Prima lettura del 2 maggio 2020

Gesù Cristo ti guarisce
At 9, 31-42

"In quei giorni, la Chiesa era in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samarìa: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero.
E avvenne che Pietro, mentre andava a far visita a tutti, si recò anche dai fedeli che abitavano a Lidda. Qui trovò un uomo di nome Enèa, che da otto anni giaceva su una barella perché era paralitico. Pietro gli disse: «Enèa, Gesù Cristo ti guarisce; àlzati e rifatti il letto». E subito si alzò. Lo videro tutti gli abitanti di Lidda e del Saròn e si convertirono al Signore.
A Giaffa c’era una discepola chiamata Tabità – nome che significa Gazzella – la quale abbondava in opere buone e faceva molte elemosine. Proprio in quei giorni ella si ammalò e morì. La lavarono e la posero in una stanza al piano superiore. E, poiché Lidda era vicina a Giaffa, i discepoli, udito che Pietro si trovava là, gli mandarono due uomini a invitarlo: «Non indugiare, vieni da noi!». Pietro allora si alzò e andò con loro.
Appena arrivato, lo condussero al piano superiore e gli si fecero incontro tutte le vedove in pianto, che gli mostravano le tuniche e i mantelli che Gazzella confezionava quando era fra loro. Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi, rivolto alla salma, disse: «Tabità, àlzati!». Ed ella aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere. Egli le diede la mano e la fece alzare, poi chiamò i fedeli e le vedove e la presentò loro viva.
La cosa fu risaputa in tutta Giaffa, e molti credettero nel Signore".


La comunità dei discepoli cammina sulle vie di questo mondo, sospinta dalla missione che Gesù ha lasciato loro.
Il profeta di Nazareth aveva annunciato e realizzato l'opera di liberazione di Dio: "I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella" (Mt 11,5).
Quell'opera non si è compiuta con la sua Ascensione al cielo, ma continua ad essere efficace per l'annuncio dei discepoli, conquistati dal suo amore.

"La Chiesa era in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samarìa: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero".
Pace, solidità, dinamicità, conforto: sono le caratteristiche della Chiesa mossa dal Vangelo, che cammina in tutta la Palestina, non conoscendo particolarismi, divisioni o confini.
Tutti sono i benvenuti nella nuova comunità che cammina, nonostante le avversità e le persecuzioni, col corroborante conforto dello Spirito.

Nel suo viaggio di città in città, Pietro si reca dai fedeli che abitavano a Lidda, situata tra Gerusalemme e Cesarea di Filippo, perché anche le piccole comunità siano confermate nella fede.
"Qui trovò un uomo di nome Enèa, che da otto anni giaceva su una barella perché era paralitico".
Pietro cammina dove lo spinge il Signore e incontra uomini impediti, incatenati a barelle che sono la morte di ogni movimento, di ogni cammino. Sappiamo bene cosa significhi non potersi allontanare da casa, ancora di più comprendiamo come sia terribile avere un letto come unico spazio vitale.

"Pietro gli disse: «Enèa, Gesù Cristo ti guarisce; àlzati e rifatti il letto». E subito si alzò".
Ecco cosa porta Pietro nella sua visita: il nome di Gesù e il suo potere di ridare vita!
La Parola, che già aveva visto efficace nell'opera del Maestro (cfr. Mc 2, 1-12), è pronunciata dall'apostolo davanti al paralitico affinché cambi la sua esistenza segnata dalla paralisi e dalla rassegnazione a non rialzarsi più.
La Parola è efficace, risana e realizza l'opera di liberazione dal male donata dal Figlio. Pietro crede che davanti a quel nome ogni male retroceda e sia sconfitto.
Il letto, che era diventata una prigione, preludio della tomba, è rifatto dal paralitico stesso, che si alza come si alzano coloro che dalla morte risorgono. Infatti questo particolare ci ricorda i teli che avvolgevano Gesù, ben riposti e piegati nel sepolcro (cfr. Gv 20, 6-7).

