Prima lettura 7 febbraio 2019

La voce del nuovo Abele. 
Eb 12, 18-24

"18 Voi infatti non vi siete accostati a un luogo tangibile e a un fuoco ardente, né a oscurità, tenebra e tempesta, 19 né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano che Dio non rivolgesse più a loro la parola; 20 non potevano infatti sopportare l'intimazione: Se anche una bestia tocca il monte sia lapidata.
21 Lo spettacolo, in realtà, era così terrificante che Mosè disse: Ho paura e tremo. 
22 Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all'adunanza festosa 23 e all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, 24 al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell'aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele."

Ho scelto di commentare questo bellissimo brano della lettera agli Ebrei trascrivendolo in modo integrale.
Nella liturgia di oggi manca il v. 20.
Non so perché è stato omesso, ma dà ancora di più l'idea del terrore che provavano gli israeliti: loro volontariamente non si sarebbero mai avvicinati al monte Sion per il divieto indicato da Mosè, ma se una delle loro bestie lo avesse fatto sarebbe stata abbattuta.

Il brano è una attualizzazione di Es 19,10-25 e il raffronto è molto interessante perché l'autore della lettera agli Ebrei enfatizza il sentimento di timore che traspare dal testo di Esodo.
Siamo davanti alla descrizione di una teofania: manifestazione di Dio agli uomini.
Sul Sinai Dio si fà vicino, si rivela come il Dio che conduce e dà le tavole della Legge affinché un gruppo di schiavi disorientati nel deserto divenga un popolo.
Positivamente la legislazione limita la libertà individuale ma tutela quella collettiva.
Eppure questa "troppa" vicinanza fa paura!
È descritta benissimo e sale il desiderio del popolo che Dio si faccia i fatti suoi nei cieli e li lasci un po' tranquilli!
Jacques Prevert nella sua poesia "Pater noster" interpreta questa repulsione per un Dio che soffoca e limita la propria libertà con questo incipit:
"Padre nostro che sei nei cieli
Restaci pure!"

Paradossale: Dio salva ma disturba; si mostra ma fa paura.
Questo Dio del Sinai inconosciuto ma proteso verso gli uomini è trattato al pari di un Faraone che non poteva essere guardato, pena la morte! 

Esodo codifica tutti gli steccati sacri con cui delimitare, di volta in volta, i luoghi scelti da Dio per stare vicino al popolo: la tenda, il Sinai, l'arca.
In questo brano la dimora è il monte Sinai, da cui il Signore si era mostrato a Mosè e che è descritto come un vulcano in eruzione, con fulmini, terremoti e fragori!
La rivelazione progressiva fatta dal Signore per  avvicinare gradualmente ad un mistero grande e insondabile, visto con la mentalità di chi conosce solo gli dei egiziani, diventa una minaccia  incombente e un fuoco che brucia al solo avvicinarsi.
Eppure Mosè lo aveva visto vicinissimo nel roveto che bruciava senza consumarsi, aveva sentito la sua voce che lo mandava ai fratelli schiavi in Egitto, e non era morto!
Anche lui deve familiarizzarsi e convertirsi ad un Dio completamente diverso da quelli conosciuti in Terra d'Egitto.
Finirà la sua vita dopo un cammino lungo nel deserto, in cui la gloria di Dio brillava sul suo volto, guardando solo da lontano la Terra della promessa, e riposando  il suo spirito in quello di un Padre.

La lettera agli Ebrei riprende questo modo di vedere il Signore quasi fosse uno Zeus pagano per sottolineare la grande distanza col Dio di Gesù Cristo.
Il nostro è un altro monte: quello del Calvario, il monte Sion a cui tutti possono accostarsi e trovare il perdono e la salvezza.
La dimora preparata per noi è la Gerusalemme celeste, pregustata nella liturgia in cui ci uniamo alla lode di tutto l'universo.
Non è migliorato il cuore dell'uomo, non è diventato più puro o più docile alla Parola che lo invita ad un incontro.
È cambiato il modo come Dio si è mostrato: sofferente, ultimo, tragitto, immolato.
Che differenza tra il Dio dell'Esodo che faceva tanta paura, con la carne del Figlio, come un bambino inerme, come un uomo che camminava, soffriva, compativa come noi.
La voce del Figlio non è un tuono ma, come bene intuisce il redattore della lettera, quella del nuovo Abele che non ha alzato la voce per difendersi quando il fratello voleva metterlo a tacere.
Non più un Dio da allontanare e da tenere a debita distanza, ma un compagno di viaggio a cui niente è dovuto perché tutto ha donato.

Commenti

  1. Il roveto e il vulcano

    Due simboli dell'esperienza di Dio che fa il credente in cammino, di nome Mosè. Il roveto che brucia ma non si distrugge, un fuoco buono, che non porta morte e distruzione, al quale Mosè si sente attirare, "voglio avvicinarmi". E poi il monte Sion, fumante, tornante, chi si avvicina muore, uomini e bestie, da cui ci si sente allontanare da divieti e steccati. È sconvolgente: lo stesso uomo, Mosè, lo stesso Dio, quello dell'esodo, eppure due esperienze opposte. Mosè muore per obbedienza prima di entrare nella terra promessa. Nelle mani di chi affida il suo spirito?

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  2. Mosè disse: «Ho paura e tremo».

    Chi tra noi ammetterà la sua paura di Dio? Nelle nostre risonanze non viene quasi mai fuori. Mai nelle nostre preghiere. Mosè onestamente lo ammette: ha paura e trema. La lettera agli Ebrei la richiama. Da dove viene questa paura di Dio?
    Come nascondo la mia paura di Dio?
    Di cosa si maschera?
    Uno degli effetti più celebri della paura di Dio lo sperimenta Adamo, come rappresentante di ognuno di noi: "Ho avuto paura e mi sono nascosto" (Gen 3,10). Mi nascondo, mi camuffo, agli occhi di Dio. Almeno tento, con la stessa superficialità di Adamo. "Io non sono come gli altri che..." ; "Io non faccio come gli altri...".
    Tra i molti motivi di paura, la prima lettera di Giovanni (3,19-20) ricorda i rimproveri del nostro cuore che generano paura ed è scritto: "davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa"!
    E conclude:
    "Nell’amore non c’è paura, al contrario l’amore perfetto scaccia la paura, perché la paura suppone un castigo e chi ha paura non è perfetto nell’amore". (4,8)

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  3. La paura invece per me è difficile da allontanare.
    Mi governa in numerose scelte.
    Questa sorta di insicurezza che ha bisogno di essere COMBATTUTA con forza per proseguire il mio cammino!
    Fa o Gesù che la TUA sicurezza, decisione,il TUO affidarsi ,mi prenda per mano!

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  4. La paura di Dio scaturisce dalla mia disobbedienza al suo volere ,disobbeddire uguale punizione poi è fisiologico che ci si difende mettendo in evidenza il peccato del fratello affinché sembrasse irrisorio il mio .Peccato su peccato e vai .Il peccato davanti a Dio sono tutti uguali,per me che quantifico ,questo mi indispone ,ecco che scatta il giudizio verso Dio ,un”altro peccato .Ho paura di Dio perché credo ancora che Lui ragiona come me ,che punisca come faccio io

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  5. Questo sole di oggi che mi riscalda il corpo e l'anima è il segno di questo nuovo Dio che penetra nei meandri della mia esistenza non per "incenerirli" ma per riscaldarli....

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  6. “Certo che ti farò del male. Certo che me ne farai. Certo che ce ne faremo. Ma questa è la condizione stessa dell’esistenza. Farsi primavera, significa accettare il rischio dell’inverno. Farsi presenza, significa accettare il rischio dell’assenza…( Il Piccolo Principe )

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  7. La paura di Dio non viene da Dio, c'è chi vorrebbe separarci dal suo amore, e si insinua nei nostri pensieri prima e nei nostri sensi dopo, disobbedire alla paura è obbedire alla vita stessa. Percepire certi meccanismi presenti in ognuno di noi, può aiutarci a fare le scelte migliori, perché la paura di Dio ci condiziona in ....pensieri, parole, opere e ci fa omettere a fare il bene

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  8. Signore, tu solo puoi sconfiggere la mia paura di te, prendi possesso di tutta me stessa avvolgimi del tuo amore e non permettere che nulla mi abbia a separarmi da te te che sei bontà infinita. Sei un dii fatto uomo, morto per me, di cosa posso temere che tu mi faccia?

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  9. Molto chiara la tua spiegazione Concetta.....mi colpisce tanto l ultima parte:
    Non più un Dio da allontanare e da tenere a debita distanza, ma un compagno di viaggio a cui niente è dovuto perché tutto ha donato.
    A queste parole non mi resta altro che pregare e lodare il Signore per essere sceso qui tra noi entrare nella mia casa e riempirla di grazia e misericordia.

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