Salmo del 2 agosto 2019


Apri la tua bocca
Salmo 81 (80)

"Al maestro del coro. Su "I torchi". Di Asaf.


2 Esultate in Dio, nostra forza,
acclamate il Dio di Giacobbe!
3 Intonate il canto e suonate il tamburello,
la cetra melodiosa con l’arpa.
4 Suonate il corno nel novilunio,
nel plenilunio, nostro giorno di festa.
5 Questo è un decreto per Israele,
un giudizio del Dio di Giacobbe,
6 una testimonianza data a Giuseppe,
quando usciva dal paese d’Egitto.
Un linguaggio mai inteso io sento:
7 "Ho liberato dal peso la sua spalla,
le sue mani hanno deposto la cesta.
8 Hai gridato a me nell’angoscia
e io ti ho liberato;
nascosto nei tuoni ti ho dato risposta,
ti ho messo alla prova alle acque di Merìba.
9 Ascolta, popolo mio:
contro di te voglio testimoniare.
Israele, se tu mi ascoltassi!
10 Non ci sia in mezzo a te un dio estraneo
e non prostrarti a un dio straniero.
11 Sono io il Signore, tuo Dio,
che ti ha fatto salire dal paese d’Egitto:
apri la tua bocca, la voglio riempire.
12 Ma il mio popolo
non ha ascoltato la mia voce,
Israele non mi ha obbedito:
13 l’ho abbandonato
alla durezza del suo cuore.
Seguano pure i loro progetti!
14 Se il mio popolo mi ascoltasse!
Se Israele camminasse per le mie vie!
15 Subito piegherei i suoi nemici
e contro i suoi avversari volgerei la mia mano;
16 quelli che odiano il Signore
gli sarebbero sottomessi
e la loro sorte sarebbe segnata per sempre.
17 Lo nutrirei con fiore di frumento,
lo sazierei con miele dalla roccia".


È una preghiera che medita sulla storia di Israele, rileggendola come insegnamento per i credenti di ogni tempo. Al suo centro la sordità e la resistenza del popolo alla Parola del suo Dio, il quale, da parte suo, si lamenta, sperando di ammorbidire il cuore e l'orecchio di Israele.

2 "Esultate in Dio, nostra forza,
acclamate il Dio di Giacobbe"!

Il clima è quello della festa, dell'esultanza. È un invito alla lode a colui che ha fatto di Giacobbe un primogenito erede della promessa e lo ha accompagnato in tutto il suo cammino. Qui Giacobbe, ribattezzato "Israele" nello Iaboc (cfr. Gen 32,29), è tutto il popolo di Dio erede del patriarca.
I canti accompagnavano tutti i cortei del re vittorioso e del culto nel Tempio.

4 "Suonate il corno nel novilunio,
nel plenilunio, nostro giorno di festa".
Il novilunio, rosh khòdesh in ebraico, è il primo giorno del mese ed è celebrato come un sabato nell'antica liturgia di Israele. È perciò una festa solenne, quella in cui si fa memoria dei prodigi che il Signore ha dispiegato davanti al popolo, anticipo e certezza di tutto quello che ha promesso e farà in futuro.
I versetti 5 e 6 sottolineano la forza di questa festa, comandata come un memoriale dell'uscita dall'Egitto. Il mese inizia nel nome del Liberatore e nel ricordo dei suoi benefici.

7 "Ho liberato dal peso la sua spalla,
le sue mani hanno deposto la cesta".

Come in una visione profetica, il salmista ascolta la voce del Signore che inizia a ricordare al suo popolo di averlo liberato dall'opprimente lavoro servile.

È venuto in soccorso liberandolo dai pesi imposti dalla schiavitù. Il Signore dà sollievo, rende finalmente libere la schiena e le mani dai pesi imposti da ogni aguzzino e da ogni male.

8 "Hai gridato a me nell’angoscia e io ti ho liberato;
nascosto nei tuoni ti ho dato risposta,
ti ho messo alla prova alle acque di Merìba".

Il grido del popolo non è stato vano, ha raggiunto un'orecchio amico e ha ricevuto risposta.
Il tuono nella Bibbia è spesso immagine di Dio che parla, come ad esempio ci ricorda il libro di Giobbe: "egli tuona con la sua voce maestosa: nulla può arrestare il lampo appena si ode la sua voce" (Gb 37, 4).
È una voce che non si può non udire e che dice anche l'universalità di questa parola.

