Prima lettura dell'8 maggio 2020
At 13, 26-33
"In quei giorni, [Paolo, giunto ad Antiòchia di Pisìdia, diceva nella sinagoga:]
«Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata la parola di questa salvezza.
Gli abitanti di Gerusalemme infatti e i loro capi non hanno riconosciuto Gesù e, condannandolo, hanno portato a compimento le voci dei Profeti che si leggono ogni sabato; pur non avendo trovato alcun motivo di condanna a morte, chiesero a Pilato che egli fosse ucciso.
Dopo aver adempiuto tutto quanto era stato scritto di lui, lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro. Ma Dio lo ha risuscitato dai morti ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono testimoni di lui davanti al popolo.
E noi vi annunciamo che la promessa fatta ai padri si è realizzata, perché Dio l’ha compiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: “Mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato”».
Il bellissimo discorso di Paolo nella sinagoga di Antiochia, in Pisidia, l'odierna provincia Isparta in Turchia, è rivolto a ebrei che ben conoscevano le vicissitudini d'Israele; ne riascoltano tutta la storia con una conclusione inedita: l'annuncio del Salvatore atteso.
Tutta la Storia Sacra è letta come annuncio e cammino verso il suo culmine che è il Messia. Il pezzo che leggiamo oggi riguarda direttamente l'annuncio di Gesù a cui segue un invito alla conversione.
"Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata la parola di questa salvezza".
Paolo non ha mai rinnegato le sue radici ebraiche e li chiama fratelli con affetto sincero.
La benedizione fatta ad Abramo in una lontana notte di 2000 anni non è stata mai revocata e gli ascoltatori di Paolo sono gli eredi di quella promessa a cui finalmente viene annunciata la piena realizzazione.
"Gli abitanti di Gerusalemme infatti e i loro capi non hanno riconosciuto Gesù e, condannandolo, hanno portato a compimento le voci dei Profeti che si leggono ogni sabato".
Quello che è successo nei giorni della passione di Gesù a Gerusalemme non è stato un completo disastro che ha fatto vacillare il piano di Dio da parte di chi ha rifiutato e condannato a morte il Messia.
Per Paolo la condanna dei capi e di Gerusalemme non ha fatto altro che realizzare la voce profetica, mai spenta in Israele.
Paolo mette insieme i pezzi di un grande puzzle e Gesù è il pezzo mancante che dà senso a tutto il disegno, che incastra e spiega ogni singolo tassello di parola che viene dal Padre.
Il compimento del piano del Signore, paradossalmente, si realizza proprio nel rifiuto degli uomini, cioè mette a nudo che il modo di salvare del Padre non è il nostro, anzi, la sua via di salvezza scardina la nostra, mostrandone l'assurdità.
"Pur non avendo trovato alcun motivo di condanna a morte, chiesero a Pilato che egli fosse ucciso".
Anche la vicenda politica, che si intreccia con gli interessi religiosi per portare a morte Gesù, è messa a nudo nel suo fallibile ed egoistico giudizio che non ricerca, ma che soffoca la verità.
Infatti Paolo sottolinea che facendo leva sugli interessi e sulle paure di Pilato, i capi forzarono la mano del procuratore ed ebbero la condanna che portava a morte un innocente per la legge romana.
"Dopo aver adempiuto tutto quanto era stato scritto di lui, lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro".
Realizzate le profezie, tutto sembra finire con la pietra rotolata all'ingresso del sepolcro. Dio non lo ha liberato, non lo ha soccorso, vuol dire che non era dalla sua parte come invece egli sosteneva... Questa l'amara conclusione, che avevano visto gli apostoli e sembrava la definitiva vittoria di chi lo aveva accusato di sacrilegio.
"Ma Dio lo ha risuscitato dai morti ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono testimoni di lui davanti al popolo".
La forza di questo "ma" è il colpo di coda impensato, improvviso, che ci fa esultare ogni volta che lo ascoltiamo!
La suspense della storia, che frana in discesa fino alla morte, è rotta da quest'azione di Dio che frantuma le stesse regole umane che sembravano immutabili sin dal peccato dei progenitori in poi (cfr. Gn 3,19).
Cristo risorto è la prova che il Padre era sempre stato dalla parte della vita e che aveva preparato l'umanità all'accoglienza della resurrezione, la nuova vera meta del cammino di Gesù e di tutti gli uomini.
"E noi vi annunciamo che la promessa fatta ai padri si è realizzata, perché Dio l’ha compiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù".
Dalla parola antica delle profezie si passa alla dichiarazione dei discepoli: essi possono testimoniare che la vita non è quella limitata dei mortali, ma l'esistenza che riprende Vita nel Figlio.
Cristo risorto è il compimento delle profezie, il capovolgimento della nostra visione finita delle cose e il nuovo volto di Dio che ama per sempre i suoi figli.
"Come anche sta scritto nel salmo secondo: «Mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato».
Paolo conclude il suo discorso proprio con una profezia, citando il Salmo 2 e mostrando la risurrezione di Gesù come la generazione continua con cui il Padre "oggi" ridona vita al Figlio.
Importante quell' "oggi": la fede che accoglie l'annuncio rende presente l'opera di Dio nel momento presente. L'oggi della fede ci rende vivi in Cristo e figli nel Figlio.
Noi "siamo risorti con Cristo" (Col 3, 1) dirà Paolo alla comunità dei Colossesi, in un presente che si spiega proprio con l'oggi del Cristo risorto che ci porta tutti alla sua stessa Vita.
Il ricordo del passato serve per aprire gli occhi sul presente:
RispondiEliminaDio, come ha agito allora, agisce ancora e sempre. Ciò che
Paolo dice, vale non solo per i suoi ascoltatori di allora, ma
anche per noi cristiani di oggi. Se non sappiamo leggere
l’azione di Dio “oggi”, siamo “praticamente atei”. Riduciamo la
storia della salvezza a reperto fossile: un fatto del passato,
senza significato per il presente. Chiudere Dio nelle nostre
dottrine e spiegazioni sul passato, senza la sorpresa di scoprirlo
oggi sempre all’opera nella nostra vita, significa negare che sia
Signore della creazione (continua!) e della storia.
(Silvano Fausti)
La fede cristiana non è una dottrina, non
RispondiEliminaè un alfabeto, è una persona: Gesù.
Il quale ha scritto niente, ha detto nessun idea particolare, ha
solo testimoniato il fatto che Dio è Padre di tutti, ama tutti e dà la
vita per tutti.
E fu ucciso perché presentava un Dio che secondo loro
bestemmia, perdona, si fa amico degli ultimi, non punta al potere, al
prestigio, conosce come legge suprema la misericordia e il perdono,
non fa esclusioni e via di seguito. Questo distrugge la religione.
E di fatto il Cristianesimo non è una religione, non è una
dottrina, ma è una Persona, una Persona che ha ascoltato l’uomo,
perché l’uomo è immagine di Dio e allora ha tirato fuori quello che
c’è nel cuore dell’uomo. E di Gesù si può parlare in qualunque
alfabeto, perché non è questione di alfabeto. Di fatti Paolo si è fatto
tutto a tutti e si può tradurre in tutte le lingue e tutte si rispecchiano dentro.
(Silvano Fausti)
Il Santo Padre ieri si soffermava tanto, sull'appartenenza cristiana
RispondiEliminaUN POPOLO che ha radici storiche
Eventi successi, avvenuti, reali.
Devo aiutarmi con questa MEMORIA, mi deve fare da filattero
per non cadere....