Vangelo del 27 giugno 2020

Di’ soltanto una parola
Mt 8, 5-13

"In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il suo servo fu guarito".


Mi soffermo oggi sulla prima parte del Vangelo proposto dalla liturgia, per lasciare più spazio alla meditazione della dimensione concreta e profonda della fede che ci viene da un centurione romano.

Il grande tema del Vangelo è in fondo proprio la fede, non quella teorica dei filosofi, ma quella quotidiana di chi combatte tra la vita e la morte, di chi sceglie di chi fidarsi per continuare a sperare.

"Gli venne incontro un centurione che lo scongiurava".
Un pagano cerca Gesù e sicuramente non per un problema di norme religiose di cui amavano disquisire per ore scribi e farisei.
I pagani non si rivolgevano a maestri d'Israele, prima di tutto perché lontani dal loro modo di pensare e poi perché erano certi di essere disprezzati e considerati impuri e da evitare. Questo soldato romano, a capo di almeno 100 uomini che presidiavano la Palestina per l'Imperatore, sfida ogni convenzione sociale perché ha sentito parlare di un uomo col potere più grande del suo.

È un conquistatore, decide della vita e della morte dei suoi sottoposti, ma non può ridare vita e salute a chi non le ha.

"Diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente»".
Un uomo che soffre senza poter trovare un rimedio addolora con il suo male tutta la casa.
Questo padrone anomalo si angoscia per un servo: sembrerebbe un uomo che già sta mettendo in pratica le parole di Gesù: "Non vi chiamo più servi... ma amici" (Gv 15, 15). L'amore muove verso la cura dell'altro e non c'è più schiavo, né padrone, ma solo chi soffre e chi ha bisogno.

"Gli disse: «Verrò e lo guarirò»".
Che bella questa risposta certa, rassicurante!

Gesù è prima di tutto colui che ascolta chi soffre. La malattia lo muove come una calamita, dove c'è tenebra accorre a portare luce.
E' il suo compito: il veniente verso le nostre morti,
il medico per le nostre piaghe, colui che semina e riporta la vita, il liberatore, il forte davanti a tutti i mali.

Non un maestro di pensiero, un filosofo, un capo carismatico.
Ciò che porta concretamente è il dono sopra tutti gli altri: la resurrezione a coloro che sono nella morte.

"Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Gv 10, 10) dirà di sé stesso.

"Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito".
Queste parole sono così vere e necessarie per noi che, concretamente, non vediamo e tocchiamo Gesù, da essere recitate in coro nella liturgia eucaristica, proprio prima della comunione.
Forse non è la risposta che avremmo dato noi, bramosi di toccare, vedere, avere "prove" di presenza e salvezza.

Un uomo antico, molto pratico, molto lontano dalla fede biblica, esprime una fede incredibile nel potere di questo Messia di una religione a lui sconosciuta.

"Ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa".
È un militare e ha potere su chi è sotto di lui; sa che i suoi ordini non vanno a vuoto, gli basta una parola perché qualcuno gli obbedisca e quello che vuole avvenga.
Riconosce in effetti a Gesù un potere sulla vita e sulla morte del suo servo.
Perciò non pretende che Gesù si scomodi o si "sporchi" andando a casa di un pagano: basterà che voglia e comandi che il male abbandoni il servo ed è sicuro che avverrà..

"Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande!»"
La risposta del centurione lascia sbalordito per primo lo stesso Gesù.
Il soldato pagano non crede alla Bibbia e non conosce il catechismo dei tempi di Gesù ma ha fede nel suo potere.
Questa è fede per la Scrittura ed è narrata sin dal primo libro della Genesi.
Basta una parola del Creatore e le tenebre dell'abisso retrocedono per far vincere la luce! Tutto è creato dalla Parola pronunciata da Dio e tutto prende forma, vita, identità perché tutto è chiamato all'esistenza.

La Parola è un fatto ed è potenza che porta alla realtà le cose che non erano.

"Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti".
È l'annuncio di un ribaltamento: dove sembrava ci fosse la fede in fondo non c'era, dove non si conosceva un culto al Dio vivente, Gesù scopre volti di discepoli!

Dai pagani, considerati esclusi dalla salvezza, Gesù non si ritrae per paura di rimanere impuro e diminuito nella sua santità; anzi valorizza semi di fiducia autentica e ce li indica come una strada da seguire.
Non è il tesserino di appartenenza ad una chiesa che fa il discepolo. Il centurione diventa esempio di colui che vive della stessa fede di Abramo, che per noi è l'uomo di fede per eccellenza.
Gesù profetizza che tutti i popoli chiamati alla salvezza saranno accolti come ospiti d'onore al banchetto dei patriarchi come loro parenti ed eredi e sveglia il popolo della promessa ad aprire gli occhi sulla potenza che li ha raggiunti e che non vogliono riconoscere.

"E Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il suo servo fu guarito".
Il centurione aveva creduto nella parola potente di Gesù e così avviene.

Non c'è bisogno di verificare, né di testimoni oculari: la salvezza ha raggiunto il cuore angosciato del centurione e il suo servo legato ad un letto di dolore.
"La sua parola corre veloce" (Sal 147, 4) e nel momento stesso in cui è pronunciata, la parola realizza ciò per cui è stata mandata.

Sono passati duemila anni ma questa pagina di Vangelo ha tanto da dirci.

Il dialogo faccia a faccia tra questi due uomini svela più aspetti della fede che tanti libri e catechismi.
Il centurione non ha preghiere adatte, non conosce riti speciali: intercede per chi ama fiducioso nel potere che ascolta e risana.
Il miracolo è tutto in questo incontro tra inconciliabili, tra diversi che fino a quel momento potevano solo odiarsi.
Un pagano, un lontano dal Dio vivente ama, e crede in colui che è venuto per amore è l'unica possibilità di salvezza data a chi non è degno e a chi non se lo merita.

Commenti

  1. "Di' soltanto una parola". Una parola vera, di vita, di luce, basta. Le parole servono a spiegare e giustificare, una parola è quella che fa la differenza tra prima e dopo. Si chiede a Gesù di dire una parola soltanto che ridoni vita ad una persona vicina ormai alla morte. Di questa parola ho bisogno ogni giorno perché il mio cammino verso la morte venga interrotto e i miei passi orientati nuovamente verso la vita. Gesù dice questa parola. Gesù è questa parola. Ogni giorno ripeto con fiducia "dì soltanto una parola e io sarò salvato", come all'inizio di tutto una sola parola "sia la luce" ha aperto la strada alla vita, come all'inizio del mio pellegrinaggio una sola parola "seguimi" mi dato forza per camminare fino ad oggi. Una parola che venga dalla sorgente stessa della vita ci è necessaria. È una parola che è pane, acqua, medicina, lampada. Ancora una volta oggi "dì soltanto una parola" e mi basta.

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  2. Affido come il centurione, quello che mi porto nel cuore....... , e va guarito!
    SIA!
    Affido ciò che ho a cuore...
    ANCHE, SIA!
    GRAZIE SIGNORE
    AMEN

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  3. Padre buono, tu conosci le mie paure, le mie diffidenze, le mie incredulità. Tu, che nel tuo Figlio hai incontrato un pagano, segnati di venire incontro a me, entra nella mia casa, abita la mia vita , guarisce le mie infermità. Aiutami a comprendere come la tua salvezza, mentre guarisce il mio cuore, rigenera anche le mie relazioni e mi consente di vivere incontri insperati

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