Prima lettura del 24 marzo 2021
Un vento pieno di rugiada
Dn 3, 14-20.46-50.91-92.95
"In quei giorni il re Nabucodònosor disse: «È vero, Sadrac, Mesac e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d’oro che io ho fatto erigere? Ora se voi, quando udrete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell’arpa, del salterio, della zampogna e di ogni specie di strumenti musicali, sarete pronti a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatto, bene; altrimenti, in quel medesimo istante, sarete gettati in mezzo a una fornace di fuoco ardente. Quale dio vi potrà liberare dalla mia mano?».
Ma Sadrac, Mesac e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: «Noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito; sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace di fuoco ardente e dalla tua mano, o re. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto».
Allora Nabucodònosor fu pieno d’ira e il suo aspetto si alterò nei confronti di Sadrac, Mesac e Abdènego, e ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito. Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadrac, Mesac e Abdènego e gettarli nella fornace di fuoco ardente.
I servi del re, che li avevano gettati dentro, non cessarono di aumentare il fuoco nella fornace, con bitume, stoppa, pece e sarmenti. La fiamma si alzava quarantanove cùbiti sopra la fornace e uscendo bruciò quei Caldèi che si trovavano vicino alla fornace. Ma l’angelo del Signore, che era sceso con Azarìa e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco della fornace e rese l’interno della fornace come se vi soffiasse dentro un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia.
Allora il re Nabucodònosor rimase stupito e alzatosi in fretta si rivolse ai suoi ministri: «Non abbiamo noi gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?». «Certo, o re», risposero. Egli soggiunse: «Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell’aspetto a un figlio di dèi».
Nabucodònosor prese a dire: «Benedetto il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio all’infuori del loro Dio»."
Fino a che punto la nostra fede regge gli urti della vita? La nostra capacità di affrontare una sofferenza o una contrarietà fin dove arriva? Tre giovani pur di rimanere fedeli al loro Dio affrontano ogni genere di privazione.
"In quei giorni il re Nabucodònosor disse: «È vero, Sadrac, Mesac e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d’oro che io ho fatto erigere?"
Tre giovani ebrei deportati a Babilonia si rifiutano di peccare di idolatria e disobbediscono all'ordine del più potente del tempo che pure aveva preso i giovani a servizio della sua corte. Le legge ebraica vietava nel modo più assoluto statue ed immagini da venerare. Il re pagano non sopporta questi deportati che non fanno un atto di adorazione al suo potere.
"Ora se voi, quando udrete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell’arpa, del salterio, della zampogna e di ogni specie di strumenti musicali, sarete pronti a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatto, bene; altrimenti, in quel medesimo istante, sarete gettati in mezzo a una fornace di fuoco ardente".
All'incedere della musica, doveva corrispondere l'innalzamento della gloria del re e l'inchino dei sudditi nel riconoscerla.
Quel momento doveva dimostrare a tutti la sua potenza; per questo il re annuncia un ultimatum molto minaccioso: se loro si rifiutano di adorare l'idolo che lo rappresenta, pagheranno con la vita.
"Quale dio vi potrà liberare dalla mia mano?"
Ecco la sfida: il loro Dio verrà a salvarli? Il re si ritiene più potente di qualunque altro potere, fosse anche divino. Questi giovani sono nelle sue mani, è lui che decide della loro vita e della loro morte.
"Il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace di fuoco ardente e dalla tua mano, o re. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto".
La determinazione dei tre ragazzi è proprio quella che il re vorrebbe piegare, ma la loro risposta di grande fede e di grande fiducia, accende ancora di più la sua ira.
La risposta lascia stupefatti tutti quelli che ascoltano: la fede nel Dio liberatore è così ferma che, anche se non li liberasse, rimarrebbe l'unico loro Dio e non si piegherebbero a riconoscerne un altro!
"Ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito. Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadrac, Mesac e Abdènego e gettarli nella fornace di fuoco ardente".
Il terribile re, leone di Babilonia, non può accettare una simile ribellione e dà seguito alla sua minaccia con ancora più crudeltà.
