Vangelo del 28 aprile 2023

La sua carne da mangiare
Gv 6, 52-59

"In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao".

Gesù in una sinagoga dice parole che rivelano tutto di sé stesso e dello scopo della sua vita. Si apre a persone che lo contestano, rivela la sua profondità a coloro che usano le sue parole intime per accusarlo.
E' il dono più grande che si possa fare a chi si ama, ma ci stupisce che lui non lo faccia solo ai suoi amici, ma a chi non lo capisce e ne rimane scandalizzato!
L'aspettativa di una salvezza "magica", realizzata da Dio con uno schiocco di dita, è delusa dall'annuncio del dono per tutti è gratuito e che per regalarlo fino in fondo Gesù debba passare dalla croce.
Questa ribellione è il dramma del venerdì santo, quello rimproveratogli sotto la croce e quello con cui si deve confrontare ogni credente: perché è dovuto morire? Dio che lo amava non poteva fare diversamente?
E' un amore che travalica i nostri calcoli, una salvezza che quasi ci fa rabbia perché è impossibile amare così per noi.

"In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro".
La parola di Gesù è sempre un pungolo scomodo alle nostre convinzioni idolatriche su Dio.
Non basta la tradizione e l'esperienza già vissuta per accoglierla; per gustare il nuovo che porta, bisogna buttare a mare le convinzioni a cui siamo così fortemente affezionati.
I giudei non riescono a fare questo passo e discutono tra di loro; al centro della riflessione ci sono le loro opinioni e non la Parola, rimanendo così chiusi nel cerchio delle loro convinzioni. Li abita solo rabbia e rifiuto.

"Come può costui darci la sua carne da mangiare?".
Rimarremmo sconcertati anche noi a parole così forti se fossimo al loro posto e le prendessimo alla lettera! Fa pensare al disorientamento di Nicodemo che si sente chiamato a rinascere da vecchio! (cfr. Gv 3, 4).
E' un linguaggio "duro" anche per i discepoli (cfr. Gv 6, 60), ma Gesù non ha mezzi termini: carne e sangue indica che la sua persona concreta va "mangiata", cioè assimilata in noi, per vivere di lui.
Usa la metafora di cui parlavamo ieri, necessaria per fare entrare il divino nell'umano; vuole portarli su un piano più alto di comprensione, fargli fare "pasqua", farli passare all'ottica di Dio.
Il popolo della Parola ascoltata, assimilata, custodita e meditata per generazioni non riesce a leggervi dentro la parabola esistenziale che gli annunciava il Cristo, l'unto di Dio!
Legge e norme si erano fagocitate il discernimento quotidiano; per questo l'ex fariseo Paolo arriverà a dire: "la lettera uccide, ma lo Spirito dà vita" (2Cor 3, 7).
I giudei non vogliono essere accompagnati nella comprensione, si irrigidiscono e, rifiutando la metafora, si sentono spinti ad una specie di cannibalismo che li fa inorridire.

"Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita»".
Gesù rilancia il suo annuncio. È lui il Salvatore, è lui la sorgente della salvezza, è lui che dona vita eterna.
Il cuore del suo annuncio, dopo il miracolo-segno dei pani e dei pesci, vuole nutrire per la vita, arrivando ad un'accondiscendenza materna che si dà affinché i suoi figli vivano.
È attraverso lui che il Padre dà la vita in abbondanza. Ai suoi ascoltatori Gesù chiede di fare il passaggio fondamentale dalla tradizione sicura e conosciuta alla sua Parola di vita, dal cibarsi della Legge che opprime, a mangiare il dono di Dio all'umanità, a nutrirsi di tutta la sua vita e della sua morte.

Alla fine del discorso che Gesù fa nel capitolo 6, è riportata una crisi profonda: "da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui" (Gv 6, 66).
Non è un messaggio qualsiasi, una parola che possiamo accogliere o meno: è il passaggio per entrare nella Vita che ci nutre ogni giorno, per sentirci nella realtà di figli.
Noi diventiamo ciò che ci nutre, siamo il frutto di un atto di amore che sceglie di diventare cibo per noi.
Accogliendo un dono totale, la carne e il sangue versato per noi, si diventa credenti e si gusta oggi la salvezza.

Link di approfondimento alla liturgia del giorno:

Prima lettura di At 9, 1-20
Commento del 06/05/2022

Salmo 117 (116)
Commento del 14/02/2020

Vangelo di Gv 6, 52-59
Commento del 23/04/2021

Commenti

  1. "Come può costui darci la sua carne da mangiare?".
    Come può costui
    amare così tanto?
    Come può costui
    amare sino alla fine?
    Come può costui
    preferire la nostra vita alla sua?
    Domande davanti a Gesù,
    davanti alla croce,
    dentro al Vangelo.
    "Come può costui darci la sua carne da mangiare?".
    Ha potuto.
    L'ha fatto.
    Alleluia!

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  2. Non avete in voi la vita
    Si
    La vita vera là dai solo TU
    La doni allo spasimo
    Non sai fare altro,donarti sempre,a sbafo!
    Ed io?

    RispondiElimina

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