E subito viene ricordato un episodio legato al luogo nel deserto: Merìba (che significa litigare) ricordata in Esodo 17,3 in cui, a causa della sete, il popolo si ribella.
Il luogo diventa il paradigma della messa alla prova di un cuore che il dolore e le privazioni hanno indurito.

9 "Ascolta, popolo mio: contro di te voglio testimoniare.
Israele, se tu mi ascoltassi!"

Quante volte risuona questo grido accorato nella Bibbia!
Il Signore supplica il suo popolo, ama così tanto che lo supplica ad ascoltare perché viva: un vero capovolgimento di ruoli!
Paolo nella seconda lettera ai Corìnzi, così scrive:
"In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Cor 5, 20). 
È un linguaggio non ovvio, e io ci vedo la riprova che il cristianesimo non è una religione (uomo rivolto verso un dio) ma l'evento dell'abbassamento del Signore fino a livello dell'umanità per salvarla.

I versetti 10 e 11 sono un invito a non cadere nell'idolatria, a non dimenticare chi è il liberatore d'Israele dall'Egitto.
E un commuovente invito: "apri la tua bocca, la voglio riempire", risuona a ricordare la tenera premura materna del Signore verso i suoi figli.

Per la Bibbia Dio si occupa di saziare l'uomo in tutte le sue dimensioni.
Riempie la bocca di nutrimento, di cibo e di parola, rendendo Israele capace di vivere e lodare.

12 "Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce,
Israele non mi ha obbedito".

Amara constatazione del Signore che sente la distanza che il popolo vuole mettere tra di loro! Obbedire per noi, alla luce del Vangelo, è accogliere la voce del pastore che porta fuori le pecore per trovare nutrimento e grande pascolo: il pastore chiama per nome, le pecore ascoltano la voce e lo seguono (cfr. Gv 3, 4-5).

13 "L’ho abbandonato alla durezza del suo cuore.
Seguano pure i loro progetti!"

Quante volte di fronte alla ribellione dei miei figli adolescenti e ottusamente incaponiti ho pensato questo! Solo pensato amaramente, mai attuato!
Quanto più il Padre nostro celeste! Non lo farebbe mai, non lascerebbe che i nostri progetti fallimentari ci portassero lontano dalla Vita.

14 "Se il mio popolo mi ascoltasse!
Se Israele camminasse per le mie vie"!

Che tenerezza mi fa questo versetto!
Dopo la rabbia, dopo il dolore per l'abbandono, il Signore sospira e desidera di nuovo l'attenzione dell'amato!
Mi domando: ma quanto ci ama il Signore? La Scrittura riecheggia scandalosamente di questo suo bisogno, della passione che ha verso i suoi figli!
Un Padre che parla così, che cosa ha in comune con il motore immobile di tanta travisata filosofia, o con un dio isolato nei cieli e impassibile di fronte alle vicende umane?!
Il Salmo afferma: "nascosto nei tuoni ti ho dato risposta" e non l'invio di fulmini/strali distruttivi di un Giove infuriato!

15 "Subito piegherei i suoi nemici
e contro i suoi avversari volgerei la mia mano".

Il Signore non attende altro che il momento per trarci dai nostri nemici: peccato, sofferenza, dolore, morte!
La sua mano potente si trattiene a stento dall'operare... Antropomorfismo si direbbe questo descrivere Dio con sentimenti quanto mai umani.
Io ci vedo la delicatezza e l'apprensione di un Padre che vorrebbe far camminare i figli verso la maturità e la responsabilità, ma teme per loro e si trattiene dall'intervenire per amore.

17 "Lo nutrirei con fiore di frumento,
lo sazierei con miele dalla roccia".

Il sostentamento del deserto, manna e acqua dalla roccia, è sostituito con cibo che solo un re si poteva permettere.
Il fior di frumento è il meglio della produzione di coltivatori residenti, segno del passaggio da schiavi in fuga nel deserto, a coloro che dimorano stabilmente in una terra avuta in dono dal Signore. Inoltre rimanda alla mensa eucaristica, cibo che sazia profondamente il nostro desiderio di amore.
Il miele di roccia era il miele più prelibato, ma anche difficile da raggiungere, perché creato dalle api selvatiche nelle fenditure delle rocce.
Quest'immagine ricorda il canto dell'amato nel Cantico dei Cantici:
"Mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave, il tuo viso è incantevole" (Ct 2, 14).


