Prima lettura del 12 agosto 2024

Fu sopra di lui la mano del Signore
Ez 1,2-5.24-28c
"Era l’anno quinto della deportazione del re Ioiachìn, il cinque del mese: la parola del Signore fu rivolta al sacerdote Ezechièle, figlio di Buzì, nel paese dei Caldèi, lungo il fiume Chebar. Qui fu sopra di lui la mano del Signore.
Io guardavo, ed ecco un vento tempestoso avanzare dal settentrione, una grande nube e un turbinìo di fuoco, che splendeva tutto intorno, e in mezzo si scorgeva come un balenare di metallo incandescente. Al centro, una figura composta di quattro esseri animati, di sembianza umana. Quando essi si muovevano, io udivo il rombo delle ali, simile al rumore di grandi acque, come il tuono dell’Onnipotente, come il fragore della tempesta, come il tumulto d’un accampamento. Quando poi si fermavano, ripiegavano le ali.
Ci fu un rumore al di sopra del firmamento che era sulle loro teste. Sopra il firmamento che era sulle loro teste apparve qualcosa come una pietra di zaffìro in forma di trono e su questa specie di trono, in alto, una figura dalle sembianze umane. Da ciò che sembravano i suoi fianchi in su, mi apparve splendido come metallo incandescente e, dai suoi fianchi in giù, mi apparve come di fuoco. Era circondato da uno splendore simile a quello dell’arcobaleno fra le nubi in un giorno di pioggia. Così percepii in visione la gloria del Signore. Quando la vidi, caddi con la faccia a terra".


Nel tempo in cui gran parte del popolo d'Israele era in esilio a Babilonia, tutti si sentivano un gregge senza pastore, abbandonati, non più popolo eletto, non più amati
In patria, in mezzo al resto d'Israele, rimasto perché composto da poveri, inutili per gli occupanti, uno solo dava conforto e manteneva viva la speranza, il profeta Geremia, il quale sapeva interpretare i fatti che stavano per accadere.
Ma la Parola di Dio scende come un fuoco divorante anche su un altro uomo tra i deportati: è un sacerdote, Ezechiele, figlio di Buzi.
Il suo nome significa «Dio è forte, Dio prevale». Così Ezechiele diventa segno dell'azione dell'unico Pastore d'Israele, che non è mai sopito e presto farà sentire il suo potere.
Il profeta, nel racconto della sua vocazione, viene afferrato dalla mano del Signore e riempito dalla sua presenza.

"Era l’anno quinto della deportazione del re Ioiachìn, il cinque del mese".
Gli ebrei più in vista, i notabili, sono relegati dal 597 a.C. sulle sponde del fiume Chebar, un affluente dell’Eufrate a Babilonia. Senza terra, senza tempio, senza possibilità concrete di comunicare con parenti e amici, sentono le forze diminuire.
Sono passati appena cinque anni dalla deportazione e cresce la sfiducia, aumenta lo scoraggiamento.
Israele passerà addirittura 70 anni in esilio. Come interverrà il Signore per prendersi cura del suo popolo schiantato dai nemici?

"La parola del Signore fu rivolta al sacerdote Ezechièle, figlio di Buzì, nel paese dei Caldèi, lungo il fiume Chebar".
Comincia così la risposta di Dio: sceglie un esiliato, uno strappato dalla terra, dall'identità, dalla dignità, perché diventi suo profeta.
Ezechiele è profeta e sacerdote dentro la situazione che lui stesso vive; non è un teorico che da lontano insegna.
La sua stessa speranza è messa a dura prova. Eppure nella sua vita travagliata di credente la Parola di Dio inizia il cammino di rinascita in mezzo al popolo sofferente.

"Qui fu sopra di lui la mano del Signore".
La mano del Signore, che in passato ha liberato Israele dal potere mortale del faraone, è ora su Ezechiele per rinnovare gli antichi prodigi. Al profeta per primo è dato di vedere i segni del buon pastore che non ha abbandonato il suo gregge ma continua a prendersi cura di lui.
Il Signore opera fuori dalla terra di Israele. Non ha confini che ne impediscano la presenza, non un tempio che ne possa contenere la gloria.
Nel deserto, in patria, in esilio, sempre è l'Emmanuele, Dio con il suo popolo.
Grande insegnamento per noi che assistiamo allo svuotamento delle chiese, all'allontanamento di grandi folle di fedeli che fino a qualche tempo fa incontravamo alle liturgie domenicali.
Il Signore abbandona i suoi figli lontani? In nessuna situazione questo accade, neanche davanti ad un grande peccato, ad un'idolatria strisciante e nascosta o davanti ad un ateismo diffuso e ostentato.
Dio è forte, Dio prevale e fa riecheggiare la sua Parola nella delusione, nell'apatia, nelle orecchie sorde e disabituate a sentirlo.
Il Signore di tutta la terra in ogni esilio ci raggiunge, da ogni schiavitù ci libera, in una vita intera costruisce ponti di relazione per continuare a prendersi cura di noi.

Link di approfondimento alla liturgia del giorno:

Salmo 148,11-13
Commento dell'08/05/2024

Vangelo di Mt 17,22-27
Commento dell'08/08/2022

Commenti

  1. Fu su di lui,la mano del Signore.
    È sopra tutti, sempre.
    È presente
    Vivo
    Certosino
    È vicino a me!
    Grazie

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