Salmo del 3 marzo 2021

Abbi pietà di me
Sal 31 (30), 10-17

"10 Abbi pietà di me, Signore, sono nell'affanno;
per il pianto si consumano i miei occhi,
la mia gola e le mie viscere.

11 Si logora nel dolore la mia vita,
i miei anni passano nel gemito;
inaridisce per la pena il mio vigore
e si consumano le mie ossa.

12 Sono il rifiuto dei miei nemici
e persino dei miei vicini,
il terrore dei miei conoscenti;
chi mi vede per strada mi sfugge.

13 Sono come un morto, lontano dal cuore;
sono come un coccio da gettare.

14 Ascolto la calunnia di molti: «Terrore all'intorno!»,
quando insieme contro di me congiurano,
tramano per togliermi la vita.

15 Ma io confido in te, Signore;
dico: «Tu sei il mio Dio,

16 i miei giorni sono nelle tue mani».
Liberami dalla mano dei miei nemici
e dai miei persecutori:

17 sul tuo servo fa' splendere il tuo volto,
salvami per la tua misericordia".

Salmo di grande sofferenza e di ancora più grande fiducia in Dio.
La sofferenza ci fa scoprire poveri, profondamente bisognosi, drammaticamente limitati.
Il salmista usa immagini estreme per dire il suo grande dolore; in questo è attuale e parla un linguaggio universale che tutti comprendono.
Ma l'annuncio mette una speranza nella profonda solitudine: Signore è dentro questa esistenza crocifissa!

"Abbi pietà di me, Signore, sono nell'affanno;
per il pianto si consumano i miei occhi,
la mia gola e le mie viscere".

Dolore profondo che toglie il fiato. Notte e giorno le lacrime scorrono da occhi bisognosi di consolazione.
Il salmista si rivolge al Signore affinché abbia "pietà". Il significato che noi diamo oggi alla parola può farci fraintendere il significato.
In ebraico, la pietà, hesed, ha un significato ampio, ma designa in primo luogo la mutua relazione che unisce coloro che si amano, il legame di reciproco aiuto in tutte le relazioni fondamentali.
Pietà è fare atti di fedeltà, sollevare dalla prostrazione, ristabilire la condizione di intimità, di vita feconda. Ed è reciproca è reciproca: Dio ha pietà dei suoi figli, se ne prende cura e tutela la loro identità preziosa di figli, come anche il popolo è pietoso quando risponde all'amore col:
"praticare la giustizia,
amare la bontà,
camminare umilmente con il tuo Dio" (Mi 6,8).

Ecco cosa chiede nella preghiera chi soffre: che nella notte, nelle tenebre non venga meno il sostegno per superare la sofferenza, la forza per resistere ad una prova che coinvolge l'interiorità e tutta la persona; ma prima di tutto che il Signore non si dimentichi che il sofferente è un figlio al quale ha promesso in eredità la sua vita!

"Si logora nel dolore la mia vita,
i miei anni passano nel gemito;
inaridisce per la pena il mio vigore
e si consumano le mie ossa".

Logorati dai tanti dolori: così ci sentiamo a volte, in balia di sofferenze che ci tolgono vita, pezzetto dopo pezzetto!
L'afflizione, la pena, si porta via lentamente il meglio di noi, la considerazione positiva del nostro essere, il sentirci immagine di Dio, la speranza nel futuro. Si arriva a detestare una vita sempre più arida e fragile.

"Sono il rifiuto dei miei nemici
e persino dei miei vicini,
il terrore dei miei conoscenti;
chi mi vede per strada mi sfugge".
Il dolore fisico e spirituale è amplificato dalla solitudine, dal sentirsi abbandonati perché non c'è chi comprenda una così grande prostrazione.
Addirittura il salmista si sente come un appestato, o attualizzando, un malato di Covid, pericolo e terrore di chi ama!

"Sono come un morto, lontano dal cuore;
sono come un coccio da gettare".

Le due immagini sono terribili: sentirsi un morto, ormai senza più nessun legame col mondo dei vivi e un vaso rotto che a nulla può servire e va gettato.
Il dolore fa dimenticare che la promessa del Signore; in Geremia la dignità del popolo è esaltata come opera delle sue mani:
"Ecco, come l'argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa d'Israele" (Ger 18, 6).
Il Signore plasma e riplasma la vita dei suoi figli, pure distruggendo il vaso che ha plasmato, finché non sia conforme al suo progetto d'amore.

