Prima lettura del 15 agosto 2019 - Assunzione di Maria

Un segno grandioso
Ap 11, 19; 12,1-6.10

"Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza.
Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra.
Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito.
Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio.
Allora udii una voce potente nel cielo che diceva:
«Ora si è compiuta
la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza del suo Cristo»".


Il 12 è il capitolo del "grande segno" dell'Apocalisse.
Giovanni nel suo vangelo ha raccontato 7 segni che si dispiegano nel libro della Gloria.
Ora attira la nostra attenzione su questo definito "grandioso", il "botto finale" diremmo noi, nel senso che precede la rivelazione ultima.

È un segno attuale, che riguarda il nostro tempo, nell'attesa che si manifesti il fine di tutta la storia.
Dall'ultimo libro della Bibbia alla Parusia, c'è il grande libro non scritto della Chiesa che, ascoltando la Scrittura, attende la realizzazione di tutte le profezie.
La Chiesa, intesa come comunità universale che abbraccia tutte le genti, è la tensione di ricerca e visione che scopre, nella storia, l'azione salvifica che le viene da un tutt'Altro.

"Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza".
Nella tradizione ebraica l'arca, andata perduta durante le tante traversie, saccheggi del Tempio e guerre del popolo, sarebbe ricomparsa nei tempi del Messia.
Il tempio, non fatto da mani d'uomo, è nel cielo, sottolinea Giovanni.
Quello terreno, assolutizzato come luogo della presenza del Signore, esclusivo di Gerusalemme, non ne è che segno e prefigurazione.
La presenza di Dio, gelosamente celata ad occhi indiscreti, ora è finalmente visibile, aperta a tutti.
Sono i segni degli ultimi tempi. Il Messia è finalmente presente e compie l'opera di Dio.
Alla luce dell'Apocalisse possiamo affermare che per Giovanni tutta la storia dell'Esodo, le vicende antico testamentarie, ma anche la venuta di Gesù, sono il segno della rivelazione totale e salvifica del Cristo al compimento della storia.

"Una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto".
Ma veniamo al segno che è affascinante e drammatico insieme.
Questa donna, con attributi da regalità divina, è madre.
La tensione di tutta la storia creata, che "geme e soffre le doglie del parto" (Rom 8, 22) si concretizza davanti agli occhi del veggente.
Da quel giorno in cui la creazione non è stata più in sintonia col creatore, non più "cosa bella" a se stessa, il desiderio di partorire cieli nuovi e terra nuova non si è mai fermato. Il passaggio al nuovo è un travaglio doloroso che tutti, proprio tutti, soffriamo nella nostra carne.
E fin qui sarebbe già abbastanza questo grido di dolore per la lacerazione tra la creatura e il creatore che attende di essere rimarginata.

"Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra".
Il dramma, sotteso e sempre temuto, si mostra in tutta la sua violenza: questo parto che l'umanità attende è ostacolato dal nemico.
"I tuoi nemici insultano, insultano i passi del tuo consacrato" (Sal 88, 52).
Il consacrato Gesù è colui che ha incarnato consapevolmente la nostra condizione, cioè tutto il dramma che ci affligge anche quando lo subiamo anche senza dargli un nome.
La sua vita è stata un'unica grande parabola che ha svelato questa lacerazione, assunta e portata alla luce per essere redenta.

"Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito".
Con una sola immagine Giovanni riesce a descrivere l'entrata nel mondo di Gesù con la stessa tensione del Prologo.
In questa violenza omicida che lo ha insidiato sin dall'inizio, raccontata nei vangeli dell'infanzia, si rivela che colui che è venuto dal cielo è figlio in tutto dell'umanità minacciata dal male.
Se nel Cantico dei Cantici, l'amore tra l'Amato-Dio e l'Amata-umanità è continuamente intralciato e impedito in un rincorrersi doloroso fatto di attesa e di desiderio, qui il simbolo è chiaro e possente: il male è un drago divoratore di vita che vorrebbe impedire il frutto dell'amore.

"Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono".
Qual'è il frutto che preme per uscire dall'umanità gravida?
È la nascita di un re, Signore dei Signori, con un potere incontrastato su tutte le nazioni della terra.
Partorito sulla terra, ma custodito nei cieli, il suo destino non può essere fermato da nessun potere che cospira contro il volere di Dio.
Il Salmo ci aiuta a entrare nel significato:
"Ti darò in possesso le genti
e in dominio i confini della terra.
Le spezzerai con scettro di ferro,
come vasi di argilla le frantumerai" (Sal 2, 8-9).

Anche se i re della terra cospirano contro l'opera salvifica, lo scettro con cui regna il Messia spezza questi progetti mortali.
L'ascensione al cielo qui è un rapimento d'amore del Padre che porta il figlio nel luogo a lui riservato, al sicuro da ogni male.

