Salmo del 13 aprile 2022
Quando avevo sete mi hanno dato aceto
Salmo 69 (68), 21-22
"21 L'insulto ha spezzato il mio cuore
e mi sento venir meno.
Mi aspettavo compassione, ma invano,
consolatori, ma non ne ho trovati.
22 Mi hanno messo veleno nel cibo
e quando avevo sete mi hanno dato aceto".
Il salmo 69 è molto citato dal nuovo testamento. Tutti i versetti sono pieni di sofferenza e di abbattimento, ma forte è la fede che lega ogni supplica, e la certezza della tenera cura del Signore non viene mai meno. Per questo molte espressioni sono riferite alla passione di Gesù, come il versetto che parla di sete e di aceto.
È una grande preghiera che nasce dal dolore e cresce nella speranza; alla forza opprimente che il salmista subisce si contrappone la sua tenacia nell'invocazione e nell'affidarsi.
"L'insulto ha spezzato il mio cuore
e mi sento venir meno".
Chi è perseguitato non subisce solo i dolori fisici, ma le parole sono taglienti come le spade e tolgono il fiato, stroncano il cuore; le relazioni spezzate fanno sfuggire volti amici e sicurezza negli altri.
Grande angoscia coglie coloro che oltre a subire condanne ingiuste vengono privati della loro dignità, ricoperti di insulti. La parola ha molta rilevanza nel popolo della Scrittura e se ne coglie la grande portata liberante e vivificante come anche quella che fa deflagrare i cuori quando è carica di menzogne.
Pur nella condizione di sentirsi ormai senza forze, il pensiero del credente è rivolto al Signore, l'unico che può accogliere il lamento di coloro che la cui voce è stata tolta.
"Mi aspettavo compassione, ma invano,
consolatori, ma non ne ho trovati".
E' messa a fuoco una sofferenza che va al di là delle angherie fisiche: nessuna compassione, nessuno che ha parole di conforto o sguardi di pietà Proprio da coloro che si reputavano amici, la mancanza di com-passione è un peso difficile da portare.
Il tradimento che Gesù ha subito all'apice della sua vicenda umana ha toccato anche questo baratro, quello dell'essere lasciato solo proprio da coloro che gli erano stati più vicini.
"Mi hanno messo veleno nel cibo".
Ciò che doveva nutrire ora è invece cibo avvelenato.
Lo aveva ben detto Gesù a colui che lo tentava di saziarsi con un pane facile e autoprodotto:
"Non di solo pane vivrà l'uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4, 4).
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4, 4).
E possiamo dire anche ogni parola pronunciata da chi amiamo!
C'è un pane che nutre corpo e spirito insieme, e che spesso non vogliamo donare. Non basta prendersi cura della pancia, la vita convissuta e condivisa in ogni aspetto fondamentale e le parole di gratitudine e di lode, sono cibo vero, che nutre e fa crescere.
Senza questa attenzione la vita diventa amara e tutto è occasione di morte.
"E quando avevo sete mi hanno dato aceto".
Altro simbolo della tristezza in cui si trova il salmista: nella sete e nel bisogno invece di essere dissetati, si riceve ancora più amarezza! Nessuna pietà, nessuna compassione, e la sete di comprensione e di essere liberati aumenta.
Sono parole di chi prega e solo al Signore può affidare lo sfogo per tanta sofferenza.
Nei Vangeli della passione anche particolari come questi ricollegano la vicenda di angoscia profonda subita dal Cristo alla condizione di un'umanità schiacciata e sola.
"Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso" (Lc 23, 36-37).
Seppur l'aceto veniva dato ai moribondi come blando anestetico per mitigarne le sofferenze, quello dato a Gesù è accompagnato dalla derisione, dall'oltraggio, dall'ingiuria. E ricorda tanto quel cibo a buon mercato che il tentatore nel deserto gli aveva suggerito di procurarsi per salvarsi dalla fame.
