Prima lettura di mercoledì 17 aprile 2019

Io non ho opposto resistenza
Is 50, 4-9

"Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.
È vicino chi mi rende giustizia:
chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci.
Chi mi accusa? Si avvicini a me.
Ecco, il Signore Dio mi assiste:
chi mi dichiarerà colpevole?


Il profeta che scrive è qui il Secondo Isaia che abbiamo già visto presentato nel primo canto del cap. 42, quello che apre i 4 canti che parlano di questo personaggio fondamentale nella profezia biblica, il servo di Jahvè.
Questo brano, dal profondo significato messianico, è detto il terzo canto.
Isaia non aveva un compito facile col popolo in esilio, pronto a dare la colpa di quello che stava vivendo ai nemici esterni, agli oppressori babilonesi.
Il profeta invece annuncia quello che Dio vede: il male non è fuori, ma dentro ogni ebreo esule.
L'essersi allontanati dal Dio vivente pensando di poter gestire la propria vita in una prosperità data dalle proprie mani, la prostituzione a idoli quali il denaro e il proprio io sicuro di essere inattaccabile, tutto questo aveva fatto inorgoglire il popolo, distrutto all'arrivo di un oppressore straniero, preannunciato inutilmente dai profeti.


In questa situazione di sofferenza e di prova il Signore non lascia soli.
Isaia è la voce di Dio che risolleva dalla sofferenza e dall'angoscia e passa dal di dentro, dal cuore di ogni ebreo sconfortato.
La sua esperienza rimanda a quella di Geremia (11, 19-21) ed Ezechiele (3, 8), fatta di grande forza nella missione data dal Signore, ma anche di tante sofferenze vissute a causa del servizio profetico perché il messaggio di denuncia dell'idolatria è scomodo per chi ascolta.
I profeti sono messaggeri sempre coinvolti da quello che annunciano, loro stessi per primi bruciati dal fuoco di cui sono portatori.

Allora questo servo sofferente chi è?
La prima risposta, la più ovvia è lo stesso profeta che annuncia e che trova, nelle parole di Dio, la consolazione per sopportare la riprovazione dei suoi, pur nell'innocenza del suo agire.
Ma anche il popolo può essere identificato nel servo angariato in schiavitù ma soccorso dalla mano del Signore che cura le ferite e restituisce l'eredità promessa.
Naturalmente noi, alla luce della rivelazione di Gesù Cristo, scopriamo la profezia di quella che sarà tutta la sua esistenza e in quest'ottica leggiamo il canto.

"Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato".

Il servo non è un sottoposto, un sottomesso: è discepolo, cioè colui che trasmette un altro e non se stesso. Il discepolo è colui che impara, che si nutre della sapienza del Maestro. Gesù è il discepolo per eccellenza, colui che non solo ascolta, ma fa le opere del Padre, rivelandolo: "credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre" (Gv 10, 37).

"Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza".
Il Servo oltre ad essere discepolo appartiene totalmente al Signore e si lascia penetrare dall'ascolto che diventa sua dimora, carne sua.
Quello che colpiva di Gesù era la confidenza intima che aveva col Padre, e traspariva il totale abbandono in lui: "Io e il Padre siamo una cosa sola" (Gv 10, 30).

"Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi".
Il servo sofferente non subisce un attacco che lo prende di sorpresa: offre lui stesso la guancia (cfr. Lc 6,29), si mette nelle mani dei nemici senza opporre resistenza. E' una scelta, lucida, che sa benissimo a cosa porterà.
Tutta la Passione di Gesù toglie il fiato e lascia senza parole perché si sente che non c'è nessuna volontà di difesa o di discolpa.

Gesù sta davanti a coloro che lo oltraggiano e lo feriscono con una forza che stupisce e si sente che non gli viene da se, ma dal Padre.
La passione è la grande decisione di lasciare fare ad altri, porgersi con la propria fragilità di fronte alla violenza immotivata, il deporre ogni arma, anche quella della lingua per lasciare che altri sfoghino tutta la violenza che viene dal non amore, dal non perdono.


Chi si muove a soccorrere chi è offeso, lacerato e sofferente, non trova mani accoglienti, ma unghie che continuano a difendersi.
Fare il bene a chi ne subisce la mancanza è versare amore in recipienti bucati che fanno fatica a trattenere.
Gesù mostra l'altra guancia a chi ha ricevuto schiaffi e non sa dare baci.