Il racconto sottolinea che il forte è lui; li ha in suo potere e ordina una morte atroce nel rogo della fornace.
"I servi del re, che li avevano gettati dentro, non cessarono di aumentare il fuoco nella fornace, con bitume, stoppa, pece e sarmenti. La fiamma si alzava quarantanove cùbiti sopra la fornace e uscendo bruciò quei Caldèi che si trovavano vicino alla fornace".
Quel momento doveva dimostrare a tutti la sua potenza; per questo il re annuncia un ultimatum molto minaccioso: se loro si rifiutano di adorare l'idolo che lo rappresenta, pagheranno con la vita.
"Quale dio vi potrà liberare dalla mia mano?"
Ecco la sfida: il loro Dio verrà a salvarli? Il re si ritiene più potente di qualunque altro potere, fosse anche divino. Questi giovani sono nelle sue mani, è lui che decide della loro vita e della loro morte.
"Il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace di fuoco ardente e dalla tua mano, o re. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto".
La determinazione dei tre ragazzi è proprio quella che il re vorrebbe piegare, ma la loro risposta di grande fede e di grande fiducia, accende ancora di più la sua ira.
La risposta lascia stupefatti tutti quelli che ascoltano: la fede nel Dio liberatore è così ferma che, anche se non li liberasse, rimarrebbe l'unico loro Dio e non si piegherebbero a riconoscerne un altro!
"Ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito. Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadrac, Mesac e Abdènego e gettarli nella fornace di fuoco ardente".
Il terribile re, leone di Babilonia, non può accettare una simile ribellione e dà seguito alla sua minaccia con ancora più crudeltà.
Il racconto sottolinea che il forte è lui; li ha in suo potere e ordina una morte atroce nel rogo della fornace.
"I servi del re, che li avevano gettati dentro, non cessarono di aumentare il fuoco nella fornace, con bitume, stoppa, pece e sarmenti. La fiamma si alzava quarantanove cùbiti sopra la fornace e uscendo bruciò quei Caldèi che si trovavano vicino alla fornace".
Il primo segno che il potere sta sfuggendo di mano al re si manifesta presto: i Caldei, accusatori dell'infedeltà regale dei tre giovani (cfr. Dn 3, 8-12), finiscono bruciati dalle fiamme che avevano alimentato con le loro parole di accusa.
La fornace non è più il mezzo di distruzione comandato dal re, ma il segno che il più forte è colui che sfugge ai loro comandi, il Dio vero che soccorre e assiste i suoi fedeli.
"L’angelo del Signore, che era sceso con Azarìa e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco della fornace e rese l’interno della fornace come se vi soffiasse dentro un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia".
Colpo di scena: le fiamme sono vere e pericolose, tanto da ardere al di fuori della fornace i detrattori degli ebrei, ma incredibilmente dentro la fornace non fanno alcun male ai giovani, protetti da un messaggero di Dio che tiene lontano il pericolo.
L'immagine del vento fresco che li avvolge come la rugiada in primavera richiama lo Spirito di Dio nell'annuncio di Osea:
"Sarò come rugiada per Israele" (Os 14, 6)
o nella profezia dei tempi messianici in Zaccaria:
"La terra darà i suoi prodotti, i cieli daranno la rugiada" (Zc 8, 12).
L'epilogo della storia dice che anche il re, davanti ad un tale prodigio sente incrinarsi la sua onnipotenza. Egli stesso vede: "quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell’aspetto a un figlio di dèi".
La fornace non è più il mezzo di distruzione comandato dal re, ma il segno che il più forte è colui che sfugge ai loro comandi, il Dio vero che soccorre e assiste i suoi fedeli.
"L’angelo del Signore, che era sceso con Azarìa e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco della fornace e rese l’interno della fornace come se vi soffiasse dentro un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia".
Colpo di scena: le fiamme sono vere e pericolose, tanto da ardere al di fuori della fornace i detrattori degli ebrei, ma incredibilmente dentro la fornace non fanno alcun male ai giovani, protetti da un messaggero di Dio che tiene lontano il pericolo.
