Prima lettura del 13 gennaio 2020
Anna, perché piangi?
1Sam 1,1-8
"C’era un uomo di Ramatàim, un Sufita delle montagne di Èfraim, chiamato Elkanà, figlio di Ierocàm, figlio di Elìu, figlio di Tocu, figlio di Suf, l’Efraimita. Aveva due mogli, l’una chiamata Anna, l’altra Peninnà. Peninnà aveva figli, mentre Anna non ne aveva.
Quest’uomo saliva ogni anno dalla sua città per prostrarsi e sacrificare al Signore degli eserciti a Silo, dove erano i due figli di Eli, Ofni e Fineès, sacerdoti del Signore.
Venne il giorno in cui Elkanà offrì il sacrificio. Ora egli soleva dare alla moglie Peninnà e a tutti i figli e le figlie di lei le loro parti. Ad Anna invece dava una parte speciale, poiché egli amava Anna, sebbene il Signore ne avesse reso sterile il grembo.
La sua rivale per giunta l’affliggeva con durezza a causa della sua umiliazione, perché il Signore aveva reso sterile il suo grembo.
Così avveniva ogni anno: mentre saliva alla casa del Signore, quella la mortificava; allora Anna si metteva a piangere e non voleva mangiare. Elkanà, suo marito, le diceva: «Anna, perché piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cuore? Non sono forse io per te meglio di dieci figli?»"
Iniziamo il commento di alcuni brani del primo libro di Samuele, ultimo giudice d’Israele, che visse attorno all’anno 1000 a.C., figura cardine nella storia d'Israele.
È lui il profeta che unge il primo re di Israele, Saul e, dopo di lui, anche il giovanetto Davide.
Nel libro veniamo introdotti negli eventi di grazia che circonderanno la nascita di Samuele e della volontà salvifica che lo precede.
"C’era un uomo di Ramatàim, un Sufita delle montagne di Èfraim, chiamato Elkanà".
Comincia così questo racconto, con un elenco genealogico di un uomo con due mogli, di cui una sterile.
E' la presenza di una donna sterile l'indizio da cui muove l'intero racconto.
Le storie bibliche sono così: iniziano nelle carestie e nel deserto, da una sconfitta in guerra, con schiavi che gridano per le sofferenze, con donne sterili che si disperano per la loro condizione.
La Scrittura è prima di tutto storia e quindi non esula dalla realtà, spesso difficile, drammatica e con possibilità ai limiti della sopravvivenza.
Tutto ciò prepara il nostro cuore a contemplare le meraviglie della fedeltà di Dio che porta avanti la benedizione primigenia fatta su Adamo ed Eva e poi l'alleanza fatta con Abramo, nonostante i tanti limiti, l'infecondità e la morte.
"Quest’uomo saliva ogni anno dalla sua città per prostrarsi e sacrificare al Signore degli eserciti a Silo".
Elkanà è un uomo di fede osservante delle tradizioni. Non ci sembri strano il suo pellegrinaggio in una città che non è Gerusalemme. Infatti Silo è stata capitale di Israele per 300 anni, prima della città santa.
Siamo nel periodo che precede la monarchia e a Silo era custodita l'Arca dell'Alleanza, arrivata con gli ebrei, guidati da Giosuè, quando entrarono nella terra promessa.
Ogni anno Elkanà andava, da pio ebreo, a fare un sacrificio al Signore.
"Venne il giorno in cui Elkanà offrì il sacrificio. Ora egli soleva dare alla moglie Peninnà e a tutti i figli e le figlie di lei le loro parti".
La sterilità era una sventura in tutti i sensi. La disparità di trattamento e di considerazione fra le due mogli era sottolineata anche in ambito rituale.
Ad Anna, la moglie sterile, che non aveva beneficato il marito con una discendenza, non andava né considerazione né alcun privilegio.
Anzi, Elkanà avrebbe potuto anche ripudiarla e prendersi un'altra moglie.
Ma per l'amore particolare che provava, Elkanà le "dava una parte speciale, poiché egli amava Anna, sebbene il Signore ne avesse reso sterile il grembo".
L'amore non conosce regole, non si ferma di fronte ai limiti sociali, "non tiene conto del male ricevuto" (1Cor 13,5) dirà Paolo. Sì, perché il marito riceve un male da questa moglie, secondo la credenza del tempo, eppure la ripaga comunque con predilezione e amore!
"La sua rivale per giunta l’affliggeva con durezza a causa della sua umiliazione, perché il Signore aveva reso sterile il suo grembo".
La situazione di afflizione e inferiorità in cui versava la donna sterile le faceva subire l'umiliazione nella sua stessa famiglia.
