Vangelo del 5 luglio 2019
Vide un uomo
Mt 9, 9-13
"In quel tempo, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori»".
Il vangelo racconta le chiamate alla sequela di Gesù di uomini presi dal loro mondo quotidiano. Anzitutto il fatto che sono chiamati è già degno di nota. Nell'antichità erano i discepoli a scegliersi un maestro, che pagavano o servivano, per stare con lui ed essere formati.
Invece è Gesù a chiamare e lo fa notare lui stesso: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi" (Gv 15, 16); e non nel regime di servitù: "Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici" (Gv 15, 15).
La chiamata di Matteo/Levi è narrata in tutti i Sinottici e già l'abbiamo meditata quest'anno il 19 gennaio dal Vangelo di Marco e il 9 marzo dal Vangelo di Luca.
Sono molto interessanti i commenti con le prospettive di tre evangelisti: ognuno porta la buona notizia ad ascoltatori diversi e con l'attenzione a interiorità diverse.
Qui Matteo racconta la "sua" chiamata.
Ogni volta che ci soffermiamo sul nostro incontro unico e personale col Signore, il cuore sobbalza e raccontarlo fa rivivere la sorpresa e la gratitudine per il dono che ha rimesso in moto la vita.
Subito salta agli occhi che, mentre gli altri due evangelisti citano il suo nome precedente alla chiamata, Levi figlio di Alfeo, l'evangelista qui si nomina solo con Matteo il suo nome dopo la chiamata di Gesù.
Questo dice tanto: lo sguardo di Gesù lo ha portato a nuova vita e questa identità ormai dice chi è lui nella comunità dei credenti. "Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove" (2Cor 5, 17).
"Vide un uomo".
Matteo scopre di essere visto.
Lo sguardo degli altri su di noi è provvidenziale e non risponde al nostro bisogno egocentrico di apparire ed essere approvati.
È molto di più: è creativo ed è fecondante.
Il primo sguardo che ci ha detto chi siamo è quello che scopriamo nei genitori. Da quegli sguardi la nostra personalità e la percezione del mondo prendono connotazioni positive o negative. Noi siamo lo sguardo di chi ci ama.
Matteo che concezione ha di sé? Chi è per gli sguardi degli altri?
Esattore delle imposte per conto degli occupanti romani, pubblicano, cioè un disprezzato e pubblico peccatore, un escluso dalla salvezza...
Gesù vede un uomo, non un peccatore, non una persona da disprezzare, o impura.
"Per noi uomini e per la nostra salvezza" ripetiamo ogni domenica nel Credo.
E' questo il modo con cui ci guarda il Padre: uomini, figli, bisognosi di essere salvati.
E Gesù ci guarda con gli stessi occhi.
Tutte le categorie sociali del tempo di Gesù incrociano la sua strada e su tutti si ferma e li guarda; tutti, uno per uno, vengono incontrati come uomini, perché in Gesù è ancora il Padre che continua a cercare l'Adamo nascosto a causa della vergogna di aver trasgredito.
"«Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì".
Matteo ci riferisce una sola parola, essenziale, che lo chiama a condividere tutta una vita.
Gesù non chiama qualcuno a che impari semplicemente, ma chiama "perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni" (Mc 3, 14-15), per condividere, quindi, la sua vita e il suo servizio.
"Sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù".
È la foto o il titolo di giornale di cui il profeta Galileo andrebbe fiero, ed è quello per cui è sempre stato criticato.
Il capitolo 15, quello del "figliol prodigo", ad esempio, inizia così: "Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: "Costui accoglie i peccatori e mangia con loro" (Lc 15, 1-2).
Come può un rabbí, un maestro, che insegna le vie di Dio, mischiarsi e fare comunella con i peccatori? Che fine fa la sua santità e la sua purezza rituale? Come mai e quando mai, si è vista una cosa del genere; anzi dovrebbe tuonare contro i peccatori, allontanarli, scomunicarli!
Dovrebbe comportarsi "da Dio", pensano loro, che hanno per Signore un giudice e non un Padre!
La risposta di Gesù non lascia spazio ad altre domande: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati". Gesù si concepisce come un medico che cura malati! E chi si crede sano, come in questo caso i farisei, non crede di aver bisogno del medico e si esclude dall'incontro e dalla cura. È il dramma dell'umanità di sempre: possiamo avvicinarci a Dio solo se perfetti, se giusti, se siamo a posto!
Non è questa la visione realistica di Gesù e del suo Vangelo.
Paolo dirà che la salvezza deve essere per tutti perché: "Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti"! (Rom 11, 32)
“Misericordia io voglio e non sacrifici”.
Solo Matteo, infine, ci rivela l'esegesi finale di questa incontro/ insegnamento che fa Gesù stesso citando le parole del profeta Osea (6, 6).
Gesù spesso, per illuminare il senso di ciò che fa, cita i profeti, maestri nell'annuncio della misericordia di Dio..
Misericordia è avere cuore verso i miseri, è il sentire profondo, viscerale, della mamma per i propri figli.
La pedagogia della salvezza potremmo spiegarla come quella dei diversi volti di un genitore: da piccolo un bambino ha bisogno di divieti, di sgridate se incautamente si spinge verso azioni pericolose per la sua vita.
Da grande la durezza dei genitori può lasciare spazio a dimostrare solo l'amore perché il figlio sa discernere la via della vita.
Così Gesù rende presente con gesti e parole questa realtà tenera e viscerale di Dio, mettendo in secondo piano, perché non più necessaria per un popolo divenuto adulto, l'aspetto di educatore e limitatore delle azioni degli uomini.