"Ascolto la calunnia di molti: «Terrore all'intorno!»,
quando insieme contro di me congiurano,
tramano per togliermi la vita".

Riecheggia ancora Geremia e l'emarginazione mortale in cui versa per la parola profetica scomoda che proclama tra i suoi fratelli:
"Sentivo la calunnia di molti:
«Terrore all'intorno!
Denunciatelo! Sì, lo denunceremo».
Tutti i miei amici aspettavano la mia caduta" (Ger 20, 10).

Quando si è più deboli, gli occhi non vedono che nemici, desiderosi di distruggere ciò che ancora rimane in piedi, pronti a spezzare la canna che si piega nella tempesta e a spegnere l'ultima fiammella di vita.
La preghiera mostra una sofferenza a trecentosessanta gradi. Il salmista ha bisogno di una salvezza totale, della resurrezione di tutta la sua esistenza.

"Ma io confido in te, Signore;
dico: «Tu sei il mio Dio,
i miei giorni sono nelle tue mani»".

La certezza, che nasce dal credere alla paternità di Dio, è la roccia a cui aggrapparsi quando le proprie gambe cedono, quando il dolore diventa quel fardello insopportabile che grida aiuto.
Su questa fiducia tutto si regge, nonostante il dolore e l'affanno. La fede è l'unica fonte di luce e di vita nei momenti più duri. Sapere di essere in ogni caso nelle mani del Signore è di grande consolazione.

"Liberami dalla mano dei miei nemici
e dai miei persecutori:
sul tuo servo fa' splendere il tuo volto,
salvami per la tua misericordia".

Il grido di dolore si trasforma ora in invocazione di salvezza. La fede ha riaperto una strada verso la speranza.
Il Signore, Salvatore dei poveri e degli oppressi, ancora una volta mostrerà il suo volto, misericordia e fedeltà infinite

Nel profondo, dove non è rimasta nessuna possibilità, dove la sicurezza in sé stessi si è sgretolata, rinasce la speranza!
Ecco perché il fedele può invocare "Abbi pietà di me, Signore"!
E' l'invocazione che chiede giustizia in tanta sofferenza, una misura che colmi ciò che manca, una presenza che sia conforto di ogni solitudine, una cura per le troppe piaghe inguaribili.
Dio è Padre e ha pietà di noi, suoi figli (cfr. Sal 103, 13). Siamo nelle sue mani, nessun dolore può separarci dal suo amore.

Commenti

  1. «Tu sei il mio Dio, i miei giorni sono nelle tue mani».
    Come l'immagine antica dell'argilla nelle mani del vasaio, così la mia vita. Sei il Dio dei miei giorni. Sei il Signore di ogni istante della mia vita che scorre verso l'oceano del tuo Amore. Nelle tue mani è tutto di me, e dalle tue mani ricevo tutto da te. Le tue mani mi hanno fatto e plasmato. Dalle tue mani ricevo vita sempre nuova. Benedico le tue mani benedicenti. Tra le tue mani accoglienti il mio rifugio.

    RispondiElimina
  2. sul tuo servo fa' splendere il tuo volto,
    salvami per la tua misericordia".
    Senza TE non splendo
    Non appaio veramente
    ma mi trascino,faccio delle comparse,tocca e fuga
    TU mi incolli su progetti di misericordia,limitati ma amplificati dal TUO amore,quando conto su di TE
    TU che mi dai secondo il mio bene.
    Tutto è nelle TUE mani e sono sicuro.
    Grazie

    RispondiElimina
  3. " io confido in te, Signore;
    dico: «Tu sei il mio Dio,

    i miei giorni sono nelle tue mani».
    Liberami dalla mano dei miei nemici
    e dai miei persecutori:

    sul tuo servo fa' splendere il tuo volto,
    salvami per la tua misericordia". Amen

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Perché un blog con questo titolo?!

Vangelo del 12 gennaio 2019

Vangelo dei domenica 13 gennaio 2019

Salmo 23 per il mio papà

Prima lettura del 21 agosto 2019