Salmo del 25 luglio 2019

Nel tornare viene con gioia.
Salmo 126 (125)

1 Canto delle salite.


Quando il Signore 

ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.

2 Allora la nostra bocca s

riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.
Allora si diceva tra le genti:
"Il Signore ha fatto grandi cose per loro".

3 Grandi cose 

ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.

4 Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,

come i torrenti del Negheb.

5 Chi semina nelle lacrime

mieterà nella gioia.

6 Nell’andare, se ne va piangendo,

portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.

Il salmo 126 fa parte di un gruppo di 15 salmi (dal 120 al 134) che il titolo stesso definisce "delle salite". Erano salmi che si recitavano in occasione del pellegrinaggio a Gerusalemme, nell'ultimo tratto di salita al Tempio, per le tre feste annuali: la festa dei Pani non lievitati e della Pasqua in primavera che ricordava l’uscita dall’Egitto; la festa della Mietitura, a inizio estate, e la festa del Raccolto, in autunno.
Il pellegrinaggio era fondamentale per un ebreo e Gerusalemme, posta effettivamente in alto rispetto alla depressione territoriale che la circondava, era l'apice a cui salire, la dimora dell'Altissimo: "Tre volte all’anno ogni tuo maschio comparirà alla presenza del Signore Dio" (Es 23, 17).

È un gruppo di salmi che fa compiere un preciso percorso che parte dal grido di angoscia di apertura (Sal 120, 1: "Nella mia angoscia ho gridato al Signore ed egli mi ha risposto") ed evolve fino a culminare in un canto di gioia e di benedizione (Sal 134, 1: "Ecco, benedite il Signore, voi tutti, servi del Signore; voi che state nella casa del Signore durante la notte").
Questo ci dice che i Salmi, oltre che nella preghiera personale, erano il metodo comunitario per pregare nelle celebrazioni e unirsi in un unico canto.

"Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion, ci sembrava di sognare". 
Il salmo celebra l'avvenuta liberazione del popolo, di ritorno dall'esilio,  dalla situazione terribile di schiavitù.
La ritrovata libertà sembra ancora un sogno, un dono atteso e finalmente ricevuto, e lo stupore apre alla lode.
La sorte della città sul monte Sion non era certo la devastazione del Tempio e dei suoi tesori, né la deportazione dei suoi figli a Babilonia.
La città e il Tempio erano, oltre che sede dei re d'Israele e luogo santo della shekinah di Dio, anche centro nevralgico economico e politico di tutte le tribù; la disfatta di Gerusalemme era stata la paura grande di perdere tutto questo, la propria identità e il favore del Dio dei Padri.

"Allora la nostra bocca si riempì di sorriso, la nostra lingua di gioia".
Due immagini festose, sorriso e canto di gioia. La libertà produce sempre questi due effetti perché si canta con nostalgia quando non c'è, e con gioia quando la si vive, specie se per tanto tempo se ne è stati privi.
Chi è l'autore di tanta gioia? Il credente non ha dubbi: "Grandi cose ha fatto il Signore per noi".
E questo è evidente per tutti i popoli. Israele torna ad essere il prediletto tra le nazioni della terra, quello a cui tutti guardano per scoprire un rapporto filiale con il divino e per uscire da una sudditanza religiosa.

"Ristabilisci, Signore, la nostra sorte, come i torrenti del Negheb".
Ristabilire richiama il ritornare in salute, il riprendere vigore. Questo chiede Israele al suo Dio.
Finiti i tempi dello sfinimento e della malattia che chiamiamo nostalgia del ritorno nella propria terra, finalmente il cuore riprende a battere ragolare e la vita ritrova il suo vero ritmo. 
Come esempio sono citati i torrenti, impetuosi, vigorosi, nella piena del periodo delle piogge, che invadevano il deserto.

"Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia". 
I due movimenti dell'esilio, l'andata e il ritorno, sono letti e interpretati con un'immagine positiva: la semina e il raccolto.
Il primo movimento dei seminatori è caratterizzato dal lavoro faticoso e dall'ansia per il raccolto futuro; il secondo è la festa della mietitura, che corona la fatica di un anno e dá la sicurezza del cibo.
Nell'esilio, l'andare è avvenuto tra le lacrime della perdita, ma il ritorno è l'esplosione della gioia di poter tornare nella propria casa.
L'interpretazione che fa la scrittura di quel periodo buio è di una crescita nascosta e faticosa come quella di un seme che porterà frutti copiosi.
covoni danno proprio l'idea di montagne di raccolto che il solo vederli fa aprire al sorriso.
L'immagine della semina andata a buon fine è così efficace che anche Gesù la prenderà come esempio della diffusione del Regno (cfr. Mt 13, 1-9) e per la sua stessa morte e resurrezione ( cfr. Gv 12, 24).

Il pellegrino, che nel suo cammino canta queste parole, si fa coraggio nella fatica quotidiana e in tutta la sua esistenza che non va verso il buio dell'inconosciuto, ma verso il raccolto, la pienezza e la vita che non muore.
La nostra vita è un cammino in cui viviamo della stessa speranza.
La preghiera dei salmi ci metta in questa attesa da pellegrini, sapendo che non c'è lacrima che vada sprecata (cfr. Ap. 21, 1-4) e che il Signore compirà grandi cose per i suoi amati.

