Prima lettura di domenica 10 febbraio 2019

I miei occhi hanno visto il Re!
Is 6, 1-8

"1 Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. 2 Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. 3 Proclamavano l'uno all'altro:
«Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti.
Tutta la terra è piena della sua gloria».
4 Vibravano gli stipiti delle porte alla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempiva di fumo. 5 E dissi:
«Ohimé! Io sono perduto,
perché un uomo dalle labbra impure 
io sono e in mezzo a un popolo
dalle labbra impure io abito;
eppure i miei occhi hanno visto
il re, il Signore degli eserciti».
6 Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare. 7 Egli mi toccò la bocca e mi disse:
«Ecco, questo ha toccato le tue labbra,
perciò è scomparsa la tua iniquità
e il tuo peccato è espiato».
8 Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!»"

La vocazione del primo Isaia che leggiamo in questo famosissimo brano, si colloca intorno il VIII secolo avanti Cristo.
Alla morte del re Ozia, il periodo non era facile  perché il Regno di Giuda voleva allearsi con i popoli vicini e col colosso Assiro, trascinando il popolo verso l'idolatria e la perdita di identità e libertà.
I profeti denunciavano sempre, rischiando la vita, queste derive di Israele verso i popoli pagani che premevano alle frontiere.
Se conoscere il periodo storico e l'ambiente rituale ci aiuta ad entrare nel brano, questa scelta del Signore è importante per noi oggi perché è il modo come il Signore suscita profeti e annunciatori in periodi che sembrano pericolosi o infecondi per la fede in lui.

Siamo di fronte ad una visione: infatti di solito il tempio era vuoto quando il sacerdote entrava per il sacrificio.
Invece adesso è affollato!
C'è il Signore che incombe da un trono, i Serafini che cantano scuotendo il tempio, il fumo dell'incenso che satura l'aria: Isaia si sente perso!
I lembi del mantello di Dio riempiono fino agli angoli e sembra di vedere Isaia schiacciato contro il muro, come se fosse di troppo.
La gloria di Dio, la kabod (alla lettera:  la "pesantezza") è una presenza che l'uomo biblico temeva ed evitava.
Anche se la visione è la realizzazione del desiderio di ogni persona dedita al culto, e Isaia che è levita stato scelto per il servizio al tempio, la presenza sconvolge per la grandezza inimmaginabile.
Lui dice: "io vidi il Signore", ma in effetti è in basso, al livello dei lembi del mantello, mentre il Signore è sul trono molto elevato.
Nell'animo del sacerdote Isaia, che sente quello come il momento di svolta decisiva, sorge il dubbio più grande: la presenza di Dio nella sua vita lo schiaccerà alla sua piccolezza annullandolo o lo eleggerà a profeta, come ha sempre desiderato?!

I Serafini gli accrescono la sensazione di essere vicino alla morte: sono esseri inquietanti, altro che gli angioletti o i puttini delle nostre raffigurazioni!
Il loro nome significa messaggeri di fuoco, 
sono creature infuocate, specchio del fuoco che è Dio. Hanno sei ali e si coprono il viso, per rispetto davanti al Signore.
Essi tuonamo cantando e proclamano che Dio è tre volte Santo, acclamazione ripresa nella visione di Giovanni, in Apocalisse al cap. 4 con ancora più grandezza e magnificenza.

Questo inno è stato assunto nella liturgia del Tempio di Gerusalemme prima e nella nostra liturgia eucaristica.
Dice molto più di mille parole sulla santità di Dio, la più grande che possiamo immaginare. Egli è il vicino, il contingente perché scopribile e incontrabile in tutte le sue creature:
"Tutta la terra è piena della sua gloria"!
La gloria non è solo nel tempio, ma i cieli e la terra, come diciamo noi in ogni liturgia, sono colmi e traboccano del suo peso, della presenza da scoprire e lodare.