Il suo corpo è donato a chi subisce violenza e scambia gli abbracci per braccia che ghermiscono.
Dio che si abbassa sull'uomo vittima del sopruso dei suoi simili, prende su di se tutte le percosse che chi ha ferito non prenderà mai.
E' messo in conto, è il prezzo che il Figlio sa di dover pagare per ridare fiducia a cuori feriti e trafitti.
La non-resistenza è la caratteristica fondamentale del Servo.
Può essere equivocata per debolezza e ammissione di colpa, ma è invece la vera forza del Giusto che spera nel Signore e che ha affidato a lui la sua causa.
Il profeta resiste ai suoi oppositori per la sua fede in Dio. Sa che “non resterà confuso",

il Signore non lo deluderà. Gli uomini e i loro giudizi passano; Dio e la sua Parola restano per sempre. L'Amore resta!

"Chi mi accusa? Si avvicini a me".
Chi accusa prende le distanze dall'altro, si allontana per poter trattare il fratello da nemico e lo giudica diverso, ostile e avverso.
La strada di Dio è il contrario: chi accusa và avvicinato, la mano che offende non va bloccata, la lingua che ingiuria va ascoltata.
Avvicinarsi è la pedagogia di Dio per convertire il nostro cuore indurito.

Entrare nella nostra condizione limitata e segnata dalla morte è stata la strada vincente che ci ha conquistati, più di mille leggi e di anni di punizioni.
La strada del perdono è il modo salvifico di Dio, sconvolgente, pericoloso per lui, ma disarmante per noi.
Sia lode al Padre e al Figlio che hanno scelto la non violenza per guarirci, la morte per portarci alla vita.

Commenti

  1. È il servo stesso che parla della sua missione: da servo che ascolta ogni mattina a servo che annuncia la parola del Signore. E ciò a caro prezzo, fino a dover subire, senza difendersi, i flagelli, gli insulti, la tortura e la persecuzione, ma sempre conservando la fiducia del Signore Dio, che è fedele e che gli sta accanto anche nell’ora della passione.
    (Enzo Bianchi)

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  2. Il quotidiano ascolto dell’orecchio del profeta non è dovuto al fatto che il parlare di Dio è normalmente percepibile dall’uomo, neppure è dovuto al fatto che lui rispetto agli altri possiede una sensibilità speciale: no, è dovuto esclusivamente a una iniziativa di Dio, che lo chiama e lo abilita all’ascolto:  “ogni mattina fa attento il mio orecchio”. Il profeta sempre si sente per così dire requisito da Dio e ammesso da Dio all’ascolto del suo messaggio.
    (Rino Tantardini)

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  3. Padre,
    non sappiamo più ascoltare;
    Padre,
    nessuno più ascolta nessuno:
    nessuno sa fare più silenzio!
    Abbiamo perso
    il senso della contemplazione,
    perciò siamo così soli e vuoti,
    così rumorosi e insensati;
    e inevitabilmente idolatri!
    Anche quando l'angoscia ci assale
    donaci, o Padre, di non dubitare;
    o anche di dubitare,
    ma insieme di sempre più credere:
    di credere alla tua fedeltà,
    al tuo amore
    al di là di tutte le apparenze;
    e con il tuo Spirito
    sempre presente
    nella nostra storia.
    (Davide Maria Turoldo)

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  4. Grazie per intrattenermi con Te
    Com' è difficilissimo starti dietro,quando a prevalere è la mia logica....
    Fammi sempre sperimentare la capacità del dono che raccoglie più dell' avere!
    Ristorami quando mi lecco le ferite procuratemi nell' aderire a TE( quelle poche volte)...
    E non permettere che sia lontano da TE,nel chiasso quotidiano

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  5. La strada del perdono è il modo salvifico di Dio, sconvolgente, pericoloso per lui, ma disarmante per noi....
    Come le sento vere queste parole, nella mia esperienza ho constatato che il perdono libera chi lo riceve e chi lo dà, entrambi sono salvi e liberi.
    La violenza, l' indifferenza, l' oppressione sono veramente atteggiamenti mortali, che imprigionano , offendono e contaminano la nostra esistenza. Tutto senza di Te Signore non ha senso, la nostra vita che è fruttuosa e fertile diventa mediocre e insipida.
    Signore della vita attirami a Te, sii Tu la mia strada, il mio unico maestro da seguire, apri il mio cuore al fratello che ha bisogno di essere ascoltato e a chi ha bisogno di essere perdonato, Tu per primo lo hai fatto con me.

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