Sabato 8 giugno 2019 - Vangelo della Veglia di Pentecoste


Beva chi crede in me.
Gv 7,37-39

"Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva».
Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato".


Questi tre versetti intensi della Veglia di Pentecoste, ci mostrano simbologie dello Spirito diverse dal fuoco a cui ci ha evangelizzato il racconto degli Atti degli Apostoli.
"Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo" ( At 2,1-4).
Lo Spirito spesso è mostrato come fuoco che non distrugge (cfr. Es 3,2- il roveto ardente) e che rivitalizza ciò che è morto (cfr. Ez 37,5 - ossa inaridite).
Ma il brano di Giovanni, quasi ad allargare il nostro sguardo sulla molteplicità di manifestazioni dello Spirito, lo mostra come una sorgente che sgorga dal grembo del Figlio.
Un salmo mette insieme i due significati e afferma: "Siamo passati per il fuoco e per l’acqua, poi ci hai fatto uscire verso l'abbondanza" (Sal 66,12).
È bello scoprire l'acqua come simbolo dello Spirito, in un annuncio che Gesù fa durante una festa in cui l'acqua è protagonista.

Siamo durante la festa di Pentecoste, che in greco significa proprio il "cinquantesimo giorno" dopo la luna piena di Pesach, Pasqua.
Era una grande festa in cui si celebravano i raccolti abbondanti della terra promessa e venivano portate le primizie al Tempio di Gerusalemme.
Ma non era solo la festa bucolica che tutte le civiltà hanno al rifiorire della primavera inoltrata che porta con se frutti e fecondità.
In ebraico il nome è "Shavuot", festa delle settimane, perché cade infatti 7 settimane dopo la Pasqua.
E' il compimento della festa di liberazione pasquale, data dal significato del numero 7 che è pienezza e coronamento. Dice che il passaggio dalla schiavitù alla liberazione inizia in Egitto, nella notte di Pasqua, per compiersi nella pienezza dei frutti della terra Promessa.
In essa centro della celebrazione è la rivelazione di Dio sul Monte Sinai, dove al popolo viene donata la Torah.
Gesù va a questa festa "non apertamente, ma quasi di nascosto" (Gv 7,10), annota l'evangelista. Nel linguaggio simbolico del Vangelo di Giovanni questo indica che il segreto di questa festa è Gesù: è lui il significato nascosto nelle nostre esistenze, nelle nostre gioie come nelle nostre pene. Lui il senso di tutto il nostro esistere.

"Nell’ultimo giorno".
È il giorno più solenne, il culmine della festa, ed è anche un giorno "ultimo", il giorno atteso, futuro, di compimento, in cui Dio si rivela.
Gesù "ritto in piedi, gridò"!
Non si può fare altro che pensare all'ora della croce, l'ora definitiva, in cui, ritto sul legno, issato per la salvezza di tutti come il serpente nel deserto (cfr. Nr 21, 8-9), il Figlio grida ed effonde lo Spirito.
Gridare è l'attività di ogni profeta. Dio chiama i suoi servi a gridare alle orecchie sorde del popolo, perché oda la parola nuova della liberazione.
È un grido che vince ogni sordità, che buca la durezza del cuore di pietra affinché il Signore vi possa innestare un cuore di carne.
Per Giovanni la croce è manifestazione della Gloria e quel grido ricorda le grida di guerra dei guerrieri vittoriosi che ritornavano col bottino dopo la battaglia.
Nel linguaggio biblico l'essere ritto in piedi è la posizione di chi è risorto. Nella croce il credente vede già la salvezza dell'Agnello, immolato ma ritto in piedi (cfr. Ap 5,6).

"Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me".
Torna alla memoria un altro grido, quello di Isaia: "O voi tutti assetati, venite all'acqua, voi che non avete denaro, venite, comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte" (Is 55,1).
La gratuita del dono di Dio sempre scorre per raggiungere la sete profonda che l'uomo riconosce di non poter colmare da solo: "L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?" (Sal 42,3).
In Gesù questa sete profonda, da deserto interiore, viene dissetata perché ogni uomo ha accesso al dono di Dio, acqua fresca di sorgente, gratuita e inesauribile.

"Come dice la Scrittura".
Il riferimento più diretto è ad una parola del profeta Zaccaria, che profetizza nel futuro di Gerusalemme, dopo lo scoraggiamento per la rovina dell'esilio, la nascita di una nuova sorgente di vita: "In quel giorno acque vive sgorgheranno da Gerusalemme" (Zc 14,8), a cui ogni uomo ricorrerà, e la festa di Israele diverrà festa per tutti i popoli: "Allora i superstiti, fra tutte le nazioni che avranno combattuto contro Gerusalemme, vi andranno ogni anno per adorare il re, il Signore degli eserciti, e per celebrare la festa delle Capanne" (Zc 14,16).

"Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva".
Dal seno di chi? È un versetto ricco che ha una sua meravigliosa ambiguità. In prima battuta, il suo, quello di Gesù, seno che Giovanni ci mostra aperto sulla croce, da cui sgorga "sangue e acqua" (Gv 19,34).
Lo Spirito, il nuovo Paraclito, che sgorga dal Figlio, diventa sorgente in colui che beve ed egli diventa, a sua volta, fonte per i fratelli.

