Salmo di domenica 2 maggio 2021

A te fui consegnato
Sal 22 (21), 1-11

"1 Al maestro del coro. Su «Cerva dell'aurora». Salmo. Di Davide.

2 Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido!

3 Mio Dio, grido di giorno e non rispondi;
di notte, e non c'è tregua per me.

4 Eppure tu sei il Santo,
tu siedi in trono fra le lodi d'Israele.

5 In te confidarono i nostri padri,
confidarono e tu li liberasti;

6 a te gridarono e furono salvati,
in te confidarono e non rimasero delusi.

7 Ma io sono un verme e non un uomo,
rifiuto degli uomini, disprezzato dalla gente.

8 Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:

9 «Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

10 Sei proprio tu che mi hai tratto dal grembo,
mi hai affidato al seno di mia madre.

11 Al mio nascere, a te fui consegnato;
dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio".


Bellissimo salmo reso ancora più prezioso dalla preghiera di Gesù sulla croce, prima di tornare al Padre. Accorata invocazione di aiuto che diventa alla fine lode: un vero percorso interiore dalla sofferenza alla pace, dalla tristezza alla lode.

"Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido!"

È la domanda cruciale, drammatica, che più scandalizza chi la pronuncia, un credente ma turbato da un'angoscia mortale che non vede scampo.
Sentirla dire dalla propria voce fa sprofondare ancora di più nella consapevolezza dell'abbandono.
È la domanda che si ripropone inevitabilmente davanti al male: dov'è Dio quando sono nella sofferenza? Perché se ne sta lontano e non muove un dito per liberarmi?
Con queste parole facilmente può iniziare una serie di recriminazioni contro il Signore che accresce la rabbia e l'isolamento. Qui non è separazione, ma fonte di una relazione profonda e sofferta perché chi prega sa che si rivolge al suo Dio. Non sa come, ma lo riconosce comunque come Salvatore.

"Mio Dio, grido di giorno e non rispondi;
di notte, e non c'è tregua per me.
Eppure tu sei il Santo,
tu siedi in trono fra le lodi d'Israele".

Doloroso paradosso della fede: il Signore non risponde eppure il credente sa che la sua presenza in mezzo al popolo è continua, fedele, potente. Lui è il Santo che riempie il tempio (cfr. Is 6, 3-4), ma è anche colui che si è seduto tra i suoi figli che innalzano lodi e preghiere colme di stupore.
 

"In te confidarono i nostri padri,
confidarono e tu li liberasti;
a te gridarono e furono salvati,
in te confidarono e non rimasero delusi".

Il ricordo delle opere del Signore a favore dei padri, spinge a ritrovare il coraggio, è invito a se stessi per ritrovare fiducia.
Un altro salmo ricorda al Signore: "Chiunque in te spera non resti deluso!" (Sal 25, 3); è la certezza maturata in tutta la storia della salvezza, ed è necessario che diventi oggi certezza per il fedele che soffre!

"Ma io sono un verme e non un uomo,
rifiuto degli uomini, disprezzato dalla gente".

La consapevolezza della propria povertà e piccolezza aiuta a non mettersi davanti al Signore da superbo, a non pretendere ma ad invocare.
Ma la sofferenza è fonte di emarginazione, in se stessi perché non ci si sente capiti nell'abisso del dolore, e negli altri perché mettersi faccia a faccia con chi soffre è difficile e drammatico.
"Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima" (Is 53, 3).

Questo dice con una lucida verità il profeta Isaia, profetizzando la vicenda di ogni uomo piegato e piagato dalla vita e quindi anche del Messia che quei dolori avrebbe caricato su di sé per togliere l'onta e il rinnegamento sul viso di ogni fratello.

"Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!»"

È la cosa più dolorosa che un credente può sentirsi dire: parli tanto di Dio, dov'è ora che ne hai bisogno? Alla sua vacillante fiducia arriva una spallata da parte di chi non ha mai digerito il suo appoggiarsi alla fede.
"Se Dio mi ama perché vivo questo?" si domanda ognuno di noi nella sofferenza. Questo sospetto di abbandono che si prova viene accentuato in modo esponenziale se sono gli altri a porre il terribile dubbio che Dio abbia voltato anche lui lo sguardo inorridito da tanto male!
Chi soffre non è amato: questa la velenosa conclusione di chi non vede prodigiosi interventi di salvezza, e avvalorata ancora di più da ciò che la religione ebraica affermava.

"Sei proprio tu che mi hai tratto dal grembo,
mi hai affidato al seno di mia madre.
Al mio nascere, a te fui consegnato;
dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio".

Il Signore è levatrice che trae dall'indistinto e porta alla vita, che trova il nutrimento per ogni lattante, che è esso stesso madre che accoglie tra le braccia.
Il salmista sa chi è il suo Dio, ne ha fatto esperienza, tutta la sua vita l'ha vista accompagnata da queste mani amorevoli.
Piano piano la preghiera ha realizzato il prodigio che sembrava impossibile: il credente ritrova il bandolo del filo che lo lega come un cordone ombelicale a Dio. Non si sente più abbandonato e trova il conforto nel combattimento che lo aveva prostrato.
"Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore" (Rm 14, 8) dice Paolo in altre parole, con la stessa fede del salmista.

Un'immagine molto significativa chiude questa prima parte del Salmo: i bambini appena nati venivano messi tra le braccia del padre che doveva riconoscerli come propri figli davanti a tutti.
Il credente riconosce che questo è stato fatto per lui, ed è una genesi, è principio fondante che non si può cancellare con nessuna sofferenza e nessun peccato.
Elevati alla dignità di figli siamo per sempre legati al Padre, per sempre tratti dalle tenebre e portati alla luce. E' l'identità inscritta in coloro che si scoprono fatti a immagine e somiglianza sua; è la volontà del Padre che si specchia nei nostri occhi e ci fa suoi.

Commenti

  1. "Al mio nascere, a te fui consegnato;
    dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio".
    Signore tu sei stato la mia alba e sarai il mio tramonto.
    A te consegnato,
    tu il mio Dio.
    Il mio nascere sotto i tuoi occhi,
    il mio vivere nelle tue mani.
    Gioia di essere tuo.
    Gioia di sapermi guardato da te con tenerezza.
    Gioia di vivere oggi con te.

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  2. In te confidarono e non rimasero delusi
    SI
    Non deludi
    Mi tieni sempre vicino a TE
    Ed è bello percepire che sei qui con me
    Non lasciarmi mai,io sempre in TE confido.
    Grazie Gesù

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