Vangelo di Domenica 11 agosto 2019
Passerà a servirli
Lc 12, 32-38
"In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!"
Ci fermiamo in questa domenica a gustare i primi sette versetti del Vangelo di oggi, perché così ricchi di immagini da risuonare nel nostro cuore abbondantemente.
"Non temere, piccolo gregge".
Gesù ha spesso sulle labbra questa parola benedetta che esorcizza la paura.
I discepoli sono in apprensione continua, pieni di preoccupazione per la situazione difficile che sentono crearsi intorno a loro. Gesù è ormai in pieno contrasto con scribi e farisei, parla di persecuzioni, tribunali...
Come fare a trovare pace?
Su tutto questo scende la parola di Gesù che rassicura il "piccolo gregge". Gesù rassicura proprio dove sta il problema: la piccolezza del gruppo dei discepoli sembra soccombere di fronte alla grossa maggioranza potente, minacciosa e arrogante.
"Perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno".
Ecco il motivo della fiducia, che non si misura con le vittorie sugli oppositori. Il Padre ha scelto loro, piccoli e senza alcun potere, come coloro che avranno in dono il Regno.
Al Padre è piaciuto: è il suo compiacimento, il suo diletto un piccolo gregge! È la scelta sorprendente, costante nell'agire del Padre, che rivolge la sua preferenza verso i più piccoli, i meno potenti, gli scarti della società, le pietre scartate, per scegliere re, profeti, uomini impegnati, le pietre angolari che salvano il suo popolo.
Il caso più eclatante è Mosè, considerato dagli ebrei il più grande profeta, eppure era vecchio, ricercato per omicidio, balbuziente, rigettato dal suo popolo e timoroso. Quest'uomo ormai "finito" è scelto per affrontare e minacciare il gigante del tempo, il faraone e l'Egitto, e liberare un piccolo gregge, un pugno di uomini oppressi e schiavi.
"Vendete ciò che possedete".
Al centro di queste richieste radicali che Gesù fa c'è un'affermazione: "dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore".
Gesù non è un fissato con la povertà, vuole mettere il risalto che tanti legami appesantiscono e imprigionano il nostro cuore.
Perché, dobbiamo ammetterlo, il cuore è schiavo di ciò che possiede, i beni materiali ci danno sicurezza e sono il nostro vanto, "ci stanno a cuore"!
Quante cose non facciamo, di quante belle esperienze ci priviamo legati dal timore che i nostri beni vengano danneggiati, rubati, finiscano!
Quei beni che dovrebbero migliorare la nostra vita, alleggerendone i problemi, ne diventano un freno, una zavorra, che ci impedisce di camminare liberi e sereni.
Il nostro cuore è lì dove sta ciò che riteniamo il nostro tesoro. Che non sempre sono i fratelli, gli ultimi, il regno di Dio...
"Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese".
Pronti a partire, a correre! Sono parole che richiamano quelle del Signore al suo popolo alla vigilia dalla fuga notturna dall'Egitto.
Per poter correre le tuniche dovevano essere legate ai fianchi, per muoversi nelle tenebre le lampade dovevano rischiarare il cammino.
Gesù ci mostra che non siamo liberi, che nuovi faraoni ci hanno schiavizzato senza che lo sapessimo.
Alla voce del pastore il piccolo gregge dovrà essere pronto per un nuovo esodo, per riprendere il cammino verso la liberazione.
"Siate simili a quelli che aspettano".
Questa frase la trovo fondamentale!
Attendere è essere aperti al nuovo, pronti a cambiare, con un'atteggiamento estroverso e non di chiusura.
Chi non aspetta più nulla è morto. Siate vivi, esorta Gesù!
Il nostro sia un tempo di attesa.
E qui dobbiamo chiederci: chi o che cosa attendiamo?
Nella visione di Gesù il tempo, che va dalla sua Ascensione al suo ritorno, è preparazione alle nozze definitive del Signore con la sua sposa, l'umanità intera. È attesa di una festa piena, del compimento di ogni speranza di vita e di fecondità amorosa, di cui le nozze sono simbolo luminoso.
Il ritorno del Messia è la "Parusia", che in greco significa precisamente "presenza", e indica perciò un futuro nuovo modo di Gesù di essere presente tra noi. Noi attendiamo la presenza del Signore, qui, ora, sempre!
"Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli".
I servi si stancano.
E' dura aspettare lavorando, senza sapere quando il padrone verrà... Meglio riposarsi per svegliarsi al momento opportuno per poi faticare ancora di più!
Questo pensano degli schiavi di un padrone.
Ma Gesù, in questa mini parabola, sta parlando di amati che il Signore presto raggiungerà.
Ecco cosa attendere: non uno schiavizzatore (chi lo vorrebbe?) ma il momento in cui l'amato torna e può iniziare la festa. Così ha un'altra accezione l'attesa!
