Prima lettura del 15 settembre 2020

Causa di salvezza
Eb 5, 7-9

"Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito.
Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono".


Poche parole che aprono un orizzonte importante sull'esperienza di Gesù.
La lettera agli Ebrei è una lunga omelia sull'esistenza cristiana, vista come una grande liturgia di lode.
Qui si ferma a contemplare il Cristo e vedendo nella sua esistenza, non meno difficoltosa della nostra, la perla preziosa dell'obbedienza filiale, quella che salva la nostra vita dalla mania di onnipotenza che è mortale.
È un testo da leggere con grande spirito di preghiera.

"Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime".
È automatico pensare alla drammatica preghiera nel Getsemani, ma lo sguardo dell'autore della lettera viene rilanciato su tutta l'esistenza del Cristo.
È una preghiera accurata, rivolta a Dio con forza nei momenti di prova e di grande sofferenza.
Tutti i giorni il Cristo pregava offrendo la sua fatica ad abbandonarsi, offrendosi come figlio che accoglie una volontà non sua.
Un testo classico di spiritualità, "L'imitazione di Cristo" dice che "tutta la vita di Gesù fu croce e martirio" (Libro II Cap. XI), per dare il senso di quanto la sua esistenza fosse sotto la tensione che creava una doppia fedeltà all'uomo e a Dio.
La vita terrena del Cristo non è una barzelletta: completamente uomo come noi, ha attraversato le stesse difficoltà ad accogliere la realtà, troppo spesso ostile e non riconoscente della sua opera salvifica, specialmente tra i suoi fratelli, massimi oppositori.

"A Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito".
"Abbà" era l'invocazione di intima confidenza che nasceva dal cuore e dalle labbra di Gesù, rivolta al suo "papà" amato, a colui che ha potere su ogni vita e su ogni morte.
Con quale spirito Gesù pregava? Con "pieno abbandono a lui", dice il nostro brano.
L'ultima parola prima di effondere il suo spirito ce la ricorda il Vangelo: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23, 46).
Tutta la sua vita è stata vissuta con lo stesso atteggiamento: Gesù si appoggiava interamente al Padre, riversava se stesso in lui, non aveva i nostri dubbi sulla sua volontà salvifica, nessun timore che la sua vita ne venisse diminuita.
E sembrerebbe un controsenso che chi lo poteva salvare dalla morte, ce lo ha spinto dentro; lo ha "consegnato" agli uomini sapendo che lo avrebbero annientato!
Allora in cosa è stato esaudito? La lettera apre una prospettiva più profonda, non ovvia. Non è solo la resurrezione dopo la morte quello in cui il Figlio è stato esaudito. Ben più grande è stato il dono gradito e il desiderio accolto.

"Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì".
Figli certamente si nasce, ma è anche vero che si impara ad esserlo pur in mezzo sacrifici e difficoltà per rimanere fedeli alla paternità che ci genera. Noi impariamo, Cristo ha imparato. Non c'è altra via, concessa agli uomini in questo mondo, che passare dall'esperienza continua di rinunce ad affermare se stessi per far largo al Padre.
Ecco quello in cui è stato esaudito Gesù: nell'imparare, obbedendo, ad essere Figlio! E' la cosa più preziosa di tutta la sua vita, quella che è stata assunta dal Padre, che per questo lo ha elevato sopra ogni altro Nome e potenza!

"Reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono".
L'aderire completamente alla visione del Padre sull'umanità lo ha reso perfetto come lui, che ama i figli buoni e cattivi, che fa splendere il sole per tutti, che disseta con la pioggia tutti indistintamente (cfr. Mt 5, 45-48).
Ecco perché Gesù Cristo è Signore: sottomettendo la sua volontà al Padre, obbedendo "fino alla morte e alla morte di croce" (Fil 2, 8), ha coinvolto nella sua figliolanza tutti noi, salvandoci.

Preziose parole che ci svelano quale sia il dono più grande che possiamo scoprire vivendo: l'essere figli del Padre da sempre, creati così e messi in cammino per diventarlo in pienezza.
La nostra vita sempre attratta dall'Amore, eppure sempre recalcitrante di fronte ad una volontà che non è la nostra, grazie all'obbedienza totale da figlio che solo Gesù è riuscito a vivere, ci trascina e ci coinvolge in un vortice di adesione al Padre che noi non potevamo neanche immaginare!
Il nostro ginocchio si pieghi riconoscendo che Gesù Cristo è il Signore, obbediente al Padre per l'eternità; la nostra vita si incanali in questo continuo Amore che fluisce tra il Padre e il Figlio, portandoci fuori dalla morte e rendendoci figli santi e immacolati per sempre.

Commenti

  1. "Imparò l’obbedienza da ciò che patì". La Scrittura dice questo del Cristo. Imparò da ciò che patì. Imparare nella propria carne, dalla propria storia, dalle proprie sofferenze. Nessun fatto della mia vita passa senza lasciare traccia. Leggere le tante tracce nella mia storia mi mostra la direzione del mio cammino. I libri e i maestri devono insegnarmi ad imparare da ciò che sperimento, che mi accade, che patisco. Sentire un disagio fisico o spirituale è una pagina da leggere e capire. Ascoltare il mio corpo e il mio cuore è inizio di sapienza. La via del Cristo è quella dell'esperienza, dell'umile accoglienza della propria storia. Imparare dal patire, un vero compito per i miei giorni.

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  2. Dio poteva salvarlo da morte..........
    Il mio dilemma irrisolto,
    la morte libera,dà vita;dentro la morte è entrato Cristo!
    Poteva evitarlo?
    Tutte e tante domande che non lasciano uno spiraglio per entrarci.
    La volontà di DIO va accettata con fede,non col raziocinio.
    A questo devo ancora educarmi.
    Prego.

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