Salmo del 22 febbraio 2019

Tu sei con me!
Sal 23 (22)

"1 Salmo. Di Davide.

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
2 Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
3 Rinfranca l'anima mia, 
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
4 Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
5 Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.
6 Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni".

Meditando questo salmo viene da dire: com'è bello!
Una poesia lontana da noi più di 2500 anni da che sembra scritta ora per consolarci!
Due sono le immagini che colmano il cuore di pace:
Il Signore è pastore, il Signore è l'ospitante.
Il salmo ci parla con figure emblematiche ed amorevoli.

I pastori erano, per un popolo del deserto, coloro che spendevano tutta la vita dietro al gregge. Non lavoratori ad ore, ma custodi a tempo pieno.
Era una vita da nomade, molto dura perché soggetta  ai cambiamenti climatici e dedicata in tutto e per tutto al gregge. La dimora cambiava spesso per cercare nuovi pascoli, bisognava trovare rifugi sicuri dalle intemperie e dal freddo della notte e oasi per  proteggersi dalla calura dei giorni assolati.

I pastori oggi ci fanno un po' tenerezza o forse pena, per l'arretratezza dei modi e per il loro modo di essere più a loro agio con le pecore che gli esseri umani. 
Ma questo dice una simbiosi completa perché è una vita intera condivisa, non un numero di ore dedicate al gregge.
Non c'è riposo, non ci sono feste: le pecore vanno munte tutti i giorni e vanno portate al pascolo e all'acqua quotidianamente.

Non a caso quest'immagine dei salmi e dell'antico testamento é ripresa da Gesù: lui si identifica con colui che si prende cura del popolo, strappandolo dalla morte del deserto, nuovo Mosè che deve traghettarlo verso la terra della promessa, cioè verso il Padre. 
Addirittura lascia anche le 99 pecore che sono con lui, per cercare la perduta che, irrimediabilmente sarebbe morta. (cfr. Lc 15)
La lunga dichiarazione di amore per i suoi discepoli al Cap. 10 di Giovanni, ha il vertice al v. 14:" Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me."
È una conoscenza profonda perché continua, duratura, intima.

Già l'esordio del salmo poesia è rivelatrice: il Signore è pastore e nulla mi manca!  
Tutto il bisogno, la paura, la necessità, la fame, la sete è colmato e trova riposo!
Il Signore fa riposare dall'ossessione di proteggersi e di guardarsi continuamente le spalle; dal terrore che prende nelle tenebre per nemici oscuri che possono spuntare da un momento all'altro e toglie quella preoccupazione subdola perché non sappiamo chi penserà a me un domani.

"2 Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce"
Non c'è per la nostra vista una dolcezza più grande che vedere un prato verde dove potersi sdraiare! 
Sarà un ricordo da bambini, sarà un desiderio ancestrale, ma già solo immaginare di abbandonarsi sull'erba fresca a fare un pic nic, a ridere, a scherzare con fratelli e genitori è una delle cose che fanno rilassare di più.
Noi siamo fatti per i campi, il cielo, l'erba, i fiori. 
Anche se la vita di tutti i giorni ci allontana da questi, basta una foto per farci desiderare di essere lì.
E il Signore ci porta lì dove anche lui è felice con noi e di noi. 
Un campo non è solo il cibo per una pecora: è la sua casa, il suo soggiornare all'aria aperta, è dissetarsi nei torrenti freschi.
Il pastore conosce questi luoghi e vi conduce il gregge: lì gode della natura con le due pecore senza pericoli e senza lupi.
Momenti preziosi che fanno rinvigorire per un nuovo cammino, per un'altra metà.

Il v 3 dice: "Rinfranca l'anima mia, 
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome".
Il suo nome è Figlio, è Unto, è Cristo.
Mi conduce perché Figlio mandato dal Padre, perché conforme in tutto a lui nell'amore.
Il nome di Dio, per gli antichi ebrei era impronunciabile per non rischiare di catturarne l'identità, la complessità come se potesse essere compreso in tutto.
Adesso è nome di figlio d'uomo, nome che ha un viso da guardare, mani che leniscono, braccia che accolgono, occhi che non abbandonano mai.
A motivo di questo nome mi rinfranca perché mi svela chi è lui e chi sono io per lui.
Egli è il buon Pastore, o meglio, il Pastore bello, traducendolo fedelmente dal greco.
Bello perché è l'immagine, la mano di Dio che conduce.
Lui e il Padre sono una cosa sola: scopriamo che l'amore che il Padre ha per il Figlio è lo stesso con cui ci circonda e ci completa.
"..così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore"' (Gv 10,15).

