Vangelo di domenica 15 marzo 2020

Dammi da bere!
Gv 4, 5-15

"In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua»".


Ci soffermiamo a meditare i primi versetti di questo brano determinante nella teologia giovannea, uno dei più bei dialoghi del vangelo.
Gesù e una donna samaritana, accomunati dalla stanchezza e dalla sete, si incontrano ad un pozzo che ha già una storia legata agli antichi patriarchi.
A quell'acqua si erano dissetati, per centinaia di anni, samaritani grati al patriarca Giacobbe per il dono di un pozzo. Una città vi era nata intorno e dipendevano da quell'acqua molte persone.
Arriva Gesù e mostra un altro orizzonte alle loro vite, un nuovo pozzo da cui attingere.

"Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo".
Non è un Gesù super eroe quello che Giovanni ci racconta, ma un uomo stanco per il viaggio e assetato nell'ora più calda del giorno. Il vangelo mostra Gesù vero, che nonostante sete e stanchezza per un cammino senza sosta incontro ad ogni uomo, dà ancora conforto, riposo e disseta le nostre povertà.

Si ferma in terra eretica, la Samaria, che, come una donna adultera, aveva voluto staccarsi dalla soffocante supremazia d'Israele, facendosi un tempio proprio.
Gesù non bada ai confini religiosi, non si ferma davanti ai nostri giudizi che delimitano il sacro, rendendolo idolatrico. E' venuto perché tutti abbiano vita in abbondanza e la dona ad ogni passo.

"Dammi da bere".
La prima parola la dice il Signore, è una richiesta, manifesta un bisogno, chiede ad una donna, chiede all'umanità che non ha saputo ascoltare l'invito del profeta Isaia: "Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza" (Is 12, 3).
Ma la fonte della gioia è arrivata e va risvegliato il desiderio, va riaccesa la sete!
Paradossale che lui stesso chieda...ma guardando alla sua vita non è strano a ben pensarci.
Ecco un altro segno della sua incarnazione profonda, del sentire tutto di noi, del calarsi nei nostri bisogni veri, frustrati, che ci fanno paura e che non dimostriamo.

Per questo esprime quella richiesta, che è di ogni uomo, ed è anche la sua affinché ritorni sulle labbra di ognuno.
Ha sete, è vicino al pozzo, e non ha la possibilità di bere: non è questo quello che noi proviamo?!

La donna si stupisce: "Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?"
Un giudeo che rivolge la parola ad un samaritano, per di più donna: la domanda di Gesù butta giù un muro eretto dalla differenza nazionale e dalla differenza sessuale!

La donna si rende conto di questo e fa fatica a crederci. Infatti Giovanni annota il fatto che le relazioni tra giudei e samaritani erano interrotte da lungo tempo. Altra sottolineatura che mette a fuoco il desiderio di Gesù di riallacciare una relazione interrotta, ma vitale.

"Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: «Dammi da bere!», tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva".
Gesù è ora più diretto e la sua affermazione apre un altro varco nel cuore della donna: ella non conosce colui che gli sta davanti!
Giovanni insiste su questa ignoranza denunciata all'inizio del suo vangelo per bocca del Battista: "In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete" (Gv 1, 26).

Il Messia è nascosto, è da scoprire, non è una scontata presenza in mezzo a noi; la sua umanità, in tutto simile alla nostra, chiede che i nostri occhi, le nostre orecchie, il nostro cuore si facciano attenti e vigili per l'incontro.
"Tu avresti chiesto"! Questa la domanda che va pronunciata; questo l'orizzonte che la sua presenza vuole rivelare; questo il bisogno costitutivo, genetico, che abbiamo del creatore e che, come figli diseredati, non vogliamo ammettere!
Egli porta alla luce il bisogno perché può colmarlo, mette a nudo le nostre ferite perché vuole curarle. Dona acqua viva a chi si accontentava di dissetarsi di acque stagnanti; più avanti dirà che vuole anche saziare per sempre e donare il cibo che non perisce (cfr. Gv 6, 51).

"Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?"
La donna con molta spontaneità fa notare a quest'uomo che non ha mezzi per attingere, mentre lei si.
E' incuriosita e sollecitata ad andare a fondo perché legge nelle parole di questo galileo l'insinuazione che sia più grande dei padri alla cui eredità e alla cui scuola tutti avevano attinto per generazioni.
Come sempre accade nel vangelo di Giovanni, gli interlocutori parlano di ciò che cade sotto il loro limitato orizzonte o di ciò che hanno imparato in passato, mentre Gesù li spinge a guardare oltre, verso la pienezza, ad andare verso il compimento.

"Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna".
Le parole di Gesù fotografano la realtà umana: sempre a caccia di ciò che disseta ma comunque sempre più assetata.
Egli è la sorgente di cui ogni cuore aveva nostalgia, l'onda inesauribile che la riva aspetta, l'acqua fresca che zampilla per sempre.
È il dono che supera qualunque aspettativa, è la risposta trovata di ogni richiesta.

"Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua".
Finalmente la donna coglie l'inedito di cui parla Gesù e si apre al desiderio del dono promesso.

E' così grande l'orizzonte che le ha mostrato che non ha più ritegno ad aprire il suo cuore a quello che era uno sconosciuto, uno straniero e un nemico fino a poco prima.
Adesso lo vede come il suo bisogno colmato, colui che disseta e fa fiorire la sua umanità rinsecchita.
Nel dialogo lei è cambiata: da "una donna samaritana", come era detta prima, diventa compiutamente "donna"!