L'immagine del vento fresco che li avvolge come la rugiada in primavera richiama lo Spirito di Dio nell'annuncio di Osea:
"Sarò come rugiada per Israele" (Os 14, 6)
o nella profezia dei tempi messianici in Zaccaria:
"La terra darà i suoi prodotti, i cieli daranno la rugiada" (Zc 8, 12).
L'epilogo della storia dice che anche il re, davanti ad un tale prodigio sente incrinarsi la sua onnipotenza. Egli stesso vede: "quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell’aspetto a un figlio di dèi".
Il suo cuore si deve arrendere al nuovo potere che irrompe nel regno; le sue parole passano dalla minaccia alla lode:
"Benedetto il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio all’infuori del loro Dio".
"Benedetto il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio all’infuori del loro Dio".
Adesso Nabucodonosor parla del re in terza persona: ogni re, ci vuol dire il racconto, vede franare le sue pretese di potere di fronte all'unico Dio. Nessun idolo può competere con le opere concrete e salvifiche di un Padre che non abbandona nella morte i suoi figli.
Concludo con l'evocazione della rugiada che colpisce in questo racconto cruento.
Lo Spirito soffia dove vuole (cfr. Gv 3, 8); la sua presenza soffusa, plana fecondando tutta la creazione e traendola dall'abisso (cfr. Gn 1, 1).
La rugiada è una delle sottolineature che la seconda preghiera eucaristica del nuovo messale ci regala proprio sull'invocazione dello Spirito (epiclesi) al momento della presentazione del pane e del vino:
"Santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito".
Le gocce di rugiada nascono come dono del Signore (cfr. Gb 38, 28), la rugiada dissetava i profughi ebrei nel deserto, il Messia è la rugiada del Padre, generata nel seno della terra (cfr. Sal 110, 3).
"Santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito".
Le gocce di rugiada nascono come dono del Signore (cfr. Gb 38, 28), la rugiada dissetava i profughi ebrei nel deserto, il Messia è la rugiada del Padre, generata nel seno della terra (cfr. Sal 110, 3).
Davanti alla mano oppressiva e mortale dei potenti, la rugiada di Dio si impone come dolcezza protettiva e vita risorta.
Soffermiamoci a contemplare e lodare il Signore, rugiada della nostra vita, vento fresco che ci strappa dall'arsura e dalla sofferenza, donandoci la delicata certezza del suo amore.
RispondiElimina"Quale dio vi potrà liberare dalla mia mano?". È la domanda di un potente di questo mondo e tre giovani inermi, ma che hanno Dio per Padre. Rispondo con loro: mi libererà un Dio innamorato di me! Mi libererà un Dio che non ha paura di perdersi pur di ritrovarmi. Il mio liberatore è il Dio che ama sino alla fine e non si da pace finché non sono al sicuro con lui. Mi libererà il Dio che scende sino nel profondo, della morte e della mia vita, e risale solo dopo aver afferrato saldamente la mia mano. Non si darà pace, non si darà riposo senza di me.
È il Dio di Abramo, il Dio di Gesù, il Dio padre di tutti, amante della vita e che già fin da ora mi chiede di chiamarlo Padre.
Che anche io come i tre giovani davanti alla domanda posta dal re non dia una risposta positiva o negativa, ma che la mia vita sia una dichiarazione di disponibilità assoluta a essere fedele alla verità percepita e coltivata nell intimo del mio cuore. Senza paura del prezzo che c è da pagare.
RispondiElimina"L’angelo del Signore...
RispondiEliminaSii presente oggi in questa situazione che vivo,e mi possa liberare dalle insidie del mio ...nemico...
Aiutami sempre a fare discernimento,perchè sei TU il mio amico di sempre
Amen
Benedetto sei Tu Padre
RispondiEliminache mi liberi e mi preservi da ogni male
"Quale dio vi potrà liberare dalla mia mano?"
RispondiEliminaSignore mio Dio solo tu mi liberi dal fuoco delle paure, delle chiusure, delle incapacità di carità e mi rinfranchi col soffio del tuo spirito d' amore