Il versetto 4 è quello che più conforta:
" Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, 
perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza".
Ai prati verdi, alla distesa soleggiata e ai ruscelli di montagna, si contrappone un altro scenario: la valle senza luce, un passaggio infido tra i monti che nasconde pericoli per pecore inermi. 
Eppure di lì bisogna passare, non se ne può fare a meno.
"Tu sei con me"!
Che bella certezza, che consolazione!
Di chi potrò temere nel cammino? Chi potrà mettere in pericolo la mia tranquillità e la mia vita con un tale difensore?!
È bella anche la sottolineatura di come il pastore conduce: con un bastone e un vincastro.
Il bastone era una vera arma: la usava per scacciare i lupi, per tirarglielo contro, intimorirli e mettere al sicuro le pecore. 
Il vincastro invece era più lungo e flessibile: serviva a invitare le pecore nel cammino, a radunarle e indirizzarle sulla giusta via.
Due strumenti che dicono il tocco del pastore, ora deciso per proteggere, ora delicato per correggere.
Dal Vangelo sappiamo quanta necessità ci sia di protezione: Gesù prende per sé questo ruolo difficile perché proteggere le pecore è dare la vita.
Infatti la minaccia per la vita del gregge è una minaccia alla vita stessa del pastore, che non si tira indietro per strapparle a fiere e ladri.
La cura è quindi totale.
È vegliare e perdere il sonno per non perderle di vista.
È difenderle da chi vuole sbranarle affinché vengano condotte in salvo.
È portarle in braccio quando sono malate e stanche per condurle a pascoli ristoratori.
È contarle e conoscerle una ad una affinché nessuna si perda.
Se dovessi andare in una valle oscura... Questa possibilità è quanto mai presente o prossima.
Il Signore non accorre se mi trovo in pericolo, nelle tenebre e o nella morte.
È lì già presente, accanto a me in questa discesa o lo trovo già lì ad attendermi in una valle senza sole e calore. 
Non è una possibilità che il Signore si dà: è la scelta già fatta di buttarsi nella mia morte per passare oltre, fare Pasqua con me!
Sia che vegliamo, sia che dormiamo, possiamo riposare in lui perché veglia sempre, come il Padre opera sempre.
Ogni momento della vita nel bene e nel male, è dentro questa relazione d'amore.

La seconda parte del salmo svela l'altra caratteristica di questo pastore unico: è l'ospitante,  l'accogliente, il padrone di casa che imbandisce una mensa e inizia una festa.
L'idea è di un fuggiasco nel deserto destinato alla morte: un momento prima è inseguito da avversari e improvvisamente trova ospitalità in una tenda e la sua vita è salva sotto la protezione di questo capo tribù accogliente.
Essere nel deserto equivaleva alla morte, la vita non contava più niente, e si perdevano le tracce di chi vi si inoltrava senza una pista con punti di riferimento stabili.
"5 Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca"
Non solo un ricovero e un giaciglio, ma addirittura un banchetto con cibi succulenti e vini pregiati che fanno tornare la forza nelle gambe fiacche e fanno sentire ospiti d'onore attesi e graditi!
E questa accoglienza speciale è significata dall'unzione con olio profumato.
Dai Vangeli sappiamo che gli oli erano preziosi e costosi. Venivano usati nelle nozze o nell'unzione di re e profeti.
Ungere era profumare per la festa, diffondere benessere e preparare la persona, i suoi sensi e la stanza ad un'atmosfera di comunione e pace.
E poi il calice: riempito fino al colmo, anzi traboccante perché non si bada a quanto vino si dona, come un cuore che, trovata la festa, sembra scoppiare per tanta gioia.
Il calice era parte del rito di Pasqua, dei riti di alleanza stretti tra tribù amiche. Ma anche di ebbrezza nuziale, sazietà e dolcezza dell'amore.

"6 Sì, bontà e fedeltà 
mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni".
Non solo il Signore è con me, accanto o avanti a me a prepararmi le impronte da calpestare.
Ma mi dà due sostegni preziosi: "bontà e fedeltà". Non mie risorse, ma doni che vengono dal Buono e Fedele.
La sua bontà, cioè il volere il mio bene e la sua fedeltà alle promesse, sono i sostegni al cammino, i bastoni su cui mi appoggio per procedere con passo sicuro.
La grazia del Signore mi accompagna per tutti i giorni della vita e va oltr, in una vita che non muore. 
Questo salmo, con cui hanno pregato e si sono consolate migliaia di generazioni è giunto a noi come un Vangelo per mostrare il volto di un Padre che si svela come nostro bene.

