Prima lettura del 9 luglio 2019



Eppure la mia vita è rimasta salva! 
Gen 32, 23-33

"In quei giorni, di notte Giacobbe si alzò, prese le due mogli, le due schiave, i suoi undici bambini e passò il guado dello Iabbok. Li prese, fece loro passare il torrente e portò di là anche tutti i suoi averi.
Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora. Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all’articolazione del femore e l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui.
Quello disse: «Lasciami andare, perché è spuntata l’aurora». Giacobbe rispose: «Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!». Gli domandò: «Come ti chiami?». Rispose: «Giacobbe». Riprese: «Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!». Giacobbe allora gli chiese: «Svelami il tuo nome». Gli rispose: «Perché mi chiedi il nome?». E qui lo benedisse.
Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuèl: «Davvero – disse – ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva».
Spuntava il sole, quando Giacobbe passò Penuèl e zoppicava all’anca. Per questo gli Israeliti, fino ad oggi, non mangiano il nervo sciatico, che è sopra l’articolazione del femore, perché quell’uomo aveva colpito l’articolazione del femore di Giacobbe nel nervo sciatico".

Avvincente la storia di Giacobbe, il più ricambolesco dei patriarchi!!
Lo avevamo lasciato ieri, dopo il furto della primogenitura, che incontra il Signore nel sogno e scopre di averlo ancora vicino e favorevole.
Adesso, dopo qualche anno, ha una famiglia, mogli, bambini, averi, è divenuto un patriarca, un capo clan... Ma l'incubo del male che ha fatto al gemello lo perseguita e lui non vive: fugge!!!
Sicuramente non era l'unico uomo della carovana, ma Genesi parla solo degli inermi: sottolinea così la preoccupazione di Giacobbe prima di tutto per coloro che verrebbero di certo uccisi in uno scontro con l'esercito di 400 uomini capeggiati da Esaú.
La benedizione di Dio aveva rassicurato in un primo momento Giacobbe:
"Ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai" (Gen 28, 15), ma di fronte ad un fratello/nemico che rivuole quello che gli è stato tolto con l'inganno e che non si fermerebbe di fronte a donne e bambini, la sicurezza di Giacobbe vacilla!
L'ha fatta troppo grossa e si avvicina la resa dei conti.

"Li prese, fece loro passare il torrente e portò di là anche tutti i suoi averi"
Due volte è ripetuto "prese" quelli che amava. Giacobbe diventa responsabile di ciò che sta crescendo nella sua vita e pensa prima di tutto a loro.

"Passò il guado dello Iabbok",
cioè del “fiume blu”, un affluente orientale del Giordano, sempre considerato uno dei confini della terra promessa (cfr. Gdc 11, 13.22), che scende, in soli 60 km, con un dislivello di 1000 metri, tra dirupi e cascate. Per Giacobbe è un luogo di rivelazione importante per la sua vita, come il monte Moria per Abramo (cfr. Gen 22), e il roveto ardente  sul Sinai per Mosè (cfr. Es 3).

Giacobbe porta tutti al riparo al di là del fiume  e attraversa solo lui, attendendo.
Non arriva Esaú, ma uno sconosciuto
"Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora". Affascinante e misteriosa scena notturna, in cui Giacobbe profondamente in solitudine incontra un personaggio misterioso, e lo incontra nella lotta.
Sarà sempre così nella vita di questo patriarca: o solo o in compagnia di qualcun altro nella lotta.
Non si tira indietro, non cede .. lottare in un fiume, di notte è la lotta decisiva: se muore lui, muore la promessa e muoiono tutti.
Tutta la notte, fino all'aurora: è la lotta vigile delle sentinelle che attendono nel pericolo, vegliando per gli altri, e aspettando un bagliore, il primo chiarore dell'aurora che annuncia la fine dell'angoscia e un nuovo giorno di luce (cfr. Is. 21, 11-12).

"Vedendo che non riusciva a vincerlo".
Il compagno e avversario trova in Giacobbe un forte, un lottatore, uno che non molla, che preferisce la lotta alla solitudine. E se pur ferito, Giacobbe non smette di lottare.
"Lasciami andare, perché è spuntata l'aurora". L'uomo misterioso si arrende. Giacobbe ha vinto, vuole in premio, come bottino per la vittoria, la benedizione dello sconosciuto, la ratifica che la lotta è andata a suo favore.
La benedizione, in questo caso, è il coronamento della vittoria, il "bottino" onorevole del valore conquistato in battaglia.
"Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!".
È il nome nuovo che viene dato a Giacobbe, in ricordo delle sue vittorie con Dio e con gli uomini.
Mi commuove commentate un versetto così intenso. Sento tutta la forza e la bellezza del rapporto di ognuno di noi, con Dio e i fratelli, in mezzo a tante contraddizioni e ferite.
Dio che ammette: hai combattuto e ne esci vincitore!

