Prima lettura del 7 novembre 2019
Siamo del Signore
Rm 14, 7-12
"Fratelli, nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore.
Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore.
Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi.
Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E tu, perché disprezzi il tuo fratello? Tutti infatti ci presenteremo al tribunale di Dio, perché sta scritto:
«Io vivo, dice il Signore:
ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni lingua renderà gloria a Dio».
Quindi ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio".
La lettera ai Romani, tra gli scritti di Paolo, è certamente una delle lettere più complesse e difficili.
Ma alcuni paragrafi, come quelli che stiamo meditando negli ultimi giorni, sono delle perle di consolazione! Abbiamo bisogno della fede di chi ci ha preceduto e di quella dei fratelli che camminano con noi. Anche Paolo lo sentiva profondamente e con parole così belle ce lo ha trasmesso.
"Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso".
Vivere e morire per se stessi: fa paura solo a dirlo!
E' la solitudine più radicale e quindi più drammatica che un essere umano può sperimentare!
Quanto è sterile vivere per se stessi, ma peggio ancora è il morire nella più grande solitudine.
Penso a quanto sia bello vivere per i figli, per una comunità bisognosa, in una famiglia numerosa. E Paolo arriva a dire: "Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno" (Fil 1, 21). Tutto nella sua vita parte da Cristo e si ricapitola in Cristo. In questo andare dietro al Maestro, attira i fratelli nella stessa fede e fecondità.
Ma il senso della frase dice molto di più: la nostra vita è strettamente collegata a quella degli altri, molto più di quanto possiamo immaginare.
Quando ci si spegne, si rinuncia a relazionarsi o si muore, tutti gli altri ne sono impoveriti e limitati nel vivere.
Al contrario, quando si vive pienamente, chi sta vicino prende energia, bene e forza. La mia vita è benedizione per gli altri e vederne i frutti è motivo di nuova benedizione in me.
"Perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore".
Il Signore con la sua presenza, facendosi carne e abitando nella nostra vita, si è fatto nostro compagno nella vita e nella morte. Nessuno più di lui più raggiungere così profondamente la nostra solitudine. Tutta l'esistenza, sia il vivere che il morire, se rimessa in lui e vissuta per lui, diventa fonte di grande consolazione e speranza per noi e per i fratelli.
"Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore".
Questa verità è per me fonte di grande consolazione! Me la ripeto proprio quando sembra che il dolore non abbia fine e che sia troppo difficile procedere... Mi conforta sapere che in ogni caso la mia vita è affidata a chi mi ama e non la lascerà perire, non lascerà che si perda.
"Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi".
Morte e vita, in questo ordine, sono la sottolineatura di una vita successiva alla morte. Nella sua morte e risurrezione Cristo è diventato Signore dei morti, di quelli che muoiono e che ritornano in vita. La Signoria di Gesù è totale e la morte non la ferma, si estende alla vita dopo la morte.
Nella liturgia di un funerale si prega dicendo: "la vita non è tolta ma trasformata".
Il Cristo ha cambiato senso e futuro alla morte stessa con la sua morte, aprendola ad una Vita che non ha più fine.
"Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E tu, perché disprezzi il tuo fratello?"
Estremamente pratica la conseguenza che Paolo tira dal discorso sulla morte. Davanti alla morte e al nostro essere in Cristo il giudizio e il disprezzo del fratello non ha più ragione di esistere. La memoria di queste cose ridimensiona le nostre pretese e le nostre velleità di "giustizia".
Inutile esprimere giudizi di condanna su coloro che condividono il mio stesso destino: "Tutti infatti ci presenteremo al tribunale di Dio".
Un'unica meta, un unico grande giudizio salvifico, unirà nella pace l'umanità.
"«Io vivo, dice il Signore:
ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni lingua renderà gloria a Dio».
Quindi ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio".
Vivere davanti alla Signoria di Cristo Gesù ci porta a sentirci tutti sullo stesso piano, non di leader, ma di figli.
Nessuno più si può ergere a giudice del fratello; tutti illuminati dalla sua vita, tutti riconoscenti dell'unico giudizio vero e liberante che si è manifestato nella croce e nella sua morte per noi.
Queste parole di s. Paolo ci parlano di una vita "orientata", di una esistenza che sa perché e per chi vive e perché e per chi muore.
RispondiEliminaLui non solo è la nostra meta ma pure la nostra via, la nostra guida e la nostra benzina.
É la nostra fame ma anche il nostro cibo, la nostra sete e la nostra acqua.
Una vita radicata in lui ha il suo orientamento che resiste alla sbandate, alle buche, agli errori di percorso. Infatti con Lui il "ricalcolo" del tragitto è sempre possibile.
(Emanuela Giuliani)
Abbiamo bisogno di sollevare i nostri occhi dal nostro ombelico dove purtroppo a volte si inchiodano, portandoci a vivere (e a pensare) solo per noi stessi e dunque condannandoci al disorientamento.
RispondiEliminaQuando riusciamo a farlo scopriamo allora una nuova possibilità di "navigazione" nel mondo interiore ed esteriore e l'impressione di essere senza un inizio e senza una fine, senza una meta e senza un percorso finalmente ci abbandona.
Grazie per essere Signore il nostro punto fermo e la via per raggiungerlo. Grazie perché ci aiuti a ritrovarci in Te.
La voce di un Rabbi
"Considera tre cose: sappi da dove vieni, dove vai e davanti a chi un giorno dovrai rendere conto".
Rabbi di Gher citato da M. Buber
(Emanuela Giuliani)
Non c’è vita che non porti in sé la morte e non c’è morte che non porti in sé la vita.
RispondiEliminaIn Cristo si muore per vivere e si vive per morire di nuovo, in un continuo rinnovamento interiore che è crescita del nostro io, fino alla statura dell’uomo perfetto.
Se ti senti in vita, nulla esclude che sia finita ogni esperienza di morte, se ti senti morto, non per questo sei fuori della vita.
Il discorso ha un suo peso quando l’esistenza assume aspetti drammatici, come nella malattia e nella perdita delle persone care. La morte sembra prevalere sulla vita, ma è solo questione di tempo e di pazienza.
La vita alla fine avrà la meglio e rinascerà più bella e più gloriosa. Se non possiamo sfuggire ad un destino di morte, il Signore ci libera dal timore della morte, perché non c’è morte che non sia foriera di vita, se non per quelli che non credono in Cristo Gesù. Stringiamoci forte al Signore e lasciamoci da Lui abbracciare: tutto sarà più facile e più leggero.
(esegesidellescritture.it)
Amen
RispondiEliminaGrazie Signore :
RispondiEliminanelle avversità
nello smarrimento
nell'oscurità
nell'errore
nella tristezza
è li' che ti ritrovo :
come una madre vegli sulla mia vita perché a te appartengo.
Che tutti possiamo scoprirci fratelli e sentire la Tua presenza consolatrice
Grazie, ieri sera abbiamo parlato proprio di questo dell'eternità, del nostro DIO, Dio dei vivi, non Dio dei morti.
RispondiEliminaChe bella speranza abbiamo noi Cristiani. GRAZIE