Nei Musei Vaticani è conservata la tomba di un cristiano, vissuto verso la fine del II secolo, di nome Abercio, forse seguace di Paolo.
Nell'epigrafe fatta incidere da lui si legge il suo testamento spirituale, in cui è riportata questa frase : “Sono il discepolo di un pastore santo che ha occhi grandi; il suo sguardo raggiunge tutti”. 
Questa è la consapevolezza del discepolo: il riposo e la sicurezza non si fondano su norme, precetti o timore reverenziale. 
Sappiamo di essere amati, uno per uno per ciò che siamo, cioè figli nel Figlio, conosciuti, raggiunti dal suo sguardo e resi capaci di riposarci tranquilli nei suoi occhi.

Commenti

  1. Le immagini di questo Salmo, con la loro ricchezza e profondità, hanno accompagnato tutta la storia e l’esperienza religiosa del popolo di Israele e accompagnano i cristiani. La figura del pastore, in particolare, evoca il tempo originario dell’Esodo, il lungo cammino nel deserto, come un gregge sotto la guida del Pastore divino (cfr Is 63,11-14; Sal 77,20-21; 78,52-54). E nella Terra Promessa era il re ad avere il compito di pascere il gregge del Signore, come Davide, pastore scelto da Dio e figura del Messia (cfr 2Sam 5,1-2; 7,8; Sal 78,70-72). Poi, dopo l’esilio di Babilonia, quasi in un nuovo Esodo (cfr Is 40,3-5.9-11; 43,16-21), Israele è riportato in patria come pecora dispersa e ritrovata, ricondotta da Dio a rigogliosi pascoli e luoghi di riposo (cfr Ez 34,11-16.23-31). Ma è nel Signore Gesù che tutta la forza evocativa del nostro Salmo giunge a completezza, trova la sua pienezza di significato: Gesù è il “Buon Pastore” che va in cerca della pecora smarrita, che conosce le sue pecore e dà la vita per loro (cfr Mt 18,12-14; Lc 15,4-7; Gv 10,2-4.11-18), Egli è la via, il giusto cammino che ci porta alla vita (cfr Gv 14,6), la luce che illumina la valle oscura e vince ogni nostra paura (cfr Gv 1,9; 8,12; 9,5; 12,46). È Lui l’ospite generoso che ci accoglie e ci mette in salvo dai nemici preparandoci la mensa del suo corpo e del suo sangue (cfr Mt 26,26-29; Mc 14,22-25; Lc 22,19-20) e quella definitiva del banchetto messianico nel Cielo (cfr Lc 14,15ss; Ap 3,20; 19,9). È Lui il Pastore regale, re nella mitezza e nel perdono, intronizzato sul legno glorioso della croce (cfr Gv 3,13-15; 12,32; 17,4-5).
    (Benedetto XVI)

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  2. La nostra vita è del tutto avvolta dalla bontà del nostro Signore e dal suo sollecito amore per noi. Brevemente, e con molta efficacia, questa preghera è capace di cogliere tutte le circostanze della vita, i tempi di pace come quelli della prova, il tempo che abbiamo davanti come anche la nostra vita oltre la morte, tutto protetto e celebrato nella piena comunione con Lui.
    (Giovanni Nicolini)

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  3. La "valle oscura", indica quello che segue la morte: l'oltretomba . Con
    un paradosso, il salmista intende esprimere una fiducia così grande in
    Jahwé che - anche se finisse nello sheol - non si sentirebbe in balia del
    male. L'espressione è sorprendente se si pensa scritta in un'epoca nella
    quale non esisteva alcun concetto di resurrezione. La consapevolezza di
    tanto amore sboccia in un' esclamazione dove il salmista, abbandonato il  discorso in terza persona, si dirige a Jahwé con un più confidenziale "tu"
    ("perché tu sei con me") che riecheggia la benedizione di Dio ad Isacco e  l'assicurazione che "Jahwé tuo Dio cammina con te; non ti lascerà e non  ti abbandonerà..." "se dovrai attraversare le acque, sarà con te, i fiumi  non ti sommergeranno..." (Dt 31,6; Is 43,2; cf Sal 27,1-2).
    (Alberto Maggi)

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  4. Nel salmo 23, il salmo della fede, Dio ci dona le parole per dire, quando tutte le parole umane sono consumate dalla siccità e dalla carestia, quando il cuore diventa una cisterna prosciugata, e l’anima un deserto rovente. Sì, sono parole da pronunciare quando il cielo si chiude sopra di noi come una lastra di piombo, e gli spaventi fugano sonno e sogni. Sono parole, dunque, che chiedono una voce, per poter far ritorno a Colui che le ha ispirate; chiedono la voce che è prima di ogni parola e tutte le contiene, la stessa voce che dal deserto giunge al Golgota, e dal Golgota al cielo. (Rocco Quaglia)

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  5. MERAVIGLIOSA ICONA


    “Sono il discepolo di un pastore santo che ha occhi grandi; il suo sguardo raggiunge tutti”.

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  6. Un pugno nello stomaco ,qua quando questo Salmo è proclamato in un giorno funesto!
    Da li parto per capire ,perche' fare il famoso salto nel buio,di fronte al BUIO pesto;
    Fidarsi di LUI....
    Altrimenti c'è solo il suicidio.
    Tienimi sempre con TE!
    Grazie

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  7. Il buon pastore provvede ai nostri bisogni principali ci fa riposare, ci protegge anche nella valle oscura, nell'abisso della morte del cuore dell'anima, ci nutre con mense i bandite e ci rassicura. Come un genitore ci prende per mano. Il Buon pastore non ha esitazioni sa bene dove condurci. Questo Salmo è descrittivo, come un dipinto, leggendolo vi si sente proiettati in questo cammino, peccato che poi le nostre resistenze e le nostre ferite ci impediscono di affidarci e lasciarsi condurre, proteggere, alimentarci, coccolarci. Il pastore "si prende cura" del suo gregge. Questo Salmo spesso viene cantato ai funerali come un riscatto alla morte "fisica" e invece dovremmo cantarlo sempre soprattutto quando abbiamo paura di affidarci a Dio.

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  8. Quanta sicurezza dona questo salmo. Facilmente una pecora può perdere l'orientamento, allontanandosi dal gregge, ritrovarsi sola, sperduta, senza nessuna meta. Il Signore questo lo sa bene, per questo si fa nostro Pastore, Egli ci raggiunge perché è sempre con noi e non si ferma mai davanti alle nostre resistenze, non ha pace fino a quando non ritorniamo ad essere in comunione con i fratelli e con il Pastore, costi anche la sua vita. Grazie Signore perché non permetti che il peccato mi allontano da te. Sei il Forte, Colui che abbatte ogni nemico, ogni male. Persino la mia libertà di allontanarmi da Te, cede il posto al tuo amore, che avvolgendomi con tenerezza mi fa sentire figlia amata. Chi ti puo resistere Signore? Da chi posso andare, dove andare lontano da te? Tu solo hai parole di vita eterna, se anche stessi negli inferi, Tu sei la, con me e la tua mano mi afferra e mi porta in salvo.

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  9. Signore con te non ho paura, perché nell'Amore non c'è timore.

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  10. Non avranno più fame né avranno più se te, né li colpirà il sole, né radura di sorta, perché l Agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore e li condurrà alle fonti delle acque della vita. E Dio terghera ogni lacrima dai loro occhi. Ap 7,16-17

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  11. Lungo è il cammino
    tanta è la fame
    dura è la stanchezza.
    Del cammino
    mi sei compagno
    della fame
    sazietà
    della stanchezza
    riposo.
    Solo Te
    chiamo pastore!
    (Giorgio)

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  12. In verità vi dico il padrone si cingera le sue vesti li farà mettere a tavola e passerà a servirli Lc 12,37 beato chi mangerà del pane del regno di Dio. Lc 14,15 Nik

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  13. Tutti i salmi sono preghiere uniche e piene di sentimenti, ma il salmo 23 ,è per me " Il salmo per eccellenza" ogni versetto è ricco di premura, dolcezza, tenerezza ,abbondanza di amore e cura che il Signore ha per me . È speciale dà conforto e mette luce laddove c'è buio , mi colpisce tanto la frase: Tu sei con me! Esprime tutta la fiducia di chi la pronuncia verso l altro ,come per dire: è vero che devo attraversare a piedi nudi sui carboni ardenti , ma se tu sei con me ,io mi sento più sicura,perché sono al sicuro, mi tieni compagnia nelle tenebre non sono da sola, non ti tiri indietro!
    Poi ancora: non manco di nulla, di non temere alcun male e in effetti se io abito nella casa del Signore in sua compagnia di cosa avrò bisogno? Di chi avrò paura?, non mi manca nulla, anzi mi invita e prepara per me
    anche una mensa con cibi succulenti e una coppa che trabocca di uno speciale vino e non finisce qui....... mi unge di olio il capo e penso ad un profumo raro e pregiato di buono odore, tutte queste coccole, tutta questa protezione e attenzione mi commuovono ,il Signore quante cose fa per me come è affettuoso .
    Sì Signore, abitero' nella tua casa per lunghi giorni.

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