sembra una via d'uscita, desiderabile come fine di ogni problema e anche come ribellione a Dio che "costringe" ad un'esistenza ingrata.
Ora solo questo vede Giobbe nel suo orizzonte. Ma non è il suo orizzonte definitivo. Queste domande gli apriranno la strada del dialogo con Dio, dell'ascolto del modo di vedere che non è il suo.
È un profondo cammino interiore che quest'uomo sofferente inizia.
Il dolore riduce all'essenziale le domande sulla vita, apre il cuore alla ricerca del significato di ciò che si vive.
La storia di Giobbe finirà in bene, ma la Scrittura ha a cuore di farci fare questo cammino travagliato con lui, affinché anche la nostra intelligenza e la nostra fede, messe alla prova, approdino al Signore.

"A un uomo, la cui via è nascosta
e che Dio ha sbarrato da ogni parte?".

Ecco il centro che Giobbe individua seppur nell'angoscia: egli ha smarrito il filo del suo cammino, ha perso la via, non si raccapezza più. La via è nascosta, dal dolore in questo caso, e Dio chissà perché, ci ha messo del suo, sbarrando le vie alternative. Il cuore è confuso, e grida nel tentativo che la situazione si sblocchi.

Siamo al capitolo 3 del libro e ci vorranno altri 40 capitoli affinché si snodi tutta la vicenda e Giobbe si apra ad una sapienza nuova.
La vita non è una passeggiata, e la sapienza non nasce da vane disquisizioni filosofiche o da ragionamenti fatti a tavolino.
Un cuore paziente sta fermo nella tempesta, ancorato alla sua Roccia di salvezza; solo così è disposto a percorrere una strada in salita per riemergere dalla fossa.
Aggrappato al Signore, di cui non comprende le vie, gli si rivolge comunque per non rimanere impigliato in domande senza risposte che diventano alla lunga senza senso e che lo schiacciano ad una terra senza futuro.
Le domande sono difficili anche da pronunciare, ma necessarie perché nascono nel dolore e trovano certamente una risposta: il Signore si prende carico del grido che viene dai suoi figli.
"Chi ha amarezza nel cuore" toccherà con mano la dolcezza della salvezza.

Link di approfondimento alla liturgia del giorno:

Vangelo di Lc 9, 51-56
Commento del 28/09/2021

Commenti

  1. "Perché dare alla luce un uomo,
    la cui via è nascosta
    e che Dio ha sbarrato da ogni parte?".
    Alla domanda tagliente di Giobbe si rimane in silenzio, feriti.
    "Un uomo la cui via è nascosta":
    la via di ogni uomo è nascosta, appare solo la superficie, ciò che sfugge al mistero.
    "Una via che Dio sbarra da ogni parte", come acqua indirizzata in un canale perché porti fecondità.
    La vita nel dolore si fa domanda.
    La vita nel dolore si fa attesa.
    La vita nel dolore si fa speranza.
    "Perché dare alla luce un uomo,
    la cui via è nascosta
    e che Dio ha sbarrato da ogni parte?".

    RispondiElimina
  2. "A quelli che aspettano la morte e non viene,
    che la cercano più di un tesoro,
    che godono fino a esultare
    e gioiscono quando trovano una tomba".
    Ho vissuto questi tristi momenti a fianco di varie persone
    Tutte erano state piene di vita,gioivano in passato!
    Ecco col dolore,la sofferenza si perde la memoria.....
    Ma il dolore prevale!Cancella tutto!E' umano questo!
    Prego ancora per tutti quelli in cui mi sono imbattuto e m'imbatto ancora,mio malgrado,e vi assicuro non è gratificante!
    Prego per me che partecipo (anche se,solo di superficie)a questa sofferenza.
    Sofferenza che ho comunque,a mia volta ,patito.......
    Ti affido tutto questo nella speranza che TU un giorno mi spiegherai da vicino.
    Amen

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