Prima lettura del 16 dicembre 2019

Gli è tolto il velo dagli occhi
Nm 24, 2-7.15-17

"In quei giorni, Balaam alzò gli occhi e vide Israele accampato, tribù per tribù.
Allora lo spirito di Dio fu sopra di lui. Egli pronunciò il suo poema e disse:
«Oracolo di Balaam, figlio di Beor,
e oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante;
oracolo di chi ode le parole di Dio,
di chi vede la visione dell’Onnipotente,
cade e gli è tolto il velo dagli occhi.
Come sono belle le tue tende, Giacobbe,
le tue dimore, Israele!
Si estendono come vallate,
come giardini lungo un fiume,
come àloe, che il Signore ha piantato,
come cedri lungo le acque.
Fluiranno acque dalle sue secchie
e il suo seme come acque copiose.
Il suo re sarà più grande di Agag
e il suo regno sarà esaltato».
Egli pronunciò il suo poema e disse:
«Oracolo di Balaam, figlio di Beor,
oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante,
oracolo di chi ode le parole di Dio
e conosce la scienza dell’Altissimo,
di chi vede la visione dell’Onnipotente,
cade e gli è tolto il velo dagli occhi.
Io lo vedo, ma non ora,
io lo contemplo, ma non da vicino:
una stella spunta da Giacobbe
e uno scettro sorge da Israele»".

Necessario riassumere l'antefatto per cogliere la grandiosità della profezia di Balaam, fatta suo malgrado, fatta contro chi gli aveva commissionato una maledizione (cfr. Ne 22, 1-21).
Dal cap. 22 al 24 che la liturgia ci propone oggi, la storia è avvincente.
Israele è in guerra con il popolo di Moab; i moabiti, guidati dal re Balak, non riescono a vincere e hanno paura di questo popolo uscito dall'Egitto che si sta moltiplicando velocemente.
Il re, sicuro delle capacità infallibili di Balaam, mago pagano, lo manda a chiamare promettendo ricchezze, affinché maledica Israele così da indebolirlo e batterlo.
Può una maledizione di un mago annullare la benedizione fatta ad Abramo? Basta un mago a sconfiggere il popolo erede di quella terra?
Lui stesso dice : "Come maledirò quel che Dio non ha maledetto? Come minaccerò quel che il Signore non ha minacciato?" (Nr 23,8).
Iniziano i guai per quest'uomo che deve obbedire al re, ma che comunque parla col Dio di Israele.

"Balaam alzò gli occhi e vide Israele accampato, tribù per tribù"
Il mago parte, e dopo un viaggio travagliato si presenta davanti al re che lo costringe più volte a maledire Israele. Lo fa salire su un'altura e di fronte a lui c'è il popolo accampato in modo ordinato, "tranquillamente" nonostante la guerra in corso.
Alza gli occhi e "vede" Israele! Non più ripiegato sui suoi problemi, Balaam alza lo sguardo e lo punta nella direzione che il Signore mostra.
È il momento in cui gli cadono i paraocchi, in cui vede chiaramente chi sia il popolo di Dio.
È una visione non di un accampamento, ma di un'identità e una dignità che gli si disvela.
Non solo Dio gli mette in bocca le parole da dire, ma gli dà i suoi occhi e quel popolo, che per lui era estraneo, gli si mostra adesso una lode vivente a Dio.

"Allora lo spirito di Dio fu sopra di lui".
Il mago, ricoperto dallo Spirito di Dio, come tutti i grandi in Israele, diventa un profeta, bocca del Dio dei padri e a lui obbedisce.

Non riesce proprio più a utilizzare gli artifici umani della magia ma diventa docile alla guida dello Spirito.
Lo stratagemma del re di Moab è reso vano e si rivolta addirittura contro la sua decisione di debellare Israele.

"Egli pronunciò il suo poema".
È un cantico che ora esce dalle sue labbra, con la grazia di una parola nuova, non una turpe maledizione evocatrice di catastrofi e sconfitte.
Un pagano diventa il cantore di Dio e delle sue opere, che si sono incarnate in un popolo prima schiavo e poi portato alla libertà.

"Oracolo di Balaam, figlio di Beor,
e oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante".

Ecco un primo dono dello Spirito: l'occhio penetrante, capace cioè di vedere oltre le apparenze per cogliere il mistero e la forza dell'opera di Dio nella storia.

"Oracolo di chi ode le parole di Dio".
Altro dono profetico: l'ascolto. È ciò che caratterizza i profeti del Dio di Israele, uomini dall'orecchio aperto che parlano perché ascoltano. Quest'uomo, lontano dalla fede dei padri, è però docile allo Spirito. Bell'esempio di profezia nel libro dei Numeri, uno dei cinque libri della Torah, che investe anche altri popoli e altre religioni.

"Come sono belle le tue tende, Giacobbe,
le tue dimore, Israele!"

Non vede nemici in guerra ma la bellezza di un popolo in mezzo al quale Dio ha posto la sua dimora.
Sembra proprio che non guardi un accampamento militare ma una magnifica residenza regale.
Nell'Esodo la caratteristica di questo nuovo Dio che piano piano si fa conoscere da schiavi spaventati, è il dimorare con loro, avere una tenda in mezzo all'accampamento, segno della presenza duratura e confortante.

