Vangelo dell'1 agosto 2019
Una rete gettata nel mare
Mt 13, 47-53
"In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.
Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Terminate queste parabole, Gesù partì di là".
Ancora una parabola con due immagini sul mistero del Regno di Dio: la rete piena di pesci e lo scriba che medita la Parola nuova del Regno.
"Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci".
Ancora un miscuglio, ancora tutto insieme, prima zizzania e grano nell'unico campo, ora ogni genere di pesci nell'unica rete.
Le parabole insistono sulla realtà "mescolata" del nostro mondo, che ci crea scandalo. Come è possibile che bene e male non siano nettamente divisi e coesistano? Come si può tollerare e non giudicare? Come non escludere e tagliare a zero ciò che inquina la vita?
Il nostro cuore, in ricerca continua della perfezione, si ucciderebbe se seguisse una via del genere: noi non siamo perfetti, coerenti e buoni fino in fondo!
Gesù aveva messo in guardia da questa fissazione di "pulizia" perchè "tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada" (Mt 26, 52).
La Parola rivela quanta iniquità, errore e peccato ci inquini.
Come il seminatore che spargeva il seme dappertutto, per misericordia di Dio tutti siamo nella stessa "rete", tutti accomunati dagli stessi limiti, e anche tutti raggiunti dalla sua misericordia.
Questa parola "rete" mi rimanda sempre a quella informatica, più conosciuta e globale, che è quella che stò usando anch'io per comunicare con voi.
Non è nella rete comune e globalizzata il problema, è come si usa un canale di informazione e cosa se ne ricava.
Ma torniamo alla parabola.
"Quando è piena, i pescatori la tirano a riva".
È il momento della pienezza, del compimento. La riva indica sempre il raggiungimento della meta, l'essere approdati dopo una traversata sull'abisso, che è faticosa, tenebrosa e ignota.
Finalmente arriva il momento dell'approdo, non della condanna, ma del giudizio, parola molto scansata da noi, ma che nel Vangelo è prerogativa del Padre e quindi sempre positiva e rivelatrice della sua azione salvifica.
I pescatori tirano al sicuro, sulla terra ferma, la rete quando è piena.
Questo ci ricorda la prassi di Gesù che và sempre nella direzione della pienezza: "non son venuto per abolire, ma per dare compimento" (Mt 5, 17), non per tagliare fuori, ma per accogliere, non per spegnere una fiammella, ma per accendere un fuoco!
Si deve compiere la misura colma che il Padre sà, che è nel suo volere.
E' un'immagine molto bella della pazienza del Figlio che porta tutti gli uomini ad approdare al Padre, non volendo perderne neanche uno.
"Si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi".
Seduti, cioè nella posizione del riposo, dopo la fatica della pesca, ecco la gioia della pienezza a cui manca un'ultima cosa, distinguere finalmente il male e separarlo definitivamente per raccogliere tutto il bene.
Il male è ben distinto adesso e scartato, gli viene impedito di inquinare il cibo, il nutrimento.
"Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti".
"Voi siete cattivi" (Mt 11, 13), dice Gesù nella catechesi sulla preghiera dopo aver insegnato il Padre nostro, e sino alla fine abbiamo bisogno di essere liberati dal male, che come la zizzania e i pesci non commestibili, va distrutto nel fuoco perché non continui a fruttificare e a danneggiare.
L'azione potente che porta al fine del mondo, al compimento della storia, sarà solo nelle mani del Signore che non permetterà più al male di ferire e alla morte di esistere.
"Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì»".
La comprensione per un discepolo è sempre da "lavori in corso".
Com-prendere è il lavoro di una vita, la conversione continua del cuore dal nostro giudizio distruttivo al suo salvifico, dal nostro arenare al suo costruire sulla roccia, dal nostro escludere al suo includere.
"Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".
Lo scriba era il "custode" delle Scritture, colui che veniva interpellato per cercare la volontà di Dio, colui che meditava la parola giorno e notte (cfr. Sal 1, 2).
È una bella immagine di sapiente.