Commenti

  1. Il salmista afferma unito al suo popolo con un grande senso di gratitudine: «Davvero grandi cose ha fatto il Signore per noi: eravamo pieni di gioia» (cfr. v. 3). Nel Talmud babilonese, a commento di questo evento, si legge che il giorno del raduno degli esiliati d’Israele è «importante come il giorno in cui furono creati il cielo e la terra». Per i maestri ebrei la liberazione è un atto creativo di Dio.
    (Roberto Tadiello)

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  2. Questo è il respiro della preghiera: si supplica il Signore perché si ricorda la gioia che
    già ci ha fatto gustare, e lo si fa nell’attesa, colma di speranza, di tornare a gustarla
    ancora. Possono cambiare le situazioni, gli avvenimenti, in nostri bisogni, le necessità del
    mondo e della storia…, ma il respiro della nostra preghiera deve rimanere questo: si
    ricorda quanto già vissuto per tornare a riviverlo ancora, e sempre in modo più profondo e vero. Questo atteggiamento ci permette di camminare, ci fa pellegrini perché non
    abbiamo qui la nostra città stabile, non abbiamo qui la dimora definitiva della nostra
    gioia, ma sempre la cerchiamo nella fede e la invochiamo nella speranza.
    (Abbazia di Borzone)

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  3. Il Popolo del Signore sembra far suo lo stupore ammirato dei popoli: “Grandi cose ha fatto il Signore per noi: eravamo pieni di gioia” (ver.3). Siamo al cuore della lode di Dio per le meraviglie che Egli ha compiuto per noi! E fa parte essenziale della preghiera ebraica e cristiana la memoria di questi gioiosi eventi del passato che ora diventano preghiera di supplica al Signore perché quelle meraviglie si compiano di nuovo nelle fatiche del presente.
    (Giovanni Nicolini)

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  4. Scrive A. Chouraqui, noto traduttore e commentatore ebreo della Bibbia: «Usciti dai campi di concentramento, scampati dai forni crematori nazisti, noi cantavamo il Salmo 126 che sembrava essere scritto per questa circostanza, il ritorno dei prigionieri di Sion verso la terra promessa. Il riso che riempiva la bocca del salmista 2500 anni prima era il nostro riso e la nostra lingua cantava il suo canto!».

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  5. Mi riecheggia in cuore questa Parola della lettera si romani: " è se siamo figli siamo anche eredi eredi di Dio coeredi di Cristo se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. Io ritengo infatti che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi. (Rom 8,17- 18)....signore mentre andiamo seminando nel pianto, aprì i nostri cuori, il mio cuore alla gioia, nella certezza della mietitura. Amen!!!

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  6. Di ritorno da un mio luogo di avvenuto ristoro delle mie piaghe, cantavo
    Mia FORZA e io Canto è IL SIGNORE!
    PIÙ O MENO LO STESSO CANTO LIBERATORE che grida chi veramente ha vissuto un evento si faticoso, negativo per la mia logica, ma sicuramente ristoratore quando è superato :
    Sensazione vissuta, ovviamente in tono minore, dopo aver superato un esame!
    GRAZIE PAPÀ

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  7. Nell' andare se ne va e piange,
    portando la semente da gettare,
    ma nel tornare mieterá con giubilo.
    Non c'è lacrima che vada sprecata ....

    S.Tommaso Ti vede e crede!
    TU Signore ti presenti a me, ma a volte non riesco a vederti...
    So che sei TU, ma stento a credere ......
    Forse perché troppe lacrime,
    troppi fallimenti,
    mi hanno lasciato l'amaro in bocca e non mi sembra vero questo cammino verso la libertà.
    Come il prigioniero che dopo tanto buio,
    uscendo improvvisamente alla luce, ne rimane accecato e
    richiude gli occhi per proteggersi.
    Allora TU ti ripresenti a piccole dosi di Amore quotidiano, aprendomi gli occhi un po' alla volta, dolcemente, gradualmente, senza mai stancarti di me,
    costringendomi con amorevole violenza a guardarmi in tutto il mio splendore, in tutta la mia bellezza che è immagine della Tua.
    Grazie Pa'...
    tienimi stretta !!!


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  8. "Chi semina nelle lacrime, mietera' nella gioia". Quante volte la vita ci porta a fare questa esperienza e io ricordo con commozione e dolcezza il momento dell'arrivo della gioia. La speranza più grande per ognuno è di vedere finalmente il giorno dopo una notte tempestosa o di raccogliere il frutto dopo la fatica della semina o ancora di vedere la vittoria dopo una difficile battaglia. Il Signore ha sempre realizzato nella mia vita questa risalita, mi ha aiutata con la rinascita di un nuovo giorno, con mettere mano ad un altro terreno per una nuova semina o ancora nell' asciugare ogni singola lacrima dal mio viso, grandi cose ha fatto il Padre per me.


    2Corinzi 5,17-21
    17 Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove.

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