"La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio".
La donna, cioè la comunità dei credenti, continua la sua vita nel deserto, scelto, e non subito, perché il luogo dell'innamoramento in cui l'amato continuerà a parlare al suo cuore (cfr. Os 2,16).
Qui, in un rifugio sicuro perché preparato dal Padre, si compirà l'ultimo esodo, il passaggio definitivo al Bene.
Il Messia innalzato e la sposa nel deserto, sono la fotografia di oggi, della nostra realtà, custodita tra cielo e terra.

E finalmente si eleva un cantico di lode:
"Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo".
Il salvataggio del bambino e la fuga della donna al sicuro, sono i segni di vittoria sul drago, cioè il serpente antico di Genesi perché Cristo, discendenza della donna, con la morte e resurrezione, gli ha schiacciato definitivamente la testa.

La consolazione e la nostra speranza certa è che la salvezza non è un futuro incerto: "chi lo sa, se e quando arriverà"!
La salvezza è "Ora" dice Giovanni!
L'annuncio della vittoria viene da una voce potente dal cielo, come già nel Giordano e sul Tabor.

L'Apocalisse è veramente "rivelazione" perché è lo sguardo gettato sull'Oltre che nella fede già si intravede.
Abbiamo bisogno che qualcuno spezzi i sigilli di questa realtà di cui perdiamo il filo conduttore e ci sveli chi ha in mano le sorti di tutta l'umanità.
Tutta la teologia giovannea parte dall'esperienza dell'apostolo che ha toccato con mano l'amore e ha creduto che quell'amore sarebbe stata la parola definitiva.
Noi viviamo di attesa, preghiamo che venga presto il giorno del ritorno del Messia e aiutati dal veggente di Patmos, vediamo anche noi il futuro in cui questa vittoria del Cristo verrà portata a compimento.

Commenti

  1. Nell'ambiente proprio di Dio, nel cielo, appare una donna. Il termine secondo l'uso dell'A.T. suggerisce subito l'idea di sposa e di madre; esso fa pensare all'alleanza di Dio col suo popolo, alleanza più volte espressa in termini di amore nuziale. E, pur con la debita cautela per evitare qualunque pesante antropomorfismo, viene attribuita, sempre nell'ambito dell'A.T., alla donna-popolo di Dio anche una certa fecondità: i figli di Sion sono pure i figli di Dio. La donna-popolo è rivestita di sole. Sempre nell'A.T. il sole è considerato come una creatura privilegiata di Dio, e nell'ambito del N.T. si parla, a proposito del Padre celeste, del “suo sole” (Mt 5,45). Di questo sole che è suo, Dio avvolge e riveste la donna.
    (Ugo Vanni)

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  2. “E partorì un figlio, maschio, che pascerà tutte le genti con verga di ferro” (12,5b).
    La citazione del salmo 2,9 – sempre riferita a Cristo nel N.T. e anche nell'Apocalisse (cfr. 19,11) – non lascia dubbi: colui che pascerà tutte le genti con verga di ferro è Cristo. Ma è un Cristo proiettato nel futuro, e propriamente nel futuro escatologico: allora, alla conclusione della storia della salvezza, egli metterà in atto tutta la sua energia di vittoria sul male (cfr. 19,11-16). Ed è un Cristo che nasce dalla chiesa. L'assemblea che si identifica con la chiesa e con la donna ne prende atto con commozione: proprio lei dovrà esprimere faticosamente, giorno per giorno, il suo Cristo. Ciò si verificherà in tutto quello che la chiesa-assemblea riuscirà a realizzare di bene: nel bene che si vede come nel bene nascosto, nel bene apprezzato come nel bene incompreso. Tutto quello che la chiesa faticosamente avrà dato alla luce favorirà la crescita e il raggiungimento della statura completa di Cristo (cfr. Ef 4,13).
    (Ugo Vanni)

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  3. Con un'immagine ardita, l'autore dice che questo frutto del parto doloroso della chiesa viene portato accanto a Dio, messo in contatto protettivo con la potenza di lui. Nessuna forza umana, nessuna forza demoniaca riuscirà a intaccarlo. La donna, però, fugge nel deserto. Nell'A.T., esso era stato il luogo della prova, della verifica, della maturazione nel rapporto tra Dio e il suo popolo; ed era stato anche il luogo dell'amore della giovinezza, del primo amore. La chiesa dovrà sentire il deserto – inteso con questa polivalenza di significati – come la sua situazione normale.
    (Ugo Vanni)

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  4. Il capitolo 12 dell’Apocalisse evoca un’immagine nota e al contempo misteriosa: “Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo,
    una corona di dodici stelle” (Ap 12,1). La donna è simbolo del popolo di Dio, legato al suo
    Signore da un rapporto sponsale. Rivestendola di sole, Dio le dà quanto ha di meglio: ella appare così come particolarmente amata e curata da Dio. La luna esprime l'avvicendarsi dei tempi e delle
    stagioni. "Sotto i suoi piedi" significa: sotto il suo dominio. La Donna domina la successione del
    tempo; vive in una dimensione superiore, ma non atemporale: la luna esiste.
    (Teresina Caffi)
    .