"Lo videro tutti gli abitanti di Lidda e del Saròn e si convertirono al Signore".
È un segno per tutti, per la città e per la regione di Saròn, che apre nuove vie a chi cerca il Signore e il suo amore.
Davanti a quel segno di vita restituita dopo otto anni di paralisi, chi vede si lascia guidare dalla Parola e cambia la sua strada: da una via di morte, si incammina verso una vita consapevole del dono del Signore.

"A Giaffa c’era una discepola chiamata Tabità – nome che significa Gazzella – la quale abbondava in opere buone e faceva molte elemosine. Proprio in quei giorni ella si ammalò e morì".
Dopo un uomo incapace di camminare, una donna che dalla malattia approda alla morte: gli Atti in un crescendo ci raccontano la forza del nome di Gesù che gli apostoli non cessano di annunciare. E' una discepola, una credente che con le opere di carità aveva beneficato tutta la città e i poveri.

"La lavarono e la posero in una stanza al piano superiore. E, poiché Lidda era vicina a Giaffa, i discepoli, udito che Pietro si trovava là, gli mandarono due uomini a invitarlo: «Non indugiare, vieni da noi!». Pietro allora si alzò e andò con loro".
I credenti di Giaffa amavano molto Tabità, non si arrendono alla sua morte e mandano a chiamare Pietro.
L'apostolo accorre, docile a questa nuova chiamata, per portare conforto alla comunità con la luce vitale del Nome di Gesù.

Gli atti descrivono la commozione delle donne che mostrano a Pietro i segni concreti dell'amore di Tabità per i poveri. La sua presenza è ancora tangibile nella comunità che ha beneficato col suo lavoro.
"Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi, rivolto alla salma, disse: «Tabità, àlzati!».".
Pietro prega, solo davanti alla morte, affinché il Signore della vita strappi Tabità al sepolcro come era già avvenuto per l'amico di Gesù, Lazzaro (cfr. Gv 11, 41-43).
Ancora una volta ordina "alzati", ma non ad un paralitico, ma una donna ormai presa dai lacci della morte.

"Ed ella aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere".
La scena è toccante. Tabità apre gli occhi e vede l'apostolo: è un vero risveglio dal sonno della morte!

Si mette a sedere: è di nuovo una discepola in ascolto.

"Egli le diede la mano e la fece alzare, poi chiamò i fedeli e le vedove e la presentò loro viva".
Bellissima questa scena di sapore nuziale. La mano di Pietro, della Chiesa presente in quel momento, la rialza alla vita e viene presentata viva alla sua comunità come segno dell'intervento del Signore in loro favore.

"La cosa fu risaputa in tutta Giaffa, e molti credettero nel Signore".
Una scena così finisce giustamente nella lode al Signore che si prende cura dei suoi figli risvegliandoli dall'impedimento più grande che è la morte. Annuncio, segno e lode sono le tre tappe del cammino del Risorto in mezzo a noi.

Dove si annuncia, la Parola porta frutto e cresce la vita, piena, capace di camminare, lodare e servire i fratelli.
Come la suocera di Pietro che viene liberata dalle catene della febbre grazie alla mano di Gesù che la risolleva rendendola capace di servire gli ospiti in casa sua (cfr. Mc 1, 29-31), così anche Enea e Tabità sono liberati e ridati alla comunità perché annuncino il Nome di Gesù che è potenza di Dio.
Noi crediamo e ci affidiamo a questo Nome che, per volontà di Dio, "è al di sopra di ogni altro nome" (Fil 2 , 9), di ogni altro volere e di ogni altro potere.
Nel suo Nome chiediamo che sostenga tutta l'umanità e la liberi dai mali di oggi, come pandemia, guerre, sfruttamento, malattia, tutti nemici che le impediscono di rialzarsi e camminare.