"«Svelami il tuo nome». Gli rispose: «Perché mi chiedi il nome?». E qui lo benedisse".
È un gioco di nomi questi brano. Giacobbe rivela il suo nome allo sconosciuto, ma non riceve la stessa rivelazione.
"Ancora non hai capito chi sono?" sembra dire lo sconosciuto.
Nel Vangelo c'è un brano che mi ricorda questo svelare e non svelare:
I discepoli, dopo la resurrezione incontrano Gesù sul mare dopo la pesca "Nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», poiché sapevano bene che era il Signore" (Gv 21, 12).
Il Signore si manifesta e c'è una parte di noi che lo riconosce. Non c'è bisogno di sentirne pronunziato il nome, sappiamo che è lui.

"Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuèl: «Davvero – disse – ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva»". 
Dopo Betel, un altro luogo fondamentale per la vita di Giacobbe.
A Betel, "casa di Dio",  scopre il Dio vicino; qui a Penuel, "davanti a Dio" incontra il Signore in un rapporto stretto, intrecciato profondamente nella sua vita, nelle sue contraddizioni e ferite, e sempre fonte di benedizione.
A tu per tu, anche la lotta è preghiera, anche lo scontro diventa un aiuto-contro che rialza un cuore rassegnato al non amore.

Patriarca Abramo per noi nella fede, patriarca anche Giacobbe nelle lotte!
Se ci guardiamo indietro nella vita vediamo troppe sconfitte, troppi fallimenti, mille cadute: ma agli occhi del Signore non è un bilancio a perdere!
È stato faticoso e doloroso, ma la vittoria è assicurata e la benedizione non viene meno! 
È la strada giusta, quella che dovevamo percorrere!
La lotta è sempre con Dio, mai contro di lui, perché siamo accompagnati da colui che ci invita nella fatica e che ci sprona a non perdere la speranza!
Ed è anche lotta con i fratelli, che sembrano renderci la vita impossibile, ma che ci spingono a non mollare, a non adagiarci, a guardare la vera meta che ci sta a cuore, lasciando cadere ciò che non ci giova.
San Paolo dirà: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno." (2 Tim 4, 7-8).

Confortati dalla vicenda di Giacobbe anche tante battaglie combattute che ci hanno lasciato ferite profonde nel cuore, possono essere rilette nell'ottica della nostra storia di salvezza.

Giacobbe ogni passo che farà in futuro,  zoppicando, ricorderà quella lotta e il nuovo nome che il Signore gli ha imposto. Quella notte Giacobbe, "il soppiantatore", ha lasciato il posto a Israele, "il vincitore" per il popolo.

Commenti

  1. E qui, questa lotta con Giacobbe a Penuel, questa lotta di Dio con Giacobbe è un atto d'amore. E questo l'uomo lo capisce, capisce che la lotta è un atto d'amore e capisce che l'amore è una lotta.
    E vedete qui ci sono in ballo due cose, proprio tipiche di questo atto d'amore. Da una parte, dalla parte di Dio l'atto d'amore viene espresso proprio attraverso la benedizione - torniamo al discorso che abbiamo fatto anche per Mosè e per Abramo - cioè l'atto d'amore di Dio passa, si posa sulla persona, ma l'attraversa e va verso la sua generazione. L'amore di Dio ti rende fecondo, ti rende padre, ti coinvolge nel suo amore, così tanto e così personalmente che tu diventi padre. Ecco allora la benedizione, Giacobbe lotta per la benedizione, ma non per lui!
    L'altra espressione d'amore, invece, da parte dell'uomo, in questa lotta tra Dio e l'uomo, l'altra espressione d'amore da parte dell'uomo è proprio questa: quella di insistere. Quella di insistere! La preghiera! La preghiera nella sua insistenza, non nasce nella monotonia e nella ripetitività, ma l'insistenza della preghiera nasce proprio dal fatto di puntare su questo amore di Dio. Quella preghiera nasce come atto di fede, prima di conoscere l'amore di Dio. Io conto su quello, miro su quello: "Devi darmi la benedizione, perché tu sei Dio, tu sei l'amore, mi devi amare". Questa è la forza - l'unica - l'unica forza che noi abbiamo: puntare direttamente sul cuore di Dio, sulla sua misericordia, sul suo amore.
    (Achille Tronconi)

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  2. Quando sorge l’alba, Giacobbe avanza zoppicante, ferito all’articolazione del femore, e il suo nome non è più quello tribale di Giacobbe ma è “Israele”, che significa “contende con Dio”: dall’incontro-lotta con Dio non si esce indenni ma trasformati e trasfigurati. L’esperienza di fede consegna alla persona un compito, una missione, una vocazione, per Giacobbe quella di essere il progenitore, il capostipite e l’archetipo di un popolo.
    Il credere, perciò, come era accaduto già ad Abramo costretto dal Signore a sacrificargli il figlio Isacco (Genesi 22), non è una pacifica acquisizione di benedizioni, ma è una sorta di incontro-scontro col mistero. Credere è rischio e il suo percorso si snoda su un sentiero d’altura, come lo era il monte Moria per Abramo, o lungo un fiume impetuoso, come accade a Giacobbe. Ma ci sono altre sfide che attendono il credente, dopo la sua lotta con Dio.
    (Gianfranco Ravasi)

