Vangelo di Domenica 28 luglio 2019
Padre!
Lc 11, 1-4
“Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione»".
Ci soffermiamo, in questa domenica di calura estiva, sulla prima parte del Vangelo di oggi. Scelta necessaria, perché la ricchezza di questi primi 4 versetti merita una meditazione che comunque sarà una goccia nel mare di scritti che li contemplano.
Il Padre nostro nella versione di Luca è più corto di quello che conosciamo nella versione di Matteo che abbiamo già meditato il 12 marzo, ma la sua essenzialità permette nuove sottolineature.
"Gesù si trovava in un luogo a pregare".
Interessante nota di Luca: Gesù è in un luogo, non importa quale, non importa dove. Non c'è solo il Tempio o i luoghi sacri per la preghiera. Qualunque luogo va bene per Gesù e questo è il primo insegnamento per noi.
Sembra un'annotazione da poco questa di Luca. In effetti sposta l'epicentro del culto dal Tempio al luogo di permanenza del Figlio, dai sacerdoti e Leviti separati dagli altri per la lode a Dio, all'uomo Gesù, né sacerdote né consacrato (come ad esempio i nazirei) che si intrattiene, che scandisce la sua giornata parlando col Padre.
La preghiera si fa accessibile, il rapporto col Padre quotidiano, la possibilità di parlargli per tutti.
Un'indicazione del genere traspare dal detto di Gesù: "Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro" (Mt 18, 20).
Il nuovo luogo sono i discepoli in preghiera, con Gesù nel mezzo!
"Signore, insegnaci a pregare".
Questa è una buona notizia: a pregare si può imparare!
Torna in mente il grido di Paolo: "Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente" (Rm 8, 26).
I discepoli, guardando il loro Maestro pregare, capiscono che quello che hanno imparato alla sinagoga, dall'età di dodici anni, non basta. Gesù ha un modo di relazionarsi col Padre che è di più, che è bello.
"Padre"
E' una parola dolce per chi ha avuto esperienza di paternità accogliente, forte e premurosa come la mia.
Dire "padre" è già incarnare Dio nella quotidianità, nell'esperienza genitoriale.
E' farlo scendere al mio livello, chiamarlo col "tu" che mi fa essere spontaneo anche nel chiedere.
Penso ad un bambino verso i 3/4 anni che inizia la fase dei "perché" e il padre, pazientemente, risponde ogni volta, anche decine di volte, alla stessa domanda.
Chiedere ad un padre non è un'azzardo o uno scandalo. E' normale, i papà sono stati fatti apposta.
Dire Padre è universale, è di tutti e di ognuno, un nome diverso lo fa precipitare nell'anonimato.
Di Dio si possono dire tante cose strane, vederlo in bene o in male, padrone o clemente uditore.
Chiedere ad un padre non è un'azzardo o uno scandalo. E' normale, i papà sono stati fatti apposta.
Dire Padre è universale, è di tutti e di ognuno, un nome diverso lo fa precipitare nell'anonimato.
Di Dio si possono dire tante cose strane, vederlo in bene o in male, padrone o clemente uditore.
Ma un Padre si può solo vederlo davanti ad un figlio, perché senza sarebbe, ... bhe non saprei! Per dire un figlio senza un padre, si dice "orfano", ma non c'è termine per un padre senza un figlio!
"Sia santificato il tuo nome".
La traduzione in lingua corrente è più chiara: "fa che tutti ti riconoscano come Dio", cioè che il Padre diventi il Dio di tutti e tutti si riconoscano figli, e perciò fratelli.
"Sia santificato il tuo nome".
La traduzione in lingua corrente è più chiara: "fa che tutti ti riconoscano come Dio", cioè che il Padre diventi il Dio di tutti e tutti si riconoscano figli, e perciò fratelli.
E' più bello così, vero?
Questa "santificazione" a noi fa sempre indietreggiare, spaventare come se stessimo infrangendo un tabù o un luogo vietato.
Non è terreno nostro, insomma, ma riconoscere un padre è ben altra cosa. Ci somiglia e noi gli somigliamo.
Forse per questo la Bibbia dice che siamo fatti ad immagine sua!
"Venga il tuo regno", o meglio "fa' che il tuo regno venga".
Il Regno è suo e solo lui può farlo venire. Il versetto esprime questa fede e anche il desiderio che il Regno finalmente si manifesti.
Il Signore realizza il Regno che lo chiediamo o meno. Ma se Gesù insegna a chiederlo è per farci entrare in sintonia con la sua volontà.
E quando ne scopriamo i segni, i semi che sono fruttificati, come ce ne rallegriamo!