Non più simbolo dell'eresia e della prostituzione agli idoli, ma l'amata, la sposa del Cantico dei Cantici:
"Fontana che irrora i giardini,
pozzo d'acque vive
che sgorgano dal Libano" (Ct 4, 15).

La donna-sposa ascolta e vede: il dono promesso da Gesù va oltre e supera ogni bisogno. Quello che è rivelato non solo disseta, ma zampilla, diventando dono a sua volta per coloro a cui arriverà l'annuncio della donna-umanità.

Commenti

  1. Il tutto inizia con un Gesù mendicante di acqua: «dammi da bere» (Gv 4,7), «ho sete» (Gv 19,28), una sete fisica ma senza esaurirsi in essa che coincide con la sua fame: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 4,34). Nell'adempiere la volontà del Padre stanno la fame e la sete di Gesù, e tale volontà è che la creatura pervenga alla sua solarità. Non a caso l'incontro con la samaritana e in lei con la Samaria avviene «verso mezzogiorno» (Gv 4,6), tempo di piena luce, e non a caso avviene presso il «pozzo di Giacobbe»(Gv 4,5), il cui fondo è alimentato da una perenne sorgente d'acqua zampillante. La letteratura giudaica legata al «ciclo del Pozzo» asserisce che quest'ultimo è di origine misteriosa e che aveva accompagnato i patriarchi e Giacobbe fino a Sicar. E il suo nome era «Dono». 
    (Giancarlo Bruni)

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  2. «Viene l'ora, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità» (Gv 4,23). Gesù dichiara conclusi il conflitto dei templi, nel caso tra quello costruito sul monte Garizim in opposizione a quello di Gerusalemme, e una religiosità puramente esteriore (Gv 4,20-22). L'uomo è il tempio di Dio e adorazione gradita a Dio è quella che nasce da un cuore riconoscente che nell'amore lo loda, lo ringrazia e lo ascolta. 
    (Giancarlo Bruni)

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  3. Samaritana è ciascuno di noi, e nel noi leggi Chiesa e umanità, risvegliati dalla pagina all'incontro con un Tu nel cui profondo zampilla un'acqua a lungo attesa dalla nostra sete profonda. L'acqua della Parola e dello Spirito che, ove accolta, introduce a una sublime conoscenza di sé stessi come templi di un Dio la cui sete à l'apparizione dell'uomo nuovo che adora, che ama e che annuncia che le separazioni, le guerre e le discriminazioni per motivi etnici, di genere e di religione non appartengono né alla sua verità né alla sua volontà. Ove ciò accade la mezzanotte diventa mezzogiorno.  
    (Giancarlo Bruni)

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  4. Il testo dice che, a causa del viaggio e della calura, Gesù è stanco e perciò si ferma presso un pozzo. Gesù ha sete, ed ecco una donna viene ad attingere acqua dal pozzo. L’incontro inizia quando si osa la propria sete, l’incontro nasce dal desiderio. Ma ciò che colpisce è che pur essendo entrambi assetati, Gesù e la Samaritana, di nessuno dei due si dirà che abbia bevuto. Gesù non berrà l’acqua, la donna dimenticherà la sua anfora e tornerà nel villaggio a dare l’annuncio dell’incontro fatto (Gv 4,28-29). Perché la vera sete è sete di incontro. Per incontrare l’altro Gesù osa il proprio bisogno e chiede “Dammi da bere”. Gesù osa andare oltre le barriere stabilite e, pur essendo in terra straniera, ed essendo considerato nemico dalla popolazione locale, egli osa chiedere

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  5. Una donna ormai “navigata”, che sta vivendo una vita di adattamenti, di scelte anche sbagliate (cinque mariti non sono pochi), di gesti ormai consueti (attingere acqua per la sete quotidiana)… tutto ormai lascia presagire nulla di nuovo o che interpella.

    E poi c’è questo Giudeo che improvvisamente compare al pozzo, che, anzi, la aspetta al pozzo per chiederle acqua. Ma non solo, alla sua prima obiezione capovolge la situazione, offrendo lui stesso acqua, ma acqua “viva”, che permette di non tornare al pozzo della solita vita, delle solite necessità. Insomma un’acqua che finalmente sazia le seti che escono dal proprio cuore, dalle proprie inquietudini, dai propri fallimenti, che pian piano Gesù sa far emergere in quel dialogo serrato con la Samaritana

    Ora è tutta un’altra vita, ora che si è andati da lui, perché lui si è fatto trovare là, al pozzo dell’acqua di vita.

    Lino Dan SJ

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  6. Signore Gesù , siamo in pace quando possiamo ammettere la nostra sete davanti a qualcuno che se ferma con noi nel nostro deserto. Oggi tu riversi nella nostra conclamata fragilità una speranza nuova: questa è il dono di Dio che non delude e per questo siamo in pace. Tu che conosci la nostra sete e ci ami nella verità signore pietà

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  7. Tutto ciò che si rincorre per soddisfare un bisogno
    Porta poi ad un nuovo modo, via, evento... Per soddisfarlo
    Ma sempre insoddisfacente, non appagante!
    Il desiderio VERO, duraturo, va alimentato immergendosi in acque purificatrici, QUELLE TUE, LA TUA PAROLA, GESÙ!
    Io sono alla scuola, ma sono ripetente.

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