Commenti

  1. I racconti dei miracoli degli Atti (3,1-8; 9,32-35. 36-41; 14,8-18)
    sono simili quelli di Gesù nei Vangeli: l’incontro del malato con
    il discepolo o con Gesù, il miracolo della guarigione, segno
    della presenza di Dio che salva, e la fede in lui, che è il fine del
    miracolo. Negli Atti si sottolinea la preghiera a Gesù, per
    indicare che è lui, non il discepolo, a fare il miracolo.
    Tutti i miracoli sono in realtà segno del Crocifisso glorificato e
    vogliono portare alla fede in lui come Signore. Anche quelli
    fatti da Gesù sono un anticipo della potenza della croce.
    Questa è il motivo del segreto messianico, valenza implicita in
    ogni miracolo. Matteo la esplicita chiaramente alla sera dei
    primi miracoli, dopo il discorso della montagna. Sono segni
    della creazione nuova, opera della Parola, che si realizza sulla
    croce: “Egli ha preso le nostre infermità. si è addossato le
    nostre malattie” (Mt 8,17). È citazione del quarto canto del
    servo del Signore” (Is 53,4).
    (Silvano Fausti)

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  2. Camminare vuol dire andare davvero sulla via dell’amore. E
    quello è un cammino eterno.
    E così vedere, vuol dire davvero vedere la realtà e quella è
    una visione che non avrà mai fine.
    Quindi l’importante è il segno e il segno è sempre
    sostanzialmente la fede.
    E all’origine del miracolo non c’è la potenza di Gesù, non è
    mai un atto di potere, ma, al contrario, si dà la spiegazione dei
    miracoli, c’è il segreto messianico di non dire a nessuno dopo i
    miracoli, perché? Perché il segreto dei miracoli è la Croce: lo dice
    Matteo 8, 17, dopo la prima giornata di miracoli e li spiega così: lui si è caricato dei nostri mali e si è addossato le nostre iniquità.
    Quindi è sulla Croce che ci guarisce l’Agnello di Dio che porta
    su di sé il male del mondo.
    (Silvano Fausti)

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  3. Tabità, Alzati. La stessa parola della risurrezione.
    Ora essa apri i suoi occhi e, visto Pietro, si levò a sedere.
    E Pietro datole la mano, la alzò. Ora, chiamati i santi e le
    vedove, la presentò vivente.
    Vivente è l’attributo di Gesù che Luca dà: il Vivente. Non lo
    chiama di solito “Risorto”, perché Risorto è per chi l’ha visto risorto.
    Luca che viene da una generazione successiva non ha visto Gesù
    Risorto, esperimenta che è il
    Vivente ora.
    Questa è come una sovrimpressione di Cristo: è il Vivente, perché? È risuscitata. Per continuare a fare le stesse opere.
    Ora il racconto della Risurrezione è reale, però ha un valore
    simbolico grande nella Chiesa per dire a tutti coloro che sono come
    Enea: ascolta, cerca di far risuscitare in te questa Tabità, che il racconto di questa alzi anche te e ti faccia diventare come lei,
    vivente, di modo che sappiamo di essere passati dalla morte alla
    vita perché amiamo i fratelli, ma non con le parole, con le opere e la
    verità.
    E quindi abbiamo questa donna. È bella questa risurrezione
    perché richiama ciò che deve sempre risorgere nella Chiesa, perché se manca questo manca tutto.
    Manca chi è vivente. E il Vivente è colui che sa, come Cristo,
    amare e servire.
    (Silvano Fausti)

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  4. La prima cosa bella che osservi in una nuova vita,è il NUOVO ,il primo pianto,l'affacciarsi con fatica,a testa in giù,per il primo respiro autonomo.
    Sembra una pochezza,quello che ho descritto....ma assistervi in una sala parto è veramente emozionante.
    L'esserino deve fare i conti con una NUOVA realtà,ma non è SOLO;
    così noi,io in questione,NON SARO' mai solo in questo ritornare a Vivere(un pò alla Nicodemo),
    VIVERE non vivacchiare ,con LUI al mio fiano.
    Grazie Signore.......

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  5. ERRATA CORRIGE:
    volevo scrivere,fianco.

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