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  3. Anche dopo la lotta notturna, Giacobbe non sarà più lo stesso e recherà nel suo stesso corpo il ricordo indelebile di quell’incontro. Ma la storia di quest’uomo contiene, più in profondità, un insegnamento capitale: dopo la lotta con Dio, anche Dio non è più lo stesso di prima. Davvero in questa lotta beata ma a caro prezzo si conosce un volto altro di Dio: secondo le parole di Giobbe, «prima lo conoscevo per sentito dire, ora i miei occhi lo vedono in verità» (cf. Gb 42,5)… Così, se si ascolta in profondità la storia di Giacobbe, si comprende che Dio resta sempre fedele alla sua promessa che si rivela invece inefficace per chi pretende di «forzarla» o di accaparrarsela; occorre sottomettersi liberamente alla sua assoluta gratuità, lasciando che essa si compia a suo tempo.

    Solo così si apre la prospettiva di una vita nuova, si può realizzare la promessa di Dio, si può conoscere il nostro Dio, il “Dio dei vivi perché tutti vivono per lui”.
    (Enzo Bianchi)

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  4. Gratuita' di Dio
    Io lotto una vita, per la mia testardaggine,
    ma il sostanziale, quello che veramente mi serve, mi viene regalato!
    Vorrei prendere coscienza di questo e Vivere.. Grazie

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  5. Tra la preparazione dell’incontro con Esaù e l’incontro stesso, lo scrittore sacro pone però una forte discontinuità narrativa: ci conduce in un guado notturno di un fiume, e ci fa vivere uno degli episodi più straordinari della Bibbia, quando Giacobbe, il “benedetto per l’inganno”, diventa il “benedetto per la lotta”. Giacobbe arriva a questo incontro notturno con un bagaglio umano-divino grande, complesso, doloroso. In quel guado, insieme alle greggi, ai beni, alla sua famiglia, Giacobbe porta anche la primogenitura, il piatto di lenticchie, il furto della benedizione, le bugie dette al vecchio padre Isacco (e a JHWH), gli inganni fatti e ricevuti da Laban, dolori che convivono in lui assieme al sogno della “scala” e del paradiso, agli angeli, alla promessa, alla chiamata, all’Alleanza rinnovata.
    (Luigino Bruni)

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  6. "L'amore è lotta". Sono le nostre paure, il sentirsi indegni di tutta questa gratuità, i nostri sensi di colpa che lottano contro un Dio così fedele, che non tiene conto del male. È il nostro profondo bisogno di sentirsi, in ogni caso, figli che ci spinge a non mollare. Tutti vogliamo la benedizione, vogliamo sentirci amati. Aiutami Signore a benedire ed amare, anche chi usa l'inganno, la scaltrezza, proprio come tu fai con me.

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  7. Quando Giacobbe fugge da Labano mentre suo fratello es su gli viene incontro rimane solo e un uomo lotto con lui fino allo spuntare dell Aurora pare che attraverso il suo Angelo l altissimo gli permetta di misurarsi fino in fondo con la paura dell altro che lo tormenta fin da quando si urlava con suo fratello nel seno della madre. Giacobbe cambia nome Israele perché l esperienza di questa lotta lotta vittoriosa cambia radicalmente il suo modo di essere e di porsi. Ora non deve più basvondrsi ora che ha visto faccia faccia Dio ora sarà in grado di affrontare persone e situazioni in modo coraggioso e aperto. La preghiera è il luogo in cui mi incontro con te mio Dio e accettando di lottare con te e davanti a te posso imparare ad affrontare me stessa e gli altri con maggior coraggio.

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  8. Mi colpisce tanto questa lettura che parla della lotta notturna di Giacobbe con Dio. Mi fa ricordare le mie lotte notturne con Dio, una in particolare che non la scorderò mai più. Quando ci penso mi commuovo tanto, perché è stato proprio in quella lotta che ho incontrato Dio, era vicinissimo a me, quella notte è stata faticosa e lunghissima, ricordo si fece mattina ed ero sfinita. Il giorno dopo mi sentivo rinata, ho ringraziato e benedetto il Signore per due motivi: uno perché dalla battaglia ne ero uscita vincente e due perché non mi aveva fatta mai sentire sola, non mi aveva abbandonata nella notte più buia, abbiamo lottato insieme. Dio ha lottato con me e per me.


    Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male,
    perché tu sei con me; il tuo bastone e la tua verga mi danno sicurezza.
    Samlo 23.

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