Questa "santificazione" a noi fa sempre indietreggiare, spaventare come se stessimo infrangendo un tabù o un luogo vietato.
Non è terreno nostro, insomma, ma riconoscere un padre è ben altra cosa. Ci somiglia e noi gli somigliamo.
Forse per questo la Bibbia dice che siamo fatti ad immagine sua!
"Venga il tuo regno", o meglio "fa' che il tuo regno venga".
Il Regno è suo e solo lui può farlo venire. Il versetto esprime questa fede e anche il desiderio che il Regno finalmente si manifesti.
Il Signore realizza il Regno che lo chiediamo o meno. Ma se Gesù insegna a chiederlo è per farci entrare in sintonia con la sua volontà.
E quando ne scopriamo i segni, i semi che sono fruttificati, come ce ne rallegriamo!
Il Regno allora è evidente per noi che lo avevamo desiderato; il Regno è già qui, presente, per coloro che hanno aperto gli occhi al necessario non visibile a tutti.
"Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano".
Cosa si chiede veramente? La traduzione di Silvano Fausti ci apre uno spiraglio: "Il pane nostro di domani dà a noi ogni giorno", chiediamo cioè di essere nutriti ogni giorno del pane del mondo futuro, della vita eterna, dello Spirito di Dio.
Ma allora era quello che Gesù aveva promesso ai suoi: "cento volte tanto e in eredità la vita eterna!" (Mt 19, 29)
Noi lo sentiamo che non ci basta solo il pane (cfr. Mt 4, 4), che abbiamo bisogno di un nutrimento completo, avvolgente, saziante di tutta la nostra esistenza e Gesù centuplica il nostro desiderio perché sazia centuplicando. Noi volevamo chiedere dieci e lui lo moltiplica per dieci: non fermarti nel chiedere perché il Padre dona cento volte più in gusto della vita e cento volte più in sazietà.
"Perdona a noi i nostri peccati"
Gesù paragona i nostri peccati ai debiti.
Immaginate un mondo in cui non ci si condonasse mai a vicenda i debiti....si bloccherebbe tutto, relazioni, lavoro, ogni genere di rapporto.
Perciò, dice Gesù, come il mondo va avanti sulla remissione del debito, il nostro rapporto col Padre va avanti con il suo perdono dei peccati.
E' inconcepibile un rapporto padre/figlio non fatto di clemenza e continua misericordia. Ad un genitore anche duro e intransigente, solo il figlio riesce ad addolcire il cuore.
"Anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore".
L'esperienza di perdono avuta nella propria casa, con gli amici, con i fratelli, o dal Signore, apre alla compassione paterna verso il prossimo.
Fare esperienza di essere perdonati gratis, per amore, è l'unico modo per esserlo verso gli altri. Potremmo parafrasare dicendo: "Perdonaci per primo tu, Padre, affinché impariamo e diventiamo capaci di perdono verso i fratelli".
"Non abbandonarci alla tentazione".
Ultima richiesta essenziale riguarda i momenti di tentazione, di crisi, di confusione in cui spesso ci troviamo nel nostro cammino.
E la più grande tentazione è voler fare da sé, è farsi orfani e indipendenti (cfr. Lc 15).
Non abbandonarci, continua a prenderti cura di noi anche in quei momenti in cui ti sentiamo lontano e in cui vogliamo fare gli adulti senza di te.
Proprio in quei momenti fatti ancora più presente, perché la tentazione di non vederti come un Padre, ci potrebbe far perdere la via che conduce alla vita.
Non lo meritiamo, ma lo chiediamo perché figli tuoi, a te che sei nostro Padre!
"Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano".
Cosa si chiede veramente? La traduzione di Silvano Fausti ci apre uno spiraglio: "Il pane nostro di domani dà a noi ogni giorno", chiediamo cioè di essere nutriti ogni giorno del pane del mondo futuro, della vita eterna, dello Spirito di Dio.
Ma allora era quello che Gesù aveva promesso ai suoi: "cento volte tanto e in eredità la vita eterna!" (Mt 19, 29)
Noi lo sentiamo che non ci basta solo il pane (cfr. Mt 4, 4), che abbiamo bisogno di un nutrimento completo, avvolgente, saziante di tutta la nostra esistenza e Gesù centuplica il nostro desiderio perché sazia centuplicando. Noi volevamo chiedere dieci e lui lo moltiplica per dieci: non fermarti nel chiedere perché il Padre dona cento volte più in gusto della vita e cento volte più in sazietà.
"Perdona a noi i nostri peccati"
Gesù paragona i nostri peccati ai debiti.
