Prima lettura del 10 febbraio 2021
Un giardino in Eden
Gn 2, 4-9.15-17
"Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo, ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo. Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.
Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male.
Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.
Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire»".
La Scrittura ci regala un secondo racconto sulle origini del cielo e della terra. Dopo il racconto Sacerdotale, più astratto ma colmo di meraviglia e bellezza, la tradizione Jahvista ci regala una riflessione più antica e immediata come un racconto, che sonda da altri aspetti la ricchezza del dono originale.
"Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo, ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo".
Il cielo e la terra sono pronti, ma mancano due elementi fondamentali: l'acqua e il lavoro dell'uomo. Il deserto, così familiare e caro ad un popolo nomade, è inabitabile se non fosse per l'intervento di Dio.
"Ciò che rende bello il deserto, disse il piccolo principe, è che da qualche parte nasconde un pozzo" (Antoine De Saint Exupery).
E questo deserto non fa eccezione: nascosta all'evidenza, un'acqua sorgiva si prepara a far fiorire il deserto.
"Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente".
L'uomo plasmato con cura è il risultato di polvere del suolo (adamà, in ebraico) irrorata, fecondata dal soffio di Dio, dal suo Spirito.
Dio, come una levatrice, toglie dall'informe e dal buio l'uomo appena nato, facendolo respirare "di sé", immettendo in lui il suo respiro e rendendolo vivente!
E' una visione della vita piena di profonda enfasi! L'uomo non potrebbe respirare, cioè vivere, se non fosse per Dio che gli dona il suo stesso Spirito!
"Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato".
Il Signore diventa padre e prepara una culla accogliente, un meraviglioso giardino che ospita l'uomo bisognoso di ogni confort. Quante attenzioni per questa sua creatura, quanta premura per dare una terra promessa così diversa da un deserto inospitale!
"Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male".
Ricco giardino che rimanda a quelli visti da un popolo esule a Babilonia, famosa per i giardini pensili e le fontane che l'abbellivano in ogni parte!
Due alberi particolari, di alto valore simbolico, sono posti al centro: l'albero della Vita e quello del bene e del male, due rarità che danno la particolarità a questo luogo ameno e prezioso.
"Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse".
Ecco il dono! L'uomo non è passivo fruitore, ma Ospite e custode col Signore del luogo che è dimora comune e casa accogliente.
Nel giardino non viene lasciato solo: vedremo nel seguito del racconto come egli abiti col creatore, come sia accompagnato e guidato nei primi passi in questo mondo meraviglioso.
"Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire»".
Gli speciali alberi non sono una semplice collezione unica di un re bizzarro: sono lo svelamento della realtà umana, eccelsa eppure limitata, piena di eternità, eppure soggetta alla caducità di tutte le cose create.
Il limite alla regalità, al dominio e al possesso su tutto, è il dono più grande che il Padre può rivelare al figlio.
Tutti gli alberi sono desiderati per nutrimento, ma non tutto nutre, c'è anche una realtà che attira l'attenzione dell'uomo ma che non lo fa crescere, lo porta alla morte, e per questo è vietata.
"Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire»".
Gli speciali alberi non sono una semplice collezione unica di un re bizzarro: sono lo svelamento della realtà umana, eccelsa eppure limitata, piena di eternità, eppure soggetta alla caducità di tutte le cose create.
Il limite alla regalità, al dominio e al possesso su tutto, è il dono più grande che il Padre può rivelare al figlio.
Tutti gli alberi sono desiderati per nutrimento, ma non tutto nutre, c'è anche una realtà che attira l'attenzione dell'uomo ma che non lo fa crescere, lo porta alla morte, e per questo è vietata.
Paolo dirà con parole che danno senso a questo divieto vitale: "Tutto mi è lecito! Ma non tutto mi giova" (1Cor 6, 12).
Il Padre veglia su questo figlio adolescente e desideroso di non avere limiti, di poter conoscere tutto come giovamento e arricchimento immediato.
Ma è volere appropriarsi di una dimensione divina, non umana, un'illusione di poter essere come Dio, che brucia le tappe, fa impossessare di ciò che è promesso per l'eternità ma che distrugge nell'oggi, scaraventando in una dimensione mortale.
Come in un film questo racconto ci prende e ci appassiona. La Genesi parla al nostro profondo, al desiderio e al bisogno, alla scoperta di essere figli di Dio eppure limitati e mortali.
L'ultima scena non promette nulla di buono eppure accende in noi l'attesa di sapere come andrà a finire.
Il Padre veglia su questo figlio adolescente e desideroso di non avere limiti, di poter conoscere tutto come giovamento e arricchimento immediato.
Ma è volere appropriarsi di una dimensione divina, non umana, un'illusione di poter essere come Dio, che brucia le tappe, fa impossessare di ciò che è promesso per l'eternità ma che distrugge nell'oggi, scaraventando in una dimensione mortale.
Come in un film questo racconto ci prende e ci appassiona. La Genesi parla al nostro profondo, al desiderio e al bisogno, alla scoperta di essere figli di Dio eppure limitati e mortali.
L'ultima scena non promette nulla di buono eppure accende in noi l'attesa di sapere come andrà a finire.
Scoprire che tutta la creazione è un grande tesoro che ci permette di vivere, potrebbe fare illudere il nostro cuore di illimitatezza e di onnipotenza. La Genesi, realisticamente, ci rivela, insieme, la nostra origine dal soffio di Dio e il nostro limite che attende un'eternità che non può venire dal possesso, ma da un dono.
Possiamo essere solo grati, immergendoci in questo scritto, a uomini vissuti migliaia di anni prima di noi che, con la loro fede, svegliano la realtà che ci portiamo dentro e ci rivelano il Padre.
Possiamo essere solo grati, immergendoci in questo scritto, a uomini vissuti migliaia di anni prima di noi che, con la loro fede, svegliano la realtà che ci portiamo dentro e ci rivelano il Padre.
RispondiElimina"Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente". Parole ricche di profezia. Una fotografia dell'umanità realizzata dallo Spirito. L'uomo plasmato dalle mani delicate di Dio. Polvere della terra che diventa carne, vita, storia. Dio che respira in sintonia con l'uomo, un solo respiro per due. Alito di vita che da Dio passa all'uomo e alla fine ritorna a Dio. Essere vivente, vivo per amore, figlio del Vivente: ecco l'uomo. Mi guardo come mi vede il Signore. Sento il suo alito che alza e abbassa il mio petto. Mi rallegro della povera terra che sono plasmata, modellata, voluta, amata, vivificata. Il dono delle origine è ora dono di questo giorno. Benedette le sue mani, benedetto il suo fiato, benedetta la mia vita, opera sua.
..........un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente".
RispondiEliminaSi Signore fallo anche oggi!
A me è proibito esserci
Ma ci SEI TU!
Grazie per il DONO si il DONO ,il gratis che mi fai avere!
E' dono TUO
(io mi devo ridimensionare)
"..divenne un essere vivente.."
RispondiEliminaSono nelle tue mani Signore,continua a plasmare questo mio cuore e dammi vita.