"Si estendono come vallate,
come giardini lungo un fiume,
come àloe, che il Signore ha piantato,
come cedri lungo le acque.
Fluiranno acque dalle sue secchie
e il suo seme come acque copiose.
Il suo re sarà più grande di Agag
e il suo regno sarà esaltato".

La poesia ha ormai preso il dominio di quest'uomo, che invece di vomitare il veleno della maledizione diventa cantore incantato della meraviglia che "vede".
Annuncia ai moabiti interdetti che si aspettano tutt'altre parole, la meraviglia di una fecondità che ricorda il Salmo 1 o il canto d'amore del Cantico dei Cantici.
L'avvento dello Spirito fa emergere la luce nascosta in ogni cosa e il mondo si ammanta di una bellezza nuova.

Balaam continua il suo cantico con una profondità da veggente illuminato:
"Io lo vedo, ma non ora,
io lo contemplo, ma non da vicino:
una stella spunta da Giacobbe
e uno scettro sorge da Israele".

La profezia ora supera il momento e il profeta stesso. È annunciato lo spuntare di una stella e di uno scettro, cioè di un re futuro che nasce nel cuore stesso del popolo di Dio.
Questa meravigliosa pagina del libro dei Numeri contiene una delle più antiche profezie del Messia che deve venire, figlio d'Israele.
Quel popolo che ora vince Moab è destinato a portare al mondo il Re della pace, che l'umanità attende con nomi e profezie diverse.
L'attesa è la stessa per ogni cuore che ha occhi per vedere e sperare, perché unico desiderio che accomuna tutti è la liberazione e la salvezza.

La Parola svela che il nostro cuore cova propositi guerreschi ma lo Spirito trasforma le spade in strumenti di lavoro; così un truce nemico diventa un ammirato artista, cantore delle opere meravigliose di Dio.

Su Israele ignaro tramano i nemici, ma la Parola del Signore ha la meglio su ogni progetto di morte.
Balaam viene guarito dall'uso della profezia, dal manipolare le parole.
Il termine greco "alétheia" può essere tradotto come "Verità" e significa letteralmente “non essere nascosto” ed è l'immagine di togliere un velo che copre le cose.
A Balaam "gli è tolto il velo dagli occhi" come una cataratta caduta e ora finalmente vede.
E' veramente solo un'opera di Dio la lode che esce dalle labbra! Chiediamo lo stesso dono, riconoscendoci ciechi e bisognosi di visione profetica.
Il nostro modo funesto di vedere la realtà e il futuro si trasformi nella visione del Signore che ha davanti a sé figli e desidera sospingerli a scoprire la propria dignità.

Commenti

  1. La prima lettura odierna, tratta dal libro dei Numeri, ci presenta l'oracolo di Balaam, un indovino pagano invitato dal re di Moab, Balak, a maledire Israele. Il mago, invece di maledire, viene ispirato da Dio a benedire, nella contemplazione estatica dell'accampamento israelitico. Esso descrive in versi poetici la bellezza e la prodigiosa fecondità di Israele, e anche la sua gloria come vincitore dei nemici, attraverso la figura-tipo di un re discendente da una stirpe regale. La stella evocata nell'ultimo verso diviene il simbolo di questo misterioso personaggio, interpretato poi come discendente dalla casa di Davide.
    L'oracolo di Balaam rimane il testo biblico più antico, che ha orientato l'attesa messianica del popolo eletto.
    (Casa di preghiera s. Biagio)

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  2. «Io lo vedo, ma non ora,io lo contemplo, ma non da vicino:una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele» (cfr. Nm 24,17-18). La stella che Balaam vede spuntare da Giacobbe, fa riferimento a Davide che diverrà re d'Israele, sottomettendo i popoli di Moab e di Edom.

    Nel Nuovo Testamento, gli evangelisti Luca e Matteo, comprendono che quella stella riguarda Gesù, il vero Messia, re di pace. Luca afferma che «Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,32). L'evangelista Matteo associa la stella che guida i magi alla regalità di Gesù. La stella guidò i magi dall'Oriente verso Gerusalemme per adorare il re dei Giudei. Al re Erode dicono: «Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» (Mt 2,2-11). Quando Erode li invia verso Betlemme ecco che «La stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima». La stella che guida a Gesù è Gesù stesso.
    (Filippa Castronovo)

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  3. Nell'Apocalisse Gesù risorto si autodefinisce stella, ma con la qualità nuova della risurrezione: «Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino» (Ap 22,16). Gesù, discendente di Davide, vero re, è la stella radiosa del mattino, la più brillante che precede l'alba del giorno di Dio. Come la prima stella del firmamento accende la luce del giorno così Gesù, con la sua risurrezione, ha acceso già il giorno che non avrà mai fine.
    (Filippa Castronovo)

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  4. Balsamo ingaggiato per maledire Israele, è talmente ammirato dalla bellezza dell' accampamento da trasformare la maledizione in un "poema". Anche noi siamo invitati a uscire dalla paura per osare l

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  5. Per osare la libertà della poesia che si fa docile alla meraviglia accettando non solo di vedere, ma anche di cambiare il modo di vedere.lasciamo emergere il piccolo poeta che portiamo dentro di noi.

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