Gesù non moltiplicò i pani, come non scese dalla croce: la sua condivisione con la nostra umanità vilipesa, denutrita d'amore, assetata di Dio trova in lui l'Emmanuele, il Dio che con noi condivide ogni condizione, fino in fondo.
Come dice bene Paolo:
"Se moriamo con lui, con lui anche vivremo" (2Tim 2, 11).
Con la certezza del salmista possiamo affidare la nostra vita nelle mani del Cristo; egli che ha subito le nostre stesse sofferenze, ci risolleverà alla sua stessa condizione di risorto.
Link di approfondimento alla liturgia del giorno:
Prima lettura di Is 50, 4-9
Commento del 17/04/2019
Salmo 69 (68), 1-10
Commento del 21/06/2020
Vangelo di Mt 26,14-25
Commento del 08/04/2020
C'è un pane che nutre corpo e spirito insieme, e che spesso non vogliamo donare. Non basta prendersi cura della pancia, la vita convissuta e condivisa in ogni aspetto fondamentale e le parole di gratitudine e di lode, sono cibo vero, che nutre e fa crescere.
Senza questa attenzione la vita diventa amara e tutto è occasione di morte.
"E quando avevo sete mi hanno dato aceto".
Altro simbolo della tristezza in cui si trova il salmista: nella sete e nel bisogno invece di essere dissetati, si riceve ancora più amarezza! Nessuna pietà, nessuna compassione, e la sete di comprensione e di essere liberati aumenta.
Sono parole di chi prega e solo al Signore può affidare lo sfogo per tanta sofferenza.
Nei Vangeli della passione anche particolari come questi ricollegano la vicenda di angoscia profonda subita dal Cristo alla condizione di un'umanità schiacciata e sola.
"Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso" (Lc 23, 36-37).
Seppur l'aceto veniva dato ai moribondi come blando anestetico per mitigarne le sofferenze, quello dato a Gesù è accompagnato dalla derisione, dall'oltraggio, dall'ingiuria. E ricorda tanto quel cibo a buon mercato che il tentatore nel deserto gli aveva suggerito di procurarsi per salvarsi dalla fame.
Gesù non moltiplicò i pani, come non scese dalla croce: la sua condivisione con la nostra umanità vilipesa, denutrita d'amore, assetata di Dio trova in lui l'Emmanuele, il Dio che con noi condivide ogni condizione, fino in fondo.
Come dice bene Paolo:
"Se moriamo con lui, con lui anche vivremo" (2Tim 2, 11).
Con la certezza del salmista possiamo affidare la nostra vita nelle mani del Cristo; egli che ha subito le nostre stesse sofferenze, ci risolleverà alla sua stessa condizione di risorto.
Link di approfondimento alla liturgia del giorno:
Prima lettura di Is 50, 4-9
Commento del 17/04/2019
Salmo 69 (68), 1-10
Commento del 21/06/2020
Vangelo di Mt 26,14-25
Commento del 08/04/2020
"Mi aspettavo compassione,
RispondiEliminama invano,
consolatori, ma non ne ho trovati".
Solitudine e delusione
di un sofferente.
Parola profetica sul Messia.
Parole dure che illuminano
certe fatiche della vita.
"Mi aspettavo compassione,
ma invano,
consolatori, ma non ne ho trovati".
Compassione e consolazione vengono dal Signore.
Compassione e consolazione
le cerco nel Signore.
Allora non sarà vana l'attesa.
"Mi aspettavo compassione,
ma invano,
consolatori, ma non ne ho trovati".
Vedi Signore
il nostro bisogno di compassione.
Guarda Signore
alla nostra necessità
di consolazione.
A te Signore affido la mia vita.
"Mi aspettavo compassione,
ma invano,
consolatori, ma non ne ho trovati".
L'insulto ha spezzato il mio cuore
RispondiEliminaSi
Quanta cattiveria ed aridità
Inveire a più non posso
Perdoni sempre
Aiuta chi arreca violenza, non sapendo quanto si perde in amore e gratificazione nell'amare
Pietà