La fede nel ritorno di Gesù Messia, tenuta viva con le lampade accese, ci permetterà di correre incontro allo sposo, con i fianchi cinti e il cuore in gola, per godere finalmente della sua presenza.
E incredibilmente non ci verrà chiesto di sgobbare, ma di sederci da signori, di togliere le scarpe da piedi sudati e gonfi per il lungo cammino, perché l'Amato, che sa quanto dura è stata la nostra vita: "si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli"!
La metafora del «gregge» è comune nell'AT per qualificare il popolo eletto; essa include l'immagine di Dio come Pastore e quindi la coscienza di stare sotto la sua protezione e guida.
RispondiEliminaIl qualificativo «piccolo» mostra che però Gesù ha in mente non Israele nella sua totalità, ma il gruppo dei suoi discepoli, abbozzo del popolo escatologico di Dio.
(Monastero Matris Domini)
L’affermazione di Gesù: “Vendete ciò che avete e condividetelo; fatevi borse che non si consumano, un tesoro inattaccabile nei cieli, là dove il ladro non arriva e il tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”. Per avere questa gioia del dono del Regno ci vuole poco, pochissimo: distaccarsi dai beni, condividendoli! Confesso che mi impressiona questa parola, unica condizione posta per essere piccolo gregge: spogliarsi e condividere. Spogliarsi di ciò che si ha – beni, denaro, terra – non per disprezzo, non in nome di un cinismo filosofico, ma semplicemente per condividere con quanti non hanno e non possiedono. Ognuno ha delle ricchezze: soldi, possessi, ma anche forza, tempo disponibile, doni personali. Basta condividere ciò con gli altri, che sono tutti fratelli e sorelle. Solo così un discepolo, una discepola, diviene veramente tale, smette di avere due padroni (cf. Lc 16,13; Mt 6,24), smette di porre sé al centro della vita e non è più tentato di essere alienato all’avere, al possesso.
RispondiElimina(Enzo Bianchi)
La lucerna sarebbe il corpo; la lucerna per sé non fa luce, la lucerna deve essere accesa, se no è un semplice coccio e, normalmente, il nostro corpo è un coccio spento; se, invece, abbiamo messo l’olio, come le vergini prudenti, e quest’olio è acceso alla luce di Cristo, alla sapienza delle beatitudini, alla sapienza del Vangelo, ecco che noi davvero siamo luce come Dio è luce e la luce fa vedere la realtà, la fa vivere e la crea; se no siamo dei cocci da buttare via.
RispondiElimina(Silvano Fausti)
Siate simili a uomini in attesa del loro Signore, siamo uomini in attesa del Signore che torna dalle nozze. Le nozze sono la celebrazione delle nozze e poi c’è il matrimonio, la consumazione del matrimonio. Quindi la nostra vita è tutta una celebrazione delle nozze che attende il matrimonio, ma che viene già in questa vita; quando viene? Perché egli viene e bussa e subito apriamo a lui. Quand’è che viene? Io sono alla porta e busso, dice nell’Apocalisse, se uno mi apre io entrerò con lui e cenerò con lui, mangerò con lui, vivrò con lui. Proprio i termini eucaristici: il Signore c’è e bussa, se è accolto lui mangia con noi, vive con noi e allora siamo in comunione piena con lui ed è finita la celebrazione delle nozze e inizia davvero l’unione profonda con lui che fa di noi un’unica cosa con lui.
RispondiElimina(Silvano Fausti)
Io mi sento coccio da buttare via
RispondiEliminaNon sono ancora permeato da questa bramosia del condividere, del donarmi in modo totale.
Pongo sempre un limite, un basta.
Spero di provare questa gioia annunciata.
Amen
Chi non aspetta più nulla è morto. Siate vivi, esorta Gesù!
RispondiEliminaIl nostro sia un tempo di attesa.
L attesa è speranza... che le cose non vadano sempre così... che è possibile cambiarle... che è possibile cambiare... e che è possibile vedere in ogni cambiamento una Mano...
Questa Parola è bella. La paura del "perdere" va sconfitta e Gesù lo sa bene. Chi perderà la propria vita, la troverà. Penso infatti che la cosa più sciocca ed insensata che possiamo fare a noi stessi è vivere da morti, schiavi di ciò che possediamo. E bella è l'immagine finale dell'attesa che è ripagata aldilà di quelle che sarebbero le aspettative. Io servo non mi aspetterei mai di essere servito dal mio padrone. Non è normale, logico. E che paura allora si deve avere? Grazie per questo incoraggiamento a vivere, a fidarsi e a sperare.
RispondiEliminaMolto bello questo vangelo di Luca." Non temere piccolo gregge",questa frase mi sta a cuore particolarmente, tante volte si desidera ascoltare chi ti dice: non temere! Credere che il cammino se pur faticoso è sostenuto, voluto e incoraggiato da Gesù è davvero rincuorante.
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