È una storia simile a quella di Zaccaria ed Elisabetta che conosciamo meglio e che ogni anno l'Avvento ci propone come segno della potenza di Dio che feconda ciò che non ha possibilità di vita nuova.
"Così avveniva ogni anno: mentre saliva alla casa del Signore, quella la mortificava; allora Anna si metteva a piangere e non voleva mangiare".
Il pellegrinaggio per Anna è apertura di una piaga che mai si rimargina. La festa del ringraziamento diventa memoriale di una morte che segna il suo grembo.
Preferirebbe morire pur di non subire altre umiliazioni e rifiuta il cibo.
Se in tutti i giorni la mancanza di figli le pesava, nel momento in cui andavano davanti al Signore, il marchio di sterile era insopportabile. Infatti si pensava che "il Signore aveva reso sterile il suo grembo". Anna non ha nulla da ringraziare ad un Dio così!
"Elkanà, suo marito, le diceva: «Anna, perché piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cuore? Non sono forse io per te meglio di dieci figli?»".
L'unica consolazione fino a questo momento è l'affetto sincero del marito che fa di tutto per non fargli pesare la sterilità.
Sono parole molto dolci le sue, che vorrebbero compensare con l'amore la mancanza di un figlio e anche, come si credeva nella loro religione, la negazione della benedizione divina.
"Anna, perché piangi?" Questa la domanda che vuole risvegliare la consapevolezza in tutti coloro che si sentono abbandonati e che invece il Signore ama e a cui riserva "una parte speciale".
La sofferenza di questa donna ricorda l'afflizione del servo sofferente di Isaia:
"Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima" (Is 53,3).
Il Vangelo ci mostrerà che da un reietto del popolo, marchiato come abbandonato da Dio, rinascerà la speranza per tutta l'umanità.
La storia che precede il profeta Samuele si inserisce in questa grande opera di salvezza del Signore che "ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili" (Lc 1,52).
A una prima lettura Anna sembra solo una vittima, ma il narratore delinea la condizione triste anche di Peninnà, utile solo perché feconda, ma priva di un reale valore agli occhi del marito; la gelosia e la mortificazione di cui fa oggetto Anna sono le modalità con cui reagisce, proiettando sulla rivale la situazione che lei stessa patisce.
RispondiElimina(osservatoreromano.va)
Anna riflette il volto di quegli oranti che vivono un’esperienza umana e religiosa analoga alla sua ed invocano il riscatto e la liberazione. Rappresenta il popolo degli umili, di coloro che pregano il Signore e ripongono in lui la loro fiducia, trovando in lui rifugio contro coloro che godono di maggior fortuna. La sua figura è parallela, per alcuni versi, a tanti altri personaggi dell’Antico Testamento: ad esempio, a Elia che prega il Signore confidando nel suo intervento che presto si farà presente; allo stesso Abramo, il quale, dopo averlo aspettato per lungo tempo, alla fine è pronto a sacrificare al Signore quell’unico figlio che amava sopra ogni cosa; a Geremia, perché deve sopportare l’insulto.
RispondiElimina(terrasanta.it)
Elkana diventa per noi l icona di quell' umanità che siamo chiamati a ricostruire continuamente nella nostra vita fino ad offrircela reciprocamente come dono. Ci viene presentato questo uomo come persona attenta ad Anna, che di ritrova ad essere la moglie più fragile e mortificata a causa della sua sterilità . Ma Elkana dava una "parte speciale" a Anna poiché l amava e trova un modo speciale per alleviare la sua sofferenza . Per questo diventa l icona della bontà e della benevolenza di Dio stesso, che ha un occhio speciale per i più fragili e umiliati. La protesta amorosa che c e a conclusione della lettura è commovente:" Anna, perché piangi? X' non mangi ?x' è triste il tuo cuore? Non sono forse io per te meglio di dieci figli?"
RispondiEliminaQuanta tenerezza mi suscita Anna, a quante donne succede di non avere la gioia di essere madri, perché sterili! Anna è disperata e ha fatto per me la cosa migliore da fare, ha scelto di rivolgersi al Signore gridando e piangendo la sua sterilità, ha buttato sul Signore il suo dolore si è messa nelle sue mani.
RispondiEliminaPadre Santo nelle tue mani metto, le mie paure, i miei dolori, i miei fallimenti, solo tu puoi rialzarmi, la mia salvezza sei tu. Credo in te Padre misericordioso, credo nel tuo amore, credo alle tue promesse di vita.
Mediante prodigi tu ci rispondi,
nella tua giustizia, o Dio della nostra salvezza, speranza di tutte le estremità della terra e dei mari lontani.
Salmo 65