Prima lettura del 14 dicembre 2019
La sua parola bruciava come fiaccola
Sir 48,1-4. 9-11
"In quei giorni, sorse Elìa profeta, come un fuoco;
la sua parola bruciava come fiaccola.
Egli fece venire su di loro la carestia
e con zelo li ridusse a pochi.
Per la parola del Signore chiuse il cielo
e così fece scendere per tre volte il fuoco.
Come ti rendesti glorioso, Elìa, con i tuoi prodigi!
E chi può vantarsi di esserti uguale?
Tu sei stato assunto in un turbine di fuoco,
su un carro di cavalli di fuoco;
tu sei stato designato a rimproverare i tempi futuri,
per placare l’ira prima che divampi,
per ricondurre il cuore del padre verso il figlio
e ristabilire le tribù di Giacobbe.
Beati coloro che ti hanno visto
e si sono addormentati nell’amore".
Dopo Mosè, Elia è il profeta più venerato da Israele.
Nel grande scontro tra il paganesimo, introdotto dal re che sposa una donna di un altro popolo, e il monoteismo del popolo nato nell'esodo, il profeta si erge da solo davanti ad un potere che vuole fagocitare l'identità di un popolo e distruggere la sua fede.
Il libro del Siracide ne traccia un elogio epico sottolineando le caratteristiche più forti dal punto di vista della fede.
Con un cantico poetico ripercorre gli episodi più importanti del suo profetizzare contro corrente e mostra come la profezia sia necessaria per "rimproverare i tempi futuri" e continuare il suo annuncio del vero Pastore dell'umanità.
"In quei giorni".
Sono i giorni terribili in cui Gezabele, regina pagana, regna in nome del re Acab, suo marito, reuccio debole e senza capacità di comando.
Elia si oppone a viso aperto ai loro soprusi divenendo così il nemico numero uno della regina. Incomincia per lui la fuga per evitare la morte.
"Sorse Elìa profeta, come un fuoco".
Come un sole, che buca la coltre spessa della notte, sorge il profeta. Già dalle prime parole si capisce la stima per questo grande uomo di fede.
Il fuoco è sempre associato alla figura di Elia, sia per la sua forza simbolica che proviene da Dio, sia per la sua assunzione al cielo su un misterioso carro di fuoco.
Il profeta è un uomo di fuoco, che arde di fede e di amore esclusivo per il Dio vivente.
"La sua parola bruciava come fiaccola".
Ecco la forza di ogni profeta!
In un tempo di oscurità, quando il re pastore, che dovrebbe condurre il popolo incontro al suo Dio invece lo trascina verso un idolo fenicio, la parola e la fede indomabile di Elia sono un segno luminoso del Signore che non abbandona mai il suo popolo.
"Egli fece venire su di loro la carestia
e con zelo li ridusse a pochi.
Per la parola del Signore chiuse il cielo
e così fece scendere per tre volte il fuoco".
Una carestia e un sacrificio con un fuoco sceso dal cielo, mostrano che la terra, il cielo e il popolo sono nelle mani del Dio vivente. La parola del profeta manifesta il potere di Dio su vita e morte, su carestia e abbondanza, su siccità e pioggia feconda.
Contro un potere che pensava di avere tutto nelle sue mani, il fuoco che divampa sui sacerdoti pagani mostra il vero culto e la carestia, preannunciata dal profeta, si abbatterà su Israele e sulle terre vicine, fino a che Elia stesso non ne annuncerà la fine.
"Come ti rendesti glorioso, Elìa, con i tuoi prodigi!"
Il profeta è cantato come un eroe prodigioso. Le sue gesta narrate di generazione in generazione sono una testimonianza della forza della fede in un tempo di grande tribolazione per un popolo che subisce le angherie di una regina assetata di potere.
E' l'uomo di fede che resiste alle lusinghe del potere e alle avversità della natura senza piegarsi, sempre in cammino col Signore che lo sospinge.