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  5. Olivier Clément, così ci descrive la festa della Dormizione
    – Assunzione di Maria.

    L’Assunzione della Vergine esprime in modo mirabile l’adagio patristico diffusosi a partire da Ireneo di Lione, nel II secolo: “Dio si è fatto uomo perché l’uomo possa diventare Dio”. Diventare Dio: cioè un vivente la cui vita non ha limiti, una vita liberata dal male e dalla morte. Per descrivere
    con maggior chiarezza questa festa, bisogna accostare l’una all’altra due icone: quella della Vergine con il bambino e quella della Dormizione-Assunzione.
    Nella prima è la madre a reggere e proteggere il bambino, e a volte, come nella “Vergine della
    tenerezza”, essa appoggia il proprio volto al volto minuto del Figlio. Maria, a nome di tutta l’umanità, accoglie Dio. Prima assunzione: quella della divinità da parte dell’umanità.
    Nella seconda icona, avviene esattamente il contrario: la madre è morta; le sue spoglie, nera crisalide, sbarrano orizzontalmente la composizione; ma lo spazio della morte si apre, appare Cristo, vittorioso, verticale di luce che fa dell’icona una croce di gloria. Egli prende tra le braccia l’anima
    non disincarnata di sua madre, rappresentata come una bambina che porta a compimento la sua
    nascita nel regno. E in alcune icone, Gesù stringe al proprio volto il volto di questa donna bambina:
    germe e anticipazione della trasfigurazione di tutto il creato. Seconda assunzione, questa volta dell’umano da parte del divino.
    La Chiesa, infatti, maturò presto l’intuizione secondo cui il corpo di Maria, prodigiosamente
    “consustanziale” a quello del Risorto, non era possibile che fosse rimasto prigioniero della morte.
    Così, al Dio fatto uomo corrisponde l’uomo deificato, e il primo essere umano presente, anima e
    corpo, nella gloria divina è la “Donna vestita di sole” di cui parla l’Apocalisse. Maria si trova ormai
    al di là della morte e del giudizio, in quella luce che le Scritture chiamano “regno di Dio”; e tuttavia
    umana, infinitamente materna, ella rimane totalmente rivolta verso gli uomini, verso le loro
    sofferenze, verso il pellegrinaggio compiuto così spesso a tastoni dalla chiesa, e prima ancora dalla
    chiesa mistica che ingloba l’intera umanità e tutto quanto il cosmo. Nella grande spiritualità della
    chiesa antica, come pure in molte leggende popolari, Maria è colei che pronuncia sull’inferno –
    anche sul nostro inferno interiore – la preghiera per la salvezza universale.
    I testi delle omelie orientali associano, a partire dal V secolo, la Dormizione di Maria – vale a dire
    una morte pacifica, in cui l’anima entra nella pace – e la sua Assunzione corporale – l’anima
    ricongiunta al corpo nell’unità della persona (come avverrà a ciascuno di noi), ormai elevata al cielo, letteralmente sollevata dallo slancio “risurrezionale” del Cristo –.
    Parecchie leggende, ricche peraltro di significato, si sono sedimentate nelle più antiche liturgie.
    Mentre Maria viene avvisata della sua morte da un angelo, gli apostoli, dispersi lontano da lei, le sono miracolosamente trasportati accanto. Lei li consola, li benedice, prega per la pace del mondo, e
    muore. Essi la seppelliscono nel Getsemani. Dopo tre giorni, Maria appare loro mentre stanno
    celebrando l’eucarestia, e gli apostoli trovano la sua tomba vuota.

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  6. Di fronte a questa IMMENSITÀ a questa OPERA MAESTOSA, ai miei occhi..
    Non posso fare altro che contemplare, fare mio, questo evento che mi coinvolge... Prossimo alla SUA DIVINITÀ!!!!???
    Devo meditare su questo e molto.
    Grazie Papa '

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  7. La festa di oggi ci fa contemplare quale sia la metà ultima della nostra vita e ci aiuta a capire come vivere il nostro pellegrinaggio verso la metà. Bella l immagine del deserto... mentre il bambino che è stato partorito viene rapito in cielo, presso il trono del Padre, la donna fugge nel deserto,dove Dio le ha preparato un rifugio... ma continua a lottare contro il drago e ogni forma di male. Nel nostro cammino anche noi dobbiamo affrontare molte fatiche e ostacoli. Il deserto ci insegna una cosa: che non bastiamo a noi stessi e che per vivere abbiamo bisogno che qualcuno ci dia pane e acqua, perché nel deserto non riusciamo a procurarceli da soli. Dobbiamo imparare a camminare non da soli ma a condividere le fatiche e sostenerci nella speranza comunicandici la fede stringendo vincoli di fraternità e di amore.

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  8. Questa di oggi è una parola commovente e che mi apre alla lode e al ringraziamento. È un messaggio di grande speranza. È qualcosa che parla al tuo cuore e lo rinfranca. Mi esce dal profondo del cuore un Amen così potente da spaccare ogni limite e barriera.

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