Prima lettura del 6 novembre 2019

Debitori dell'amore vicendevole
Rm 13, 8-13

"Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge.
Infatti: «Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai», e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: «Amerai il tuo prossimo come te stesso».
La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità".


Quali e quanti comandamenti è necessario mettere in pratica per far piacere a Dio?
Questo è uno dei grandi dilemmi degli uomini religiosi, un pensiero molto ricorrente negli insegnamenti rabbinici.
Paolo sa che questo nodo centrale va affrontato per chi voglia passare dall'ebraismo alla sequela di Gesù.
Facendo eco al suo Maestro, sottolinea come lui il modo nuovo di guardare ai comandamenti ricevuti sul Sinai dall'antico Israele.
Più volte avevano interpellato Gesù affinché dissipasse i dubbi e si esprimesse su quale fosse il comandamento più importante.
Era compito del Messia discernere la verità della Scrittura.
Gesù, invece di imbarcarsi in pensose risposte come facevano i rabbini del tempo, andava subito al dunque: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. 
Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti" (Mt 22, 37-40).


"Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole".

Bellissima questa immagine: l'unico debito reciproco da avere (che non si estingue mai) è l'amore.
Quante contese e divisioni per questioni di interesse e debiti anche tra fratelli... Paolo taglia la testa al toro, indicando anche in questo caso, il nuovo stile dei discepoli del Messia Gesù.

"Perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge".
Tanti cavilli sulla legge, le osservanze rituali, tutto è superato dall'Amore!
Contrapposto al Dio legislatore, assolutizzato dai giudei, Gesù finalmente rivela pienamente il Dio Amore, mostrando quanto fosse stato nascosto e travisato dalla legge antica.
Amare è obbedire, amare è compiere, amare è realizzare la Legge nuova del servizio e della gratuità.

"Infatti: «Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai»".
Come aveva già fatto il Maestro, Paolo richiama i comandamenti che riguardano i fratelli e omette quelli che riguardano Dio.
Era persuaso anche lui che il Signore non è preoccupato di difendere i suoi diritti, né desidera che gli uomini si ergano a difensori della sua santità.
Piuttosto la volontà di Dio, rivelata in Gesù, è che il suo amore divenga il modo nuovo di vivere la fraternità tra gli uomini.

"Qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: «Amerai il tuo prossimo come te stesso».
L'affermazione di Paolo è grandiosa: "Qualsiasi altro comandamento!"
Ma proprio qualsiasi? Scusatemi, ma a leggerlo bene, rimango sempre spiazzata da Paolo!

Ma dove lo mettiamo "Non avrai altro Dio al di fuori di me"? Dio stesso ha abdicato a favore dell'uomo? E la sua santità, la lode che gli è dovuta? Il servizio dell'uomo al suo creatore?
Viene da ribellarsi a questa poca considerazione del Padre!
Eppure Dio, pur potendolo fare, non si è messo al primo posto, non ha dato peso e importanza a se, ma tutto ha fatto confluire nell'amore verso il prossimo!
L'amore è dono, volontà di bene dell'altro, spinta a realizzare il prossimo.
E in Dio Amore questa volontà raggiunge la pienezza dell'uscire da se per riversare benedizioni sull'umanità.

"La carità non fa alcun male al prossimo".
E qui sarebbe utile rileggere l'intero capitolo 12 della lettera ai Romani, dove si trova una lunga catechesi a commento di questo versetto, e risuona nelle nostre orecchie l'inno alla carità, che pur di non fare male, rinuncia, ci rimette, dimentica, sopporta (
cfr. 1Cor 13).
Quante volte sentiamo che anche non volendo, facciamo del male, siamo incapaci di portare il bene! La carità è la nostra meta e il nostro desiderio verso cui camminare, nella certezza, che solo la Parola ci infonde, di riuscire un giorno a raggiungere.

