Prima lettura del 28 novembre 2020

Dio li illuminerà
Ap 22, 1-7

"L’angelo del Signore mostrò a me, Giovanni, un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni.
E non vi sarà più maledizione.
Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello:
i suoi servi lo adoreranno;
vedranno il suo volto
e porteranno il suo nome sulla fronte.
Non vi sarà più notte,
e non avranno più bisogno
di luce di lampada né di luce di sole,
perché il Signore Dio li illuminerà.
E regneranno nei secoli dei secoli.
E mi disse: «Queste parole sono certe e vere. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi le cose che devono accadere tra breve. Ecco, io vengo presto. Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro»".


Giovanni attinge copiosamente dalla Scrittura che conosce bene perché in Cristo vede realizzata ogni profezia. Nel brano della liturgia di oggi la sua visione attualizza quella del grande profeta Ezechiele.
Egli aveva visto scaturire l'acqua dal lato destro del tempio sotto l'altare:
"dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull'altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina" (Ger 47, 9.12).

"L’angelo del Signore mostrò a me, Giovanni, un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello".
L'acqua nuova non sgorga più dal vecchio tempio, ma direttamente dal trono di Dio e dell'Agnello. Torna l'immagine del cristallo, visto già in altra visione (cfr. Ap 15, 2), simbolo di trasparente purezza.
Gesù aveva affermato di sé stesso, scandalizzando chi era ancorato al vecchio credo, che lui era il nuovo Tempio, presenza di Dio e fecondità per tutti: "Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva" (Gv 7, 37-38)
Finalmente una grazia che zampilla copiosa, senza contagocce, che disseta per la vita, senza più la necessità di recarsi continuamente alla fonte / tempio per saziare la sete di Dio! (cfr. Gv 4, 13-14).

"In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni".
Ecco ritornare dagli albori della vicenda d'amore tra Dio e l'umanità, l'albero di vita, da cui Adamo ed Eva vengono allontanati (cfr. Gen 3, 22) per evitare guai più grandi, dopo aver toppato con l'albero della conoscenza.
Quest'albero fruttifica tutto l'anno e i frutti non sono più vietati: la completezza della rivelazione del Figlio apre alla possibilità di godere pienamente della Vita senza idolatriche pretese di impossessarsene.
Le foglie sono preziosi unguenti curativi, medicina accessibile anche alle nazioni, le genti pagane, perché a nessuno è negata l'entrata nella dimora, nella comunione col Signore.

"E non vi sarà più maledizione".
Che gioia questa affermazione! La maledizione, che è sottrazione di vita, non esisterà più perché il Signore che è benedizione non la pronuncia.
La benedizione originale, "crescete e moltiplicatevi" (Gen 1, 28), che precede e supera il peccato originale (cfr. Gen 9, 1), non avrà più limitazioni. È la vittoria della vita, su ogni realtà/contro, su ogni peccato/intralcio e su ogni dubbio.

"Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello:
i suoi servi lo adoreranno;
vedranno il suo volto
e porteranno il suo nome sulla fronte".

È una città-tempio, con i segnati, cioè quelli che hanno il sigillo del Padre e sono sua "proprietà" prediletta. Questi sono al cospetto di Dio come nessun altro prima poteva immaginare: vedono il suo volto, si specchiano in lui e lo adorano.

"Non vi sarà più notte,
e non avranno più bisogno
di luce di lampada né di luce di sole,
perché il Signore Dio li illuminerà.
E regneranno nei secoli dei secoli".

Nella Genesi la luce precede la creazione del sole e della luna.
Scomparsa ogni altra fonte di luce creata, che illudeva i popoli di divinità, Dio stesso si mostrerà come Luce (cfr. 1Gv 1, 5).
Il sole che non conosce tramonto, la lampada a cui non mancherà più l'olio: questa è la Luce del mondo futuro che nessuna oscurità può sovrastare.

"E mi disse: «Queste parole sono certe e vere. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi le cose che devono accadere tra breve»".
È quasi una notifica notarile che attesta la forza e la verità della parola profetica che Giovanni ha ascoltato in passato e che adesso vede realizzata.
Ascoltando, egli vede.
L'Apocalisse è la fine della Scrittura, ne è l'apice: la sua profezia è attuale e necessaria in ogni tempo perché mostra il Veniente della storia.

"Ecco, io vengo presto".

Chi attende è consolato, chi dubitava è rassicurato: nella vita di ognuno la venuta del Cristo è prossima, vicina, alba che si scorge già dalle tenebre che sembravano non avere nessun spiraglio.
A questa attesa personale si unisce l'attesa cosmica che si compie certamente col ritorno del Signore.

"Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro".
L'ultimo versetto del brano risponde al nostro interrogativo che serpeggia ad ogni annuncio bello, ad ogni rivelazione di questo Padre che ci precede in tutto e che ci salva gratis: "e io che cosa devo fare?"
L'apostolo Giovanni che lo ha sperimentato prima di noi, ci risponde: solo custodire!
E' beato chi fa solo questo; tiene per sé, come tesoro prezioso, unico, irrinunciabile, le parole benefiche e curative del libro.
Sono parole profetiche che non sono del tutto realizzate, che a volte non capiamo o ci turbano.
L'atteggiamento del discepolo è quello di Maria che non capiva l'evento dell'incarnazione, perché la soverchiava e la inondava, ma "serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2, 19).
Non c'è niente da mettere in pratica, ma il seme piantato va custodito per averne luce e forza nella battaglia che è la vita di ogni giorno.
Niente più maledizioni all'orizzonte, niente angoscia e paura di essere abbandonati: l'Apocalisse ci inonda di parole che dissetano, illuminano, danno forza, sostegno e beatitudine.

Commenti

  1. "Non vi sarà più notte,
    e non avranno più bisogno
    di luce di lampada né di luce di sole,
    perché il Signore Dio li illuminerà". Ecco il giorno promesso, il giorno senza tramonto, il giorno del Signore. Non più le luci faranno chiaro, ma la Luce avvolgerà per sempre ogni cosa. Non più tenebre, ombra, paura. È la Luce crescente che già vedo sorgere nel mio profondo e si fa spazio nell'oscurità. Dio è luce. Dio è vita. Dio è amore. È questo il mio Dio. Di lui si nutre l'anima mia.

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  2. "Ecco, io vengo presto".
    so che vieni
    intanto ti ho preceduto ,in questa immensa precarietà di intenti e soluzioni-
    Confido che vieni.
    TU solo puoi mettere ordine,serenità e pace VERA-
    AMEN

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  3. C e un ritornello che attraversa tutto questo libro dalle prime parole in poi: scrivi, sali,mostro, le cose che devono accadere...." Giunti alla fine ci sveli il senso della attesa: "ecco io vengo presto" e il mio cuore grida: Marana tua!

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