La fine del Salmo è quanto di più dolce ci si può aspettare: il Signore non sazia "la pancia", non dà un cibo a schiavi solo per sopravvivere.
Il nutrimento migliore, quello dei primogeniti alle nozze, i doni messianici, le delizie della terra promessa, questo il Signore provvederà per il cammino dei figli!

Commenti

  1. I vers.2-6 di questo Salmo sono una grande esaltazione delle feste. La festa non è evasione dalla realtà, o sogno, o mito, ma sono l’immagine e la piena rivelazione della salvezza donata da Dio al suo popolo. In questo senso non sono un semplice ornamento o un’occasione volontaria. Al contrario, sono “un decreto per Israele, un giudizio del Dio di Giacobbe”. La festa porta ciascuno e tutti “dentro” gli eventi che vengono ricordati e celebrati.
    (Giovanni Nicolini)

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  2. Come sempre nella storia della salvezza, l’ultima parola nel contrasto tra Dio e il popolo peccatore non è mai il giudizio e il castigo, ma l’amore e il perdono. Dio non desidera giudicare e condannare, ma salvare e liberare l’umanità dal male. Egli continua a ripeterci le parole che leggiamo nel libro del profeta Ezechiele: "Forse che io ho piacere della morte del malvagio o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?… Perché volete morire, o Israeliti? Io non godo della morte di chi muore. Parola del Signore Dio. Convertitevi e vivrete" (Ez 18, 23.31-32).

    La liturgia diventa il luogo privilegiato in cui ascoltare l’appello divino alla conversione e ritornare all’abbraccio del Dio "misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà" (Es 34, 6).
    (Giovanni Paolo II)

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  3. La seconda parte del Salmo, i vers.9-17, sono una grande ammonizione, che inizia con “Ascolta, popolo mio..”. Al ver.10 si afferma solennemente che le feste della fede sono il grande antidoto contro l’idolatria, cioè contro il pericolo gravissimo e incombente di lasciarsi sedurre e conquistare da altri eventi e quindi da altre “feste” che celebrano le logiche, le violenze e gli orrori del mondo, con la divinizzazione dei suoi poteri e l’asservimento a miti e a ideologie false e ingannevoli. “Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce…l’ho abbandonato alla durezza del suo cuore. Seguano pure i loro progetti”: solo la fedeltà e agli eventi divini della salvezza può custodire nella verità e nella pace. Dobbiamo essere più attenti e più con severi con noi stessi: il pericolo di collegarsi ad altri riferimenti e interpretazioni della vita è sempre in agguato.
    (Giovanni Nicolini)

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  4. "Noi abbiamo conosciuto e creduto all amore che Dio ha per noi... egli ci ha amati per primo! (1gv4,16-19).signore Dio dei nostri padri che incessantemente rinnovi i prodigi del tuo amore verso un popolo che non ti dà ascolto: aiutaci a fare il vuoto del nostro io presuntuoso, perché tu possa riempirci e saziarci di te.

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  5. Idolatria è sempre in agguato
    Nel mio quotidiano devo veramente VIGILARE per non cadere....
    La memoria mi aiuta
    Ma è il cuore aperto veramente a questa nuova ventata di qualità, appartenenza a Cristo, che non è una semplice religione, ma seguire chi mi ADORA
    Non il contrario!!!!
    Quindi desto nel non ricadere nell' errore, nella mondanità... TENENDO lo sguardo fisso non su cose che passano.

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  6. Il grido del popolo non è stato vano, ha raggiunto un'orecchio amico e ha ricevuto risposta....questa frase è " rasserenante! Signore ti rendo grazie per l'aiuto continuo che ci dai, i tuoi orecchi attenti, i tuoi occhi vigili e le tue mani protratte verso l'umanità che abbracciano, confortano e indicano la via, sono la nostra salvezza.

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  7. "nascosto nei tuoni ti ho dato risposta"

    Mi colpisce questa frase... chi lo ascolta un tuono? Anzi.. ci si otturano le orecchie per il rumore assordante... e così ci si turano le orecchie quando il Signore parla in un' esperienza "forte" che si preferisce non ascoltare, non cogliere.... e mi perdo dietro voci che non vengono da te...

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