Immaginate un mondo in cui non ci si condonasse mai a vicenda i debiti....si bloccherebbe tutto, relazioni, lavoro, ogni genere di rapporto.
Perciò, dice Gesù, come il mondo va avanti sulla remissione del debito, il nostro rapporto col Padre va avanti con il suo perdono dei peccati.
E' inconcepibile un rapporto padre/figlio non fatto di clemenza e continua misericordia. Ad un genitore anche duro e intransigente, solo il figlio riesce ad addolcire il cuore.
"Anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore".
L'esperienza di perdono avuta nella propria casa, con gli amici, con i fratelli, o dal Signore, apre alla compassione paterna verso il prossimo.
Fare esperienza di essere perdonati gratis, per amore, è l'unico modo per esserlo verso gli altri. Potremmo parafrasare dicendo: "Perdonaci per primo tu, Padre, affinché impariamo e diventiamo capaci di perdono verso i fratelli".
"Non abbandonarci alla tentazione".
Ultima richiesta essenziale riguarda i momenti di tentazione, di crisi, di confusione in cui spesso ci troviamo nel nostro cammino.
E la più grande tentazione è voler fare da sé, è farsi orfani e indipendenti (cfr. Lc 15).
Non abbandonarci, continua a prenderti cura di noi anche in quei momenti in cui ti sentiamo lontano e in cui vogliamo fare gli adulti senza di te.
Proprio in quei momenti fatti ancora più presente, perché la tentazione di non vederti come un Padre, ci potrebbe far perdere la via che conduce alla vita.
Non lo meritiamo, ma lo chiediamo perché figli tuoi, a te che sei nostro Padre!
Solo il giusto non lo chiama Padre. Ricordate la parabola del fratello minore e maggiore: il minore lo chiama padre, il giusto no. Strano questo. Perché c’è sotto qualcosa, il nostro errore fondamentale è quello di pensare che dobbiamo meritare l’amore del Padre, del padre e della madre. Ora se è meritato non è più amore, e tutta la vita è triste per questo.
RispondiElimina(Silvano Fausti)
Tutto quanto chiediamo con questa preghiera al Padre, ce lo ha già donato nel suo Figlio e, quindi, la preghiera è aprire la nostra persona ad accogliere quanto Dio ha già realizzato per noi.
RispondiElimina(Lino Pedron)
Scriveva Voltaire: “Nessuno vorrebbe avere come padre terreno Dio”, ed Engels gli faceva eco: “Quando un uomo conosce un Dio più severo e cattivo di suo padre, allora diventa ateo”. È così, ed è avvenuto così perché la chiesa ha dato un’immagine di Dio come giudice severo, vendicativo e perverso, fino a spingere gli umani ad abbandonare un tale Dio e a negarlo! Gesù invece ci parla di un Dio Padre più buono dei padri di cui abbiamo fatto esperienza, insegnandoci che sempre Dio ci dà cose buone quando lo invochiamo.
RispondiElimina(Enzo Bianchi)
Il commento di fausti dice:" se è meritato non è più amore..." quanto è vero è bello!!! Se lo credessi non chiederei briciole anziché pane.sciocca sono quando cerco rassicurazioni nel volto di Dio anziché l autorizzazzione a diventargli simile fino in fondo. E il vangelo mi spinge oltre ad essere non solo fiduciosa ma invadente. certo perché non sono più serva ma il mio rapporto con il padre che è nei cieli è quello di amici di alleata. E come non gioire avendo la certezza che il padre mi dono il dono più grande: lo Spirito Santo!
RispondiEliminaGrazie Signore insegnami a scardinare dalla mia logica il tipo di preghiera necessaria a fare stare bene, soprattutto me!
RispondiEliminaNon quella di Hegel, ma quella della gratuità, del donarsi conscio che chi si dona gratis per me
Non abbandonarci, continua a prenderti cura di noi anche in quei momenti in cui ti sentiamo lontano e in cui vogliamo fare gli adulti senza di te..... Queste parole mi hanno commossa tanto, il mio pensiero istintivo è stato: e se una persona si è sempre sentita abbandonata sin da bambina e perciò ha sempre dovuto cavarsela da sola e fare l' adulta perché non c'era un padre presente? O meglio un padre presente fisicamente, ma assente nel bisogno? È vero che chiamare Dio "Padre" diventa difficile, incredibile. Io ho bisogno del Padre che si prenda cura di me, devo imparare a sentirmi figlia, figlia voluta e amata e so che il Signore in questo mi è vicino. Sono sicura che in questo cammino insieme a Lui, imparerò con fiducia a sentirlo Padre.
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