"Questo egli disse dello Spirito".
Giovanni, ora anche lui come profeta, ci rivela il senso profondo di questo grido. È dello Spirito che parla Gesù, in questo giorno ultimo, giorno di festa, giorno che richiama abbondanza e benedizione.
L'acqua viva è lo Spirito!
Acqua vera, che disseta veramente e che la samaritana aveva chiesto (cfr. Gv 4,15), in cui il paralitico desiderava immergersi (cfr. Gv 5,7), in cui il cieco si lava per ritrovare la vista (cfr. Gv 9,7), quell'acqua nuova, di cui nessuno conosce l'origine e che riempie la bocca come ottimo vino (cfr. Gv 2,7).

"Non era ancora stato glorificato".
È il chiodo fisso di Giovanni, la Gloria di Gesù. Nel suo vangelo tanti sono gli accenni alla sua gloria, fin dal segno di Cana, "noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre" (Gv 1,14).
Ma la sua pienezza si vede volgendo "lo sguardo a colui che hanno trafitto" (Gv 19,37), perché sulla croce si manifesta che "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito" (3,16).

In questa festa attingiamo anche noi, inondati dalla ricchezza di vita che viene da Gesù, tesoro nascosto che disseta, vivifica, mostra il compimento della festa che il Padre ha preparato per l'umanità sposa.
Se la legge donata sul Sinai aveva deformato il volto di Dio, temuto come un giudice intransigente che tiene più al rispetto delle norme che al bene dei figli, con Gesù quel volto si rivela in tutta la sua verità salvifica e il mezzo per arrivare al Padre non è più scritto su tavole di pietra, ma nella non-legge dell'Amore che sgretola ogni regola e precetto per realizzare il bene dell'amato.
Penso che solo chi ha bevuto direttamente acqua sorgiva possa capire quando dico che quell'acqua ha un altro sapore, ha una consolazione che commuove e che rivela quanto sia necessaria al cuore una sorgente che doni senza misura e che si incontri nel cammino proprio al momento giusto per ridare la forza e la voglia di proseguire.

Noi abbiamo sete: cerchiamo l'acqua che ci dia sollievo nelle arsure, che lavi ogni peccato, che ci immerga nella vita del Padre, che ci avvolga completamente come il liquido amniotico della gestazione.
Quell'acqua oggi è donata a tutti; la festa di Pentecoste ci faccia attingere allo Spirito che, irrorato dal costato di Gesù, non ha mai più smesso di sgorgare gratis per placare le seti dell'umanità.

Commenti

  1. "Anch'io ho sete... cerchiamo un pozzo..."
    Ebbi un gesto di stanchezza: è assurdo cercare un pozzo, a caso, nell'immensità del deserto. Tuttavia ci mettemmo in cammino.
    Dopo aver camminato per ore in silenzio, venne la notte, e le stelle cominciarono ad accendersi. Le vedevo come in un sogno, attraverso alla febbre che mi era venuta per la sete.
    Le parole del piccolo principe danzavano nella mia memoria.
    "Hai sete anche tu?" gli domandai.
    Ma non rispose alla mia domanda. Mi disse semplicemente:
    "Un po' d'acqua può far bene anche al cuore..."
    ..."Ciò che abbellisce il deserto", disse il piccolo principe, "è che nasconde un pozzo in qualche luogo..."
    (da" Il Piccolo Principe" di Antoine de Saint-Exupéry)

    RispondiElimina
  2. Gesù si presenta come la Sapienza di Dio, il nuovo tempio, la
    roccia da cui scaturisce l’acqua viva promessa dai profeti. Tutto
    questo sarà chiaro solo dalla croce, dove comprenderemo il
    suo amore e riceveremo il suo Spirito. Allora nasceremo
    dall’alto e sapremo amare come siamo amati: avremo in noi
    stessi la sorgente dell’amore.
    (Silvano Fausti)

    RispondiElimina
  3. In realtà, non c’è nessun versetto biblico che letteralmente corrisponda a questa citazione. Ma, secondo una prassi nota al giudaismo, Gesù procede per allusioni e per echi di passi scritturistici affini: «Dalla roccia uscirà acqua e il popolo berrà» (Esodo 17,6); «fece sgorgare ruscelli dalla rupe e scorrere l’acqua a fiumi» (Salmo 78,16); «in quel giorno acque vive usciranno da Gerusalemme» (Zaccaria 14,8).
    (Gianfranco Ravasi)

    RispondiElimina
  4. L’uomo è destinato a vivere di questo Spirito che è vita e
    amore. Se no, vive solo di egoismo, di morte e di paura. Quindi non
    bisogna aver paura dei nostri desideri; più grandi sono, meglio è. Il
    desiderio non produce nulla, accoglie tutto. Le cose principali non
    sono da produrre: né Dio, né le persone, né noi; sono da accogliere.
    (Silvano Fausti)

    RispondiElimina
  5. Io che ho sempre sostenuto il contrario, la mia forza è produrre.
    Ed è una certezza.
    La tocco, vivo i suoi benefici!
    Signore Liberami da tante afferenza che mi confondono
    Fammi luce, con quella LUCE di questa solennità

    RispondiElimina
  6. Senza acqua non esiste vita.
    Il grido esprime la vita.
    Nella Bibbia i profeti gridano, il popolo oppresso viene esortato a gridare. Tutto in funzione della vita. La croce è quella parte di noi che dovrebbe morire, il nostro essere piccoli , la nostra paura di affidarci, la nostra arroganza di salvarci da soli. Bisogna morire per poter rinascere

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Perché un blog con questo titolo?!

Vangelo del 12 gennaio 2019

Vangelo dei domenica 13 gennaio 2019

Salmo 23 per il mio papà

Prima lettura del 21 agosto 2019