Concludendo ringraziamo Gesù Cristo per questo sguardo di grazia che ha posato su Matteo in un giorno qualsiasi, mentre accaparrava per sé e per i romani, senza chiedergli sacrifici, ma donandogli la cura al suo ritenersi ormai perduto e indegno e facendolo diventare un evangelista e un annunciatore della misericordia materna di Dio.
Così Gesù rende presente con gesti e parole questa realtà tenera e viscerale di Dio, mettendo in secondo piano, perché non più necessaria per un popolo divenuto adulto, l'aspetto di educatore e limitatore delle azioni degli uomini.
Concludendo ringraziamo Gesù Cristo per questo sguardo di grazia che ha posato su Matteo in un giorno qualsiasi, mentre accaparrava per sé e per i romani, senza chiedergli sacrifici, ma donandogli la cura al suo ritenersi ormai perduto e indegno e facendolo diventare un evangelista e un annunciatore della misericordia materna di Dio.
Dio non può capirlo nessun giusto, attualmente, per un
RispondiEliminasemplice motivo che siamo tutti peccatori. Il peccatore lo capisce come perdono. E il perdono cos'è? Se Dio è amore assoluto, nel peccato Dio si rivela come Assoluto, come perdono, come amore
senza condizioni. Quindi il peccato è il luogo più profondo della conoscenza di Dio.
(Silvano Fausti)
Pensate a che cosa sarà venuto in mente a Matteo in quel momento. Qui non si dice nulla. Si dice: si alzò e lo seguì. Matteo probabilmente poteva dire come tutti noi: proprio io? Come nel quadro del Caravaggio. Sai chi sono io? Come facciamo anche noi,
RispondiEliminaquando siamo chiamati dal Signore. Proprio io? Tu non sai chi sono io! Io non ce la faccio, ma non è roba per me. Esatto, non è roba per
te. È dono del Signore seguire lui!
(Silvano Fausti)
La citazione di Osea 6,6 ripresenta il nucleo centrale della volontà di Dio: la misericordia. La carità, dunque, ha il primato su tutte le altre leggi. Anzi, Gesù la antepone allo stesso culto di Dio (v.13). Il tempio di Dio è l'uomo (cfr 1Cor 3,16), non l'edificio di pietra. L'invito di Gesù a lasciare l'offerta davanti all'altare per andare a ricercare il fratello offeso, ci impartisce lo stesso insegnamento (cfr Mt 5,24).
RispondiEliminaL'uomo è importante come Dio, con un particolare non trascurabile: che Dio sta bene e può aspettare, l'uomo sta male e ha bisogno immediato di soccorso.
(Lino Pedron)
Matteo "festeggia" il suo addio alla professione, pur redditizia, ma soprattutto il cambiamento di vita al seguito di Gesù e il dono della libertà ricuperata. Non decide a malincuore di seguire Gesù. Ma è felice e vuole che molti condividano la sua gioia. Alla festa prendono parte molti suoi amici e colleghi, "pubblicani e peccatori", che siedono a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. La comunanza di mensa, specialmente per gli antichi, significava la comunione tra i presenti. Con questo gesto Gesù visibilizza l'incontro di Dio con i perduti, il suo bisogno di abbracciarli.
RispondiElimina(Ilvo Corniglia)
Non voglio sacrifici! La religione non è sacrificio: guarisce la vita, fornisce consistenza e profondità; non la mortificazione dà lode a Dio, ma la vita piena, forte, vibrante, appassionata.
RispondiEliminaGesù mangia con Matteo, mangia con me, e mi assicura che il principio della salvezza non sta nei miei digiuni per lui, bensì nel suo mangiare con me.
(Ermes Ronchi)
Quanta diversità in quest'annuncio
RispondiEliminaIl digiuno non è per arrivare a DIO
Lui che viene alla mia tavola, mi avvicina Lui!
Così per tanto altro
Dogmi sconfessati
Vergognoso non avere partecipazione alla Sua Mensa multietnica, multi differenza, multi tutto...
Fratellanza
Io cosa faccio per essere in linea con questa logica liberante?
La vivo
O sono ancora legato al perbenismo apparente..
Immergimi in questo mare di bontà
Grazie Signore
Che bello scoprire e confermare che il modo di essere e di manifestarsi di Gesù è in modo sponsale. È a un banchetto che lui chiama. Così ha fatto con Matteo così lui fa sempre chiama per vivere una storia di amore nuziale con me con te con ogni uomo. L ingresso del Signore nella vita di Matteo fa trasformare la vita stessa in un banchetto nuziale dove la misericordia nutre ogni commensale in modo da sentirsi finalmente accolto e guarito da ogni senso di estraneità. Grazie perché in modo sensibile mi fai vivere l esperienza della sponsalita con te mio Dio.
RispondiEliminaNon vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici" (Gv 15,15). Questa Parola di Gesù mi colpisce tanto, perché in effetti nell' amicizia quando ci si vuole tanto bene, l'uno sa le cose dell' altro e nel bene o nel male ci si supporta e incoraggia a vicenda. A volte ci si sente così coinvolti che l' unica cosa che desideri e il bene e la felicità del tuo amico. Gesù fa ancora di più, ci chiama amici, fratelli e figli suoi e del Padre, che bello e consolante tutto questo! Un'altra cosa che mi ha colpito tanto è la frase: Matteo scopre di essere visto..
RispondiEliminae ancora: Noi siamo lo sguardo di chi ci ama, ma Wow!
Ecco, ho pensato: menomale Dio ha uno sguardo amorevole, misericordioso, compassionevole e tenero su di noi! Scoprirmi figlia amata e voluta mi commuove tanto.
Isaia 54:10
RispondiEliminaAnche se i monti si allontanassero
e i colli fossero rimossi,
l'amore mio non si allontanerà da te,
né il mio patto di pace sarà rimosso»,
dice il SIGNORE, che ha pietà di te.