"Tu sei stato assunto in un turbine di fuoco,
su un carro di cavalli di fuoco".
È la scena da colossal che conclude, nei libri dei Re, la storia di Elia. Sotto gli occhi del suo discepolo Eliseo, il grande profeta viene portato in cielo da un carro divino (cfr. 2Re 2,11-12), dove rimane nascosto perché "designato a rimproverare i tempi futuri".
La profezia di Elia non sì è estinta al tempo di Acab e Gezabele, né ha perso al sua importanza: tornerà per essere ancora sostegno per i credenti in tempi di crisi.
La tradizione di Israele non ha smesso di attendere Elia perché annunciatore del Messia.
Giovanni Battista è indicato da Gesù come il profeta ritornato ad annunciare la sua missione messianica (cfr. Mt 17,10-13).
"Per ricondurre il cuore del padre verso il figlio".
Nel vangelo di Luca, l'angelo Gabriele dice a Zaccaria queste parole parlando del figlio che stava per avere dalla moglie Elisabetta, anziana e sterile:
"Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto" (Lc 1,17).
Luca mostra come nella nascita prodigiosa da due genitori anziani, si realizzino le parole del Siracide; vede in Giovanni Battista lo stesso fuoco di Elia.
La profezia e la fede dei padri viene trasmessa ai figli che hanno finalmente la gioia di vedere, toccare, ascoltare il Messia atteso da millenni.
La vicenda del grande profeta Elia prima e quella di Giovanni Battista poi, fanno convogliare tutta la fede di un popolo verso Gesù e il mistero di salvezza voluta dal Padre.
"Beati coloro che ti hanno visto
e si sono addormentati nell’amore".
Il Siracide ripercorre la vita di Elia e ce ne fa partecipi affinché attingiamo alla beatitudine che l'ascolto realizza.
Il fuoco che spingeva Elia ad annunciare, nonostante la condanna a morte che pendeva sulla sua testa, è ancora necessario nelle nostre vite e nei nostri tempi perché ci venga donata la fede dei padri e per preparare il nostro cuore ad essere culla accogliente del Signore, che, nel nascondimento, ogni giorno ci raggiunge.
Una carestia e un sacrificio con un fuoco sceso dal cielo, mostrano che la terra, il cielo e il popolo sono nelle mani del Dio vivente. La parola del profeta manifesta il potere di Dio su vita e morte, su carestia e abbondanza, su siccità e pioggia feconda.
Contro un potere che pensava di avere tutto nelle sue mani, il fuoco che divampa sui sacerdoti pagani mostra il vero culto e la carestia, preannunciata dal profeta, si abbatterà su Israele e sulle terre vicine, fino a che Elia stesso non ne annuncerà la fine.
"Come ti rendesti glorioso, Elìa, con i tuoi prodigi!"
Il profeta è cantato come un eroe prodigioso. Le sue gesta narrate di generazione in generazione sono una testimonianza della forza della fede in un tempo di grande tribolazione per un popolo che subisce le angherie di una regina assetata di potere.
E' l'uomo di fede che resiste alle lusinghe del potere e alle avversità della natura senza piegarsi, sempre in cammino col Signore che lo sospinge.
"Tu sei stato assunto in un turbine di fuoco,
su un carro di cavalli di fuoco".
È la scena da colossal che conclude, nei libri dei Re, la storia di Elia. Sotto gli occhi del suo discepolo Eliseo, il grande profeta viene portato in cielo da un carro divino (cfr. 2Re 2,11-12), dove rimane nascosto perché "designato a rimproverare i tempi futuri".
La profezia di Elia non sì è estinta al tempo di Acab e Gezabele, né ha perso al sua importanza: tornerà per essere ancora sostegno per i credenti in tempi di crisi.
La tradizione di Israele non ha smesso di attendere Elia perché annunciatore del Messia.
Giovanni Battista è indicato da Gesù come il profeta ritornato ad annunciare la sua missione messianica (cfr. Mt 17,10-13).