"Pienezza della Legge infatti è la carità".
La legge sembrava fine a se stessa, l'apice della rivelazione della giustizia divina; in effetti non era che l'apripista per l'arrivo dell'amore manifestato nel Figlio.
La legge è monca, limitata, parziale. I comandamenti non sono che rivelatori di un nuovo modo di vedere la vita e se stessi: non più egoisticamente ripiegati sui propri bisogni e desideri, ma indirizzati verso l'altro da sé, da accudire, ricercare, far realizzare.
Tutto trova compimento nell'amore e tutto ne viene a capo, si ricapitola. L'amore dà luce e sapore alla nostra vita e ad ogni nostro gesto. Senza di esso ogni parola o azione risultano grigie e insapori, oltre a risultare portatrici di morte.
La Parola ci mostra che noi possiamo accedere alla pienezza della Legge: l'Amore ci è stato rivelato in tutta la sua portata salvifica nel Cristo, carità del Padre.
Che ci rimane da fare? Semplicemente sentirci debitori d'amore, non verso Dio che ce lo ha riversato sovrabbondantemente nel cuore, ma verso i nostri fratelli, coloro che il Padre ama.

“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10, 8).

Commenti

  1. Rabbi Simlaj disse: “Sul monte Sinai a Mosè sono stati enunciati 613 comandamenti: 365 negativi, corrispondenti al numero dei giorni dell’anno solare, e 248 positivi, corrispondenti al numero degli organi del corpo umano … Poi venne David, che ridusse questi comandamenti a 11, come sta scritto [nel Sal 15] … Poi venne Isaia che li ridusse a 6, come sta scritto [in Is 33,15-16] … Poi venne Michea che li ridusse a 3, come sta scritto: ‘Che cosa ti chiede il Signore, se di non praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio?’ (Mi 6,8) … Poi venne ancora Isaia e li ridusse a 2, come sta scritto: ‘Così dice il Signore: Osservate il diritto e praticate la giustizia’ (Is 56,1) … Infine venne Abacuc e ridusse i comandamenti a uno solo, come sta scritto: ‘Il giusto per fede vivrà’ (Ab 2,4)” (Talmud di Babilonia, Makkot 24a).

    Infine, non si dimentichi il “comandamento nuovo” dato da Gesù ai suoi discepoli nel vangelo secondo Giovanni: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati” (Gv 13,34; 15,12). Gesù non dice: “Come io ho amato voi, così voi amate me”, in una simmetria responsoriale, ma dà il comando di un amore diffusivo: l’amore del Signore per noi ci abilita ad amare gli altri del suo stesso amore, fino a dare la vita per loro.
    (Enzo Bianchi

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  2. L'amore costituisce l'unico debito che i credenti sono chiamati a contrarre gli uni verso gli altri. Questo vale nei confronti di tutti e non solo verso i fratelli cristiani. Paolo nella lettera ai Romani aveva negato la validità della legge come mezzo per ottenere la salvezza. Qui la recupera in quanto via per conoscere la volontà di Dio. La carità verso il prossimo come vertice di tutta la Legge era un affermazione che era già presente nell'AT e nelle scuole rabbiniche. Anche Gesù aveva indicato l'amore del prossimo come vertice di tutta la Legge di Israele (Mt 22,34-40) e nel comandamento nuovo (Gv 13,34) aveva lasciato il proprio testamento.
    (Monastero Matris Domini)

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  3. Ed è enorme che citando l’amore per il prossimo, non citi anche l’amore verso Dio. E la ragione più profonda di questo è che, in Gesù, Dio è diventato per noi il più prossimo di ogni prossimo, il principio e la fonte di ogni “prossimità” nell’amore! La carità è dunque veramente la “pienezza della Legge”(ver.10), dove questa “pienezza” è non solo vicinanza, ma anche pienezza del dono, adempimento di ogni promessa, comunione piena.
    (Giovanni Nicolini)

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  4. ...Cosa resta?

    Il BENE di cui ci siamo nutriti e siamo stati capaci di dispensare:
    Vieni Signore Gesù a completare in me
    la Tua Opera

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