Prima lettura di Domenica 25 agosto 2019

Anche tra loro prenderò sacerdoti
Is 66, 18-21

"Così dice il Signore:
«Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria.
Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti.
Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore.
Anche tra loro mi prenderò sacerdoti levìti, dice il Signore»".


È il sogno più grande dell'umanità quello dell'unità e della pace universale. Tutte le tradizioni religiose lo sognano e lo profetizzano. Tra i più grandi, le visioni di Isaia, mostrano questo futuro di riconciliazione.
Nel capitolo 66, siamo al terzo Isaia, dopo il ritorno dall'esilio grazie all'editto di Ciro il Grande.

Ormai lontano dall'Esodo di uscita dall'Egitto, Israele stanziato nella terra, promessa ai padri, credeva che il centro del mondo fosse lui e la sua patria.
L'esperienza dell'esilio babilonese aveva sconvolto tutte le certezze, e aver conosciuto un popolo così altamente colto e spirituale, aveva finalmente aperto gli occhi su realtà che avevano arricchito la religiosità d'Israele.
Isaia guarda avanti e vede un futuro in cui il popolo eletto non sarà solo uno, ma anche altre genti (simboleggiate da sette popoli pagani che vengono citati in questo brano) arriveranno a lodare il Signore come proprio Dio.
In Isaia la salvezza è mostrata nella sua espansione totale e universale.

"Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue".
Il tentativo fallito della torre di Babele (cfr. Gen 11), aveva mostrato la farneticazione egemonica del dittatore Nimrod che voleva toccare il cielo, schiavizzando i popoli per costruire la sua città.
Ma se il Signore non costruisce, invano faticano i costruttori! (cfr. Sal 127)
Il progetto di unità che il Signore mostra tutela ogni uomo e porta a Lui.
Radunare non è omologare, ma armonizzare, rispettando "uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione" (Ap 5, 9).
Il Signore è pastore di tutti popoli e lui farà quest'opera di riunificazione.

Le genti, come venivano indicati i pagani, e le lingue diverse, sono riunite nel suo nome, sotto il suo sguardo, perché tutti figli suoi.
"Dal luogo della sua dimora
scruta tutti gli abitanti della terra,
lui che, solo, ha plasmato il loro cuore
e comprende tutte le loro opere (Sal 33, 14-15).

E per tutti sarà possibile vedere la gloria del Signore, riservata prima a pochi, ma ora offerta a tutti.
La gloria del Signore, cioè il suo amore infinito e senza condizioni, si è manifestata nel Figlio per tutta l'umanità e per ogni uomo.

"Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni".
Un segno e un annuncio portato fino ai popoli più lontani: è la fede contagiata in tutta la terra, che cammina, con parole e segni, secondo l'esperienza di fede di Abramo.
In Gesù il segno univoco posto nella carne di tutta l'umanità è la croce: manifestazione totale di amore incondizionato.
Anche chi non conosce il Dio di Abramo, vedrà e annuncerà la salvezza.
Questa profezia di Isaia, che supera i confini di Israele è per noi cristiani annuncio di apertura a tutte le religioni. Ma se già suona strana e impossibile oggi ad orecchie "integraliste", chissà come era rivoluzionaria per i contemporanei del profeta!

"Ricondurranno tutti i vostri fratelli..."
Per Israele la diaspora, quel dissanguamento di figli costretti per motivi gravi a lasciare la terra santa, è stata sempre una piaga terribile.
Tutti i dispersi nelle varie parti del mondo, annuncia il profeta, saranno ricondotti in patria, al loro Dio, alla loro identità. È stata questa la molla segreta che da sempre ha tenuto unito il popolo di Dio pur disperso tra le genti, e perseguitato in ghetti e lager.
"...da tutte le genti come offerta al Signore".
Ecco il vero culto, la liturgia che il Signore apprezza: il cammino verso l'unità, il lasciarsi attrarre da questa forza che raduna.
Il popolo che il Signore si era scelto tra tutti i popoli, non era l'unico: questa esclusività è la malattia di tutti!
Ma Israele era come la primizia primaverile che veniva presentata all'altare: segno di tutto il resto del raccolto/umanità che sarebbe seguito.

"Al mio santo monte di Gerusalemme".
La città santa preziosa per le tre grandi religione monoteiste, è madre che accoglie figli da tutti i popoli.
E' il luogo ideale di questo raduno perchè posta sul monte che tutti vedono e a cui tutti accorrono. Gerusalemme, nome che significa città di pace, è una promessa e una speranza per tutta l'umanità.
Nell'Apocalisse, la Gerusalemme celeste si mostrerà in tutta la sua simbologia di dimora per tutti i popoli:
"Ecco la dimora di Dio con gli uomini!
Egli dimorerà tra di loro
ed essi saranno suo popolo
ed egli sarà il 'Dio-con-loro'. (Ap 4, 3)



"Come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore".
Le genti, accolte nel Tempio come figli, sono tutte capaci di fare un offerta gradita. L'Israele disperso coinvolge nel suo tornare anche i popoli pagani.
Il popolo santo che Dio si è scelto non è che il seme che porterà molto frutto, mostrando che la volontà salvifica, in Dio, era prevista per tutti.

"Anche tra loro mi prenderò sacerdoti levìti, dice il Signore".

La conclusione del brano è sconvolgente e penso che Isaia sia stato veramente coraggioso a pronunciare queste parole.
Tra tutte le tribù, una sola, quella di Levi, era riservata per il servizio al tempio.
Nel segno del popolo prediletto, i leviti e i sacerdoti erano il segno ancora più ristretto e santo di uomini che dedicavano tutta la vita al culto.
Se anche dai figli di tutti i popoli il Signore prenderà leviti per il suo culto, vuol dire che ogni uomo è capace di stare alla sua presenza senza più intermediari e paletti di sacralità!
È un sogno lungo tutta la storia, che troverà compimento nel mondo futuro, ma che fin da ora fa guardare con attenzione all'opera efficace e silenziosa del Dio che attrae, riconduce, riunifica.

C'è bisogno di tutta l'apertura della Parola per aprirsi all'inclusione e all'amore verso coloro che parlano altre lingue e pregano in modo diverso da noi.
L'esperienza di sradicamento da Gerusalemme fino in Mesopotamia, ha aperto gli occhi dei profeti sulla volontà del Padre di abitare in ogni cuore e in ogni carne.
Se noi ci rendessimo conto che siamo anche noi quei pagani, quei lontani di cui parla Paolo "diventati i vicini grazie al sangue di Cristo" (Ef 2, 13), guarderemmo con altri occhi le popolazioni di credenti che pensiamo ed escludiamo come "infedeli".
Preghiamo il Signore che la nostra vita si apra allo stupore di ciò che il Signore semina nel cuore di tutti gli uomini e la loro fede diversa sia per noi la via nuova per arrivare all'unico Padre.


*Foto di Longo Chiara
Missione di Pomerini- Iringa Tanzania

Commenti

  1. Ritornati dall'esilio i Giudei si scontrano con una realtà quotidiana deludente.
    Ben presto l'entusiasmo del ritorno sfuma e sopraggiunge l'apatia, lo scoraggiamento.
    Continuando la predicazione di Isaia, un profeta tenta di risvegliare il coraggio descrivendo l'avvenire glorioso del popolo eletto.
    L'avvento del messia segnerà la riunione di tutti i popoli nel tempio del vero Dio e l'esclusivismo giudaico sarà totalmente superato.
    (Carla Sprinzeles)

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  2. Dice il Signore che manderà a chiamare tutti i popoli, anche i più lontani, quelli che non hanno mai sentito parlare di lui, anche quelli che non hanno mai udito la sua gloria, così da diventare un fiume di persone che andranno verso la città santa. In questo brano vediamo l'universalità della salvezza, riservata a tutti, anche ai lontani, a quelli che ancora non conoscono la sua parola, ma proprio tra questi saranno scelti dei sacerdoti e dei leviti e la meraviglia di coloro che si salveranno sarà grande.
    (www.edisi.eu)

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  3. Nel nostro brano il profeta indirizza il suo sguardo verso il futuro (discorso escatologico). Qualcuno potrebbe avere l’impressione che sia una fuga dalla realtà. Il profeta lo ritiene invece un tuffo nella realtà, quella di Dio. Egli prepara il giudizio che in questo caso equivale alla salvezza per tutti gli uomini. Tutti, senza distinzione e senza eccezione, devono poter vedere la «signoria» («gloria») di Dio, che si storicizza negli interventi prodigiosi e potenti, a favore del suo popolo e di tutti i popoli.

    Il termine «gloria» ricorre ben tre volte ed esprime un concetto importante del profeta Isaia che l’aveva contemplata fin dal momento della sua vocazione (cf. Is 6,1ss). La parola ebraica kabod implica l’idea di peso, qualcosa che si rende visibile. La «gloria di Dio» designa Dio stesso in quanto si rivela nella sua maestà, nella sua potenza, nello splendore della sua santità, nel dinamismo del suo essere. Quella gloria ha quindi il carattere di epifania. Isaia che aveva già celebrato la gloria di Dio che risplendeva su Gerusalemme (cf. 60,1), estende ora il suo sguardo e profetizza un Dio che si manifesta a tutti i popoli: «essi verranno e vedranno la mia gloria». Gerusalemme diventa l’ideale luogo teologico dove si danno appuntamento tutti i popoli.
    (Jesus Garcia Manuel)

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  4. Tutti sotto lo stesso manto.
    Si bello sentirti protetto, di una attenzione meticolosa ma non unica, viziata da personalissimo infantile.
    È bello e ciò mi richiede ancora ASCOLTO e quindi Fatica, fare parte della universalità della DEDIZIONE PERENNE GRATUITA di DIO per me.

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  5. Ti rendiamo grazie di poter essere tuoi ospiti al tavolo della tua grazia per tutta la vita e per l'eternità.
    KARL BARTH

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