Il più grande ostacolo a Dio che si offre è sentirsi incapaci e allontanarsi.
Quando il Signore si rivela, subito di sente la distanza e l'incapacità di relazionarsi con una realtà troppo grande per noi.
Pietro nel Vangelo di oggi allontana Gesù da se stesso, riconoscendo che un abisso li separa.
Comprende una grandezza che lo atterrisce perché lui non è adeguato e dice:
"Allontanati da me!" Lc 5, 8
Ma il Signore sceglie di stare con gli uomini, sceglie di riversare la sua gloria in contenitori fatti da lui che non lo possono contenere, ma che lo desiderano. E li colma!

E Isaia dice:
"Ohimé! Io sono perduto,
perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo
dalle labbra impure io abito."
Isaia piange su se stesso: è un annunciatore ma non di quel Dio vivo e pulsante!
Quando il Signore si mostra, sempre stupisce l'uomo per l'inimmaginabile vita nuova.
Ora egli scopre che il suo parlare era su un idolo ed è unito alla stessa realtà idolatrica del popolo in mezzo al quale vive.
Lui, il sacerdote prescelto, non è meno lontanto da Dio dal resto del popolo.
Si sente indegno davanti alla visione?!
È così, e lo è!
Nessun uomo può esserne degno, nessuno è al pari del tre volte Santo.
Solo un'avvicinamento del Signore può colmarne la distanza.
L'azione di Dio purifica, dà la possibilità di riconoscere l'amore, apre alla grazia e al dono.
E il Signore che aveva bisogno per l'umanità del grande profeta dell'antico testamento, toglie gli ostacoli, contagia di santità e lo rende capace di annunciare il Dio vero.

Un Serafino fa il sacrificio purificatore: il braciere che serviva a bruciare le offerte sull'altare affinché salissero a Dio e fossero a lui graditi, contagia del fuoco vivo le sue labbra!
Da quel momento in poi quello che uscirà dalla bocca di Isaia sarà fuoco che distrugge gli idoli e che rivela la volontà salvifica del Signore.
Come per Mosè, Isaia "vede" il Signore nel fuoco!
Subito alla richiesta di chi farà quest'opera necessaria per il popolo, il profeta Isaia risponde:
"Eccomi, manda me!"
Siamo grati a quel giorno a quel momento in cui ci è stato dato un profeta!
Gesù si è identificato nel suo annuncio del vero Messia di Israele.
Noi oggi preghiamo e lodiamo il Signore col fuoco delle sue profezie.

Commenti

  1. L’esperienza della
    grandezza e della santità di Dio mette in luce la piccolezza dell’uomo, il suo essere fragile e peccatore. Il profeta si sente solidale con il popolo e riconosce la sua incapacità di credere, la sua fatica ad essere fedele all’amore dimostrato da Dio verso di lui. Mal’esperienza del proprio limite e il riconoscersi piccoli e indegni davanti a Dio diventa occasione di salvezza,
    perché Dio è più grande dei limiti e del peccato dell’uomo e lui ha fiducia nelle persone.
    L’esperienza interiore, spirituale, mistica, diventa allora un’azione liturgica di purificazione,
    attraverso il fuoco dell’altare: Isaia viene come “battezzato” nel fuoco dello Spirito per
    diventare una persona nuova, libera, pronta per la missione da ricevere. (dal web)

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  2. Sappiamo che la parola «vocazione» deriva da «voce». E infatti davanti al profeta attonito echeggia una voce possente: «Chi manderò e chi andrà per noi?». È la chiamata divina che convoca un suo messaggero. A questo punto, senza esitazione, con la consapevolezza del rischio che incombe sulla sua vita – che sta per essere stravolta rispetto a quella di sacerdote rispettato e benestante – Isaia si alza e risponde con due sole parole ebraiche: Hinnenî shelahénî, «Eccomi, manda me!». E subito dopo, implacabile, è delineata la missione che Dio gli affi da.

    Un impegno duro, provocatorio, che non ammette nostalgie e neppure sogni di successi: «Rendi insensibile il cuore di questo popolo, rendilo duro di orecchi e acceca i suoi occhi: non veda con gli occhi, né oda con gli orecchi, né comprenda con il cuore, né si converta in modo da essere guarito». Il linguaggio aspro è espresso alla maniera semitica, gli imperativi sono in realtà indicativi: il profeta dovrà svelare la ribellione di un popolo che non vuole ascoltare, vedere, comprendere sia la Parola sia l’ opera di Dio e, così, evita di convertirsi, cioè di cambiare vita. (Gianfranco Ravasi)

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  3. Nel tempio fuoco e gloria.
    Nelle orecchie una parola.
    Sulle labbra fuoco e risposta.
    Il fuoco contagia
    la parola genera.
    Come Isaia
    anche io
    mi brucio al mistero
    (Giorgio)

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  4. Mistero è anche il bisogno di Dio dell”uomo

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  5. La ribellione anche mia ,a quello che non mi convince!
    Non tutto è scontato per.me!
    Devo viverlo,provarlo,...QUINDI mi metto in ascolto!
    Vedo con gli occhi della fede!!!
    Aiutami in questo Gesù!!!!

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  6. Quando il Signore si mostra, sempre stupisce l'uomo per l'inimmaginabile vita nuova....
    Solo un'avvicinamento del Signore può colmarne la distanza......Queste due frasi mi hanno colpito tanto, la prima perché il Signore non solo stupisce , ma stravolge anche la propria vita ribaltando tutto , mi illudo di essere all altezza di guidare la mia vita senza l aiuto e fare anche finta che tutto vada bene ....la seconda frase, mi colpisce, perché è Dio ad avvicinarsi a me e non io a Lui, mi sono detta : un'altra illusione da smontare, in quanto pensavo di essere io ad avvicinarmi o allontanarmi da Lui.
    Come ad Isaia o Pietro il peccato mi fa scappare , ma il Signore è troppo grande, il mio Signore è un Padre e di certo la sua intenzione non è quella di intimorire e spaventare l umanità con fulmini e saette,perché allora si ha paura di Dio? Quando io scappo perché ho paura? L unica risposta è : perché credo a un idolo, credo a un falso Dio, a un Dio che mi schiaccia, ingombrante e soffocante che per forza mi mette alla fuga per nascondermi, credo ad un mostro, ecco è l unica spiegazione!
    Signore pietà di me quando ti confondo con idoli spietati, se mi fermo e guardo alla mia vita vedo solo doni abbondanti, cose nuove, gioia e amore infinito. Allontana da me la tentazione di poter camminare da sola e di sciupare e maltrattare così la vita che tu mi hai donato, se sono nelle tue mani al sicuro io sono, mi affido a te che sei un Dio vero, misericordioso e amorevole con tutti i tuoi figli, dove andrò mai senza di Te? Signore solo Tu hai parole di vita eterna.

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  7. Wow... Questa visione così spiegata mi fa quasi girare la testa. Mi sembra di viverla e mi lascia stupita. Dio si avvicina ma Dio è grande, grandissimo. Sono tante le emozioni: paura, angoscia, senso di inferiorità, di inutilità, di incapacità. Mi colpisce che il profeta inizia così un cammino di annunciatore che egli sa di non essere una passeggiata di salute. Anzi! Tutto il contrario. Perché "chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi la perderà a causa mia e del vangelo, la salverà".
    Grazie Padre per il dono che ci fai di profeti che annunciano la tua Parola nella verità, nella scomodità, senza ipocrisia.

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  8. Correggo " chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà "... Perdo la mia vita, ma trovo la Vita

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  9. Il vangelo ci insegna sopratutto di fidarci del salvatore di non dubitare anche quando tutto sembra vuoto, banale. E li che lui che opera con la sua potenza non scoraggiamoci,,attacchiamoci all'ancora della salvezza.

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  10. Vorrei dire come Isaia MANDA ME SIGNORE oppure dire il SI DI Maria ma quante volte nella mia vita sono stato capace di dire SI oppure fare la volontà del Signore? Forse mai, perciò Signore ti chiedo di sfiancarmi, di sfinirmi, come hai fatto con Abramo, solo allora forse avrò la forza di fare la tua volontà.

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  11. La Gloria del Signore sia per me, non come un peso soffocante, ma come un amorevole abbraccio, di quelli che stringono fino a farti male, che ti proteggono, che ti dicono di quanto bisogno ha Dio stesso di noi, per poterlo annunciare.

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