"Per ricondurre il cuore del padre verso il figlio".
Nel vangelo di Luca, l'angelo Gabriele dice a Zaccaria queste parole parlando del figlio che stava per avere dalla moglie Elisabetta, anziana e sterile:
"Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto" (Lc 1,17).
Luca mostra come nella nascita prodigiosa da due genitori anziani, si realizzino le parole del Siracide; vede in Giovanni Battista lo stesso fuoco di Elia.
La profezia e la fede dei padri viene trasmessa ai figli che hanno finalmente la gioia di vedere, toccare, ascoltare il Messia atteso da millenni.
La vicenda del grande profeta Elia prima e quella di Giovanni Battista poi, fanno convogliare tutta la fede di un popolo verso Gesù e il mistero di salvezza voluta dal Padre.
"Beati coloro che ti hanno visto
e si sono addormentati nell’amore".
Il Siracide ripercorre la vita di Elia e ce ne fa partecipi affinché attingiamo alla beatitudine che l'ascolto realizza.
Il fuoco che spingeva Elia ad annunciare, nonostante la condanna a morte che pendeva sulla sua testa, è ancora necessario nelle nostre vite e nei nostri tempi perché ci venga donata la fede dei padri e per preparare il nostro cuore ad essere culla accogliente del Signore, che, nel nascondimento, ogni giorno ci raggiunge.
1L'autore del libro del Siracide sta parlando di Elia, il grande profeta che, comprendendo per quali sentieri sdrucciolosi si stia incamminando Israele, ha il coraggio di levare la voce, anche se questo gli costerà caro.
RispondiEliminaPortavoce autentico di Dio, egli richiama, scuote, condanna con una parola infuocata di ardore per Dio, ma anche per il suo popolo. No, Elia non è uno sradicato dalla storia: pienamente inserito nella società del suo tempo, ne vive con pena le contraddizioni, soffre per l'accecamento dei suoi connazionali, si batte per il loro riscatto.
L'autentico zelo per il Signore non può mai essere scisso da un effettivo interesse per il bene comune.
(Casa di preghiera s. Biagio)
La sintesi mirabile che Siracide propone per Elia sembra voler evidenziare il suo rapporto profondo con la fine e la pienezza dei tempi: l’evento messianico!
RispondiEliminaMi sembra di cogliere l’assoluta prossimità tra la profezia e l’evento stesso!
Questo a partire dall’immagine del fuoco che esprime la parola profetica: “La sua parola bruciava come fiaccola” (ver.1). E ancora, di questo fuoco: “ … e così fece scendere per tre volte il fuoco” (ver.3).
Tale mi sembra anche il duplice evento della risurrezione dalla morte per quel figlio della vedova (1Re17), al ver.5, e della condanna del re iniquo al ver.6!
Mi sembra di cogliere questa impronta apocalittica nel ricordo dell’Oreb (1Re19) come fonte e pienezza dell’elezione divina con il dono della Parola (ver.7).
Tutta questa potenza profetica e apocalittica ha il suo esito finale e supremo al ver.9: “Tu sei stato assunto in un turbine di fuoco, su un carro di cavalli di fuoco”.
(Giovanni Nicolini)
La conclusione è una boccata di speranza:
RispondiElimina«Beati coloro che ti hanno visto e si sono addormentati nell’amo-
re» (48,11). Per potersi beatamente addormentare nell’amore è
necessario vegliare amorosamente in una carità capace non solo
di offrire, ma persino di soffrire le conseguenze dell’amore. Se
talvolta ci sentiamo stanchi, se abbiamo un po’ paura di non far-
cela a perseverare fino alla fine, possiamo volgere lo sguardo ai
profeti e imparare da loro che ci sta venendo incontro il riposo e
la consolazione di dormire nell’amore. L’amore, in realtà, proprio
quando è massimamente dinamico, riposa affaticandosi nel dono.
(www.dehoniane.it)