Lo scriba che diventa discepolo, cioè che accoglie il nuovo del Vangelo, che non si attacca al vecchio come ciò che è sicuramente stabile, risponde al compito che il padrone di casa gli ha affidato: amministrare il tesoro che adesso è anche il suo e portarlo a pienezza.
Il nuovo scriba del Regno è ognuno di noi che scopre il tesoro prezioso della Parola che ha preceduto Gesù e che da lui è stata rivelata ed elevata in alto affinché tutti potessero accedere alla sua luce.
Il tesoro, che non si finirà mai di sondare e gustare, ci viene dato per la nostra vita e per metterlo nelle mani di coloro che ancora non lo hanno scoperto.
Fa pensare il fatto che Gesù ripeta spesso questo desiderio del Padre di portare a compimento presto il suo progetto per tutta l'umanità, liberata finalmente dal male e che continuamente affidi questo tesoro nelle nostre insicure e tremolanti mani.
Quello che Gesù desidera per sé lo mostra anche a noi affinché cresca anche la nostra attesa.
Anche se forti sono i nostri dubbi nelle nostre possibilità, se è sua volontà, la fiducia è ben riposta.
Affidiamoci e lasciamoci condurre verso la scoperta delle cose antiche lasciate in eredità a noi e del nuovo tesoro che il Signore ci sta preparando.
E' un'immagine molto bella della pazienza del Figlio che porta tutti gli uomini ad approdare al Padre, non volendo perderne neanche uno.
"Si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi".
Seduti, cioè nella posizione del riposo, dopo la fatica della pesca, ecco la gioia della pienezza a cui manca un'ultima cosa, distinguere finalmente il male e separarlo definitivamente per raccogliere tutto il bene.
Il male è ben distinto adesso e scartato, gli viene impedito di inquinare il cibo, il nutrimento.
"Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti".
"Voi siete cattivi" (Mt 11, 13), dice Gesù nella catechesi sulla preghiera dopo aver insegnato il Padre nostro, e sino alla fine abbiamo bisogno di essere liberati dal male, che come la zizzania e i pesci non commestibili, va distrutto nel fuoco perché non continui a fruttificare e a danneggiare.
L'azione potente che porta al fine del mondo, al compimento della storia, sarà solo nelle mani del Signore che non permetterà più al male di ferire e alla morte di esistere.
"Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì»".
La comprensione per un discepolo è sempre da "lavori in corso".
Com-prendere è il lavoro di una vita, la conversione continua del cuore dal nostro giudizio distruttivo al suo salvifico, dal nostro arenare al suo costruire sulla roccia, dal nostro escludere al suo includere.
"Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".
Lo scriba era il "custode" delle Scritture, colui che veniva interpellato per cercare la volontà di Dio, colui che meditava la parola giorno e notte (cfr. Sal 1, 2).
È una bella immagine di sapiente.
Lo scriba che diventa discepolo, cioè che accoglie il nuovo del Vangelo, che non si attacca al vecchio come ciò che è sicuramente stabile, risponde al compito che il padrone di casa gli ha affidato: amministrare il tesoro che adesso è anche il suo e portarlo a pienezza.
Il nuovo scriba del Regno è ognuno di noi che scopre il tesoro prezioso della Parola che ha preceduto Gesù e che da lui è stata rivelata ed elevata in alto affinché tutti potessero accedere alla sua luce.
Il tesoro, che non si finirà mai di sondare e gustare, ci viene dato per la nostra vita e per metterlo nelle mani di coloro che ancora non lo hanno scoperto.
Fa pensare il fatto che Gesù ripeta spesso questo desiderio del Padre di portare a compimento presto il suo progetto per tutta l'umanità, liberata finalmente dal male e che continuamente affidi questo tesoro nelle nostre insicure e tremolanti mani.
Quello che Gesù desidera per sé lo mostra anche a noi affinché cresca anche la nostra attesa.
Anche se forti sono i nostri dubbi nelle nostre possibilità, se è sua volontà, la fiducia è ben riposta.
Affidiamoci e lasciamoci condurre verso la scoperta delle cose antiche lasciate in eredità a noi e del nuovo tesoro che il Signore ci sta preparando.
Oggi ci lasciamo colpire da una sensazione positiva: tutti (non importa se buoni o cattivi) siamo raccolti da Dio, cioè non dispersi, non lasciati a nuotare invano nel nostro mare.
RispondiEliminaSarà il Signore a giudicare. Dio, non noi. E alla fine dei tempi, non oggi.
Dio non ha fretta di giudicare ma sa attendere il momento opportuno.
Qui sta la misericordia: La salvezza è per tutti ed è bello pensare che finché c'è vita c'è speranza.
Proviamo allora a guardare il buono e il cattivo in noi, a lasciar fare a Dio; noi, i discepoli, proviamo semplicemente a gioire di quanto ha compiuto e guardiamo con sorpresa alla persona di Gesù cercando di cogliere come lui faccia nuove tutte le cose.
(www.paoline.it)
Pescare un pesce significa tirare fuori dal suo habitat naturale nell’acqua dove hanno la vita per dargli la morte; pescare un uomo significa invece tirarlo fuori da ciò che può dargli la morte per dargli la vita. “«Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via …»”, ecco qui l’evangelista non adopera il termine “cattivi”, che può indicare un giudizio, con un significato morale. L’evangelista adopera il termine “marcio”. I pescatori non danno un giudizio morale sui pesci, i buoni e i cattivi, ma si trovano quelli che sono pieni di vita, e quelli che invece sono già morti in stato di avanzata putrefazione. E’ la stessa espressione che Gesù ha usato per l’albero, un albero marcio che non può che produrre frutti cattivi. Quindi non è un giudizio quello di Gesù, ma una constatazione.
RispondiElimina(Alberto Maggi)
Vediamola più da vicino. Il Regno è paragonabile a una rete: si tratta di una rete grande che si getta nel mare e che si tira. E questa rete pesca. Ora il pesce pescato dall’acqua muore, l’uomo pescato dall’acqua vive. Quindi questa rete che pesca gli uomini – vi farò pescatori di uomini – vuol dire che semplicemente il Regno dei cieli è la salvezza di ogni uomo. E ogni uomo è raccolto in questa rete, che in fondo, è l’annuncio della Parola di Dio proposta a tutti, ed è la Chiesa, dove si accoglie tutti in questa rete e non si sta a vedere se uno è buono o cattivo: la salvezza è per tutti.
RispondiElimina(Silvano Fausti)
Universale il messaggio di salvezza, non solo per i buoni....
RispondiEliminaChi è buono?
Ecco la qualità come metodo di scarto...
Io non mangio mele marce
Quindi io a tavola scelgo quelle buone da mangiare, scartando quelle che già sono immangiabili
Non scartare tra le buone, quelle più belle apparentemente, ma meno saporite.
Quindi tutte le mele meritano la tavola,
Sono io poi a scegliere secondo i miei gusti diversi da un altro.
Questo per me è accettare tutti.. Senza limiti legati al colore, razza, costumi..
Aprire il mio cuore, viscere, all' accoglienza.
Bellissima la notizia di quest'oggi. Grazie Signore perché in questa rete ci sono anche io, con le mie putrefazioni, i miei talenti, le mie mani ora chiuse, a volte aperte
RispondiElimina«Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
RispondiEliminaDa sempre mi colpisce questa frase... io come lo scriba trovo ogni volta nello stesso Vangelo cose vecchie (come l' Amore che è sempre lo stesso) e cose nuove... oggi trovo la salvezza in una rete tirata a riva che non mi fa affogare.... trovo tutti i pesci nella rete, senza giudizio... oggi ancora mi sento scelta e salvata insieme a tutti gli altri scelti e salvati e benedico il Padre...
La nostra vita è per sua natura complessa e spesso segnata da ambiguità oltre che accompagnata da momenti di fragilità e perfino di trasgressioni. Eppure il Signore ci permette di sperare sempre e comunque. Dobbiamo essere capaci di frugare nel nostro cuore e di cercare con attenzione negli eventi che accadono nella nostra vita per trovare sempre"cose nuove e cose antiche" . La sfida è di essere sensibili sia alle cose nuove che alle cose antiche per sapersi fermare e